Monchi: «Sono malato di dati, ma non sono la pietra filosofale»
A La Nacion: "Sono un Bilardista convinto. E un Maradoniano nel cuore. Diego al Siviglia era al 20% ed era molto meglio di tutti gli altri"

Ramón Rodríguez Verdejo, conosciuto nel mondo del calcio come Monchi, ammette la sua dipendenza: “Sono un malato dei dati”.
Il direttore sportivo leggenda del Siviglia. L’uomo dei big data confessa a La Nacion (mentre cambia vita e passa all’Aston Villa) che però la sua perversione è in via di guarigione: “Ero malato di dati pure quando me li davano scritti su un foglio di carta o in Word. Ma penso che, come in ogni cosa, i dati non siano la pietra filosofale ma un aiuto importante. L’uso che dai alle informazioni è il vantaggio. L’importante è andare avanti. E non credere che i dati valgano per tutto. Quello è un rischio che va superato e quello può essere il vantaggio”.
Monchi aveva spiegato tempo fa come funziona il mercato del Siviglia:
“Abbiamo due pilastri. Uno è lo scouting e l’altro è il coordinamento con l’allenatore. Al Siviglia l’allenatore non decide il nome del giocatore. Dice il profilo del giocatore che vorrebbe e noi ci lavoriamo su. A dicembre, apriamo il nostro database e analizziamo tutte le diverse informazioni che abbiamo accumulato all’inizio della seconda parte dell’anno. Abbiamo dai 400 ai 450 giocatori e sei o sette membri dello staff tecnico si occupano di monitorarli. Entro maggio abbiamo un’altra selezione, un’altra proiezione. Restano ancora 15 giocatori per posizione, quindi circa 150-160 giocatori, ci sediamo con l’allenatore e diciamo ‘Mister, cosa pensa che ci serva quest’anno?’ Ci chiediamo “quali soddisfano tutte le caratteristiche che vuole l’allenatore?” Poi arriviamo ai sette finalisti e sono i nomi che diamo all’allenatore”.
A La Nacion Monchi di proclama “Bilardista” e Maradoniano”.
“Da Bilardo ho imparato molto. Sono un bilardista convinto. Strenuo difensore di Bilardo e di tutta la sua filosofia, personalmente e professionalmente. Gran parte di ciò che applico quotidianamente l’ho imparato da lui, in particolare la sfumatura di preoccuparsi di tutti i dettagli perché influenzano il risultato finale. Era in anticipo sui tempi. Utilizzava dati e video per pianificare le partite quando nessun altro lo faceva. Ed era esagerato nell’avere tutto sotto controllo, ma sempre con una ragione”.
E Maradona?
“Non è che non ho imparato qualcosa da Diego, io mi sono proprio divertito con Diego. È un sogno. Pochi di noi possono dire di aver condiviso lo spogliatoio con un genio come Maradona. Conservo tutte le cose belle che ho vissuto con lui quell’anno al Siviglia. Il miglior calciatore della storia. Lo dico sempre: Messi è il miglior giocatore del mondo oggi. Ma Diego ha vinto un Mondiale e a livello di club avendo un ruolo totalmente centrale. Per me è il migliore in assoluto. Ho visto un Diego Maradona a Siviglia che, al 20% del suo livello, era il migliore di tutti quelli in campo. Ripeto, il 20% di quello che era Diego…”