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Lasciate che i vessati vengano a me. De Laurentiis ha cambiato la forma, non la sostanza

«È giusto che il tifoso dica la qualunque, il tifoso non sa». È il teorema Kolarov ma stavolta nessuno fiata perché non c’è niente da dirgli

Lasciate che i vessati vengano a me. De Laurentiis ha cambiato la forma, non la sostanza
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis

La razzente vittoria di martedì sera non sposta di una virgola Spalletti: “abbiamo il 50% di chance”. Continua a crescere l’entusiasmo. Ma per il Napoli non è cambiato nulla. Solo era questa estate. Solo è anche adesso. Con la piccola differenza che i “vattienti” sono stati accolti De Laurentiis con la stessa indulgenza che il padre riserva al figlio scemo. Nelle apparentemente dolci parole, il presidente come un attore consumato ha confezionato una supercazzola degna del Conte Mascetti.

Li tratteggia come tanti piccoli Tommasini Cupiello impegnati, non con un pulcinella di carta e lo strummolo, ma con le quote delle scommesse e le formazioni del fantacalcio («È giusto che il tifoso dica la qualunque, il tifoso non sa»). Pontificano su questioni tattiche, sostituzioni e acquisti. Ma in realtà oltre che “gol”, quando la palla ha varcato la linea, non dovrebbero poter dire nient’altro. Il calcio va per forza venduto come prodotto che tutti possono capire, ma del quale ben pochi possono parlare.

Lasciate che i vessati vengano a me.

Le affermazioni espresse da De Laurentiis lunedì non sono state dissimili da quelle che ad aprile crearono il solito incidente di “leso rispetto alla tifoseria più bella del mondo” per l’utilizzo dell’aggettivo “vessato”: «Il tifoso napoletano va rispettato, ha sempre ragione anche quando ha torto». Ditegli sempre di si. «Uno che tutta la settimana viene vessato da moglie, figli, amanti, padri, capoufficio quando va allo stadio (o in uno stadio virtuale davanti a un bel bicchiere di vino e un pezzo di casatiello con gli amici) trova finalmente il suo sfogo: vuole divertiisi, sono tutti pares inter pares, non c’è più una condizione sociale che li differenzia, si è tutti insieme per una causa comune». Finanche l’utilizzo del casatiello come comfort food non fu un utile distrattore per evitare polemiche.

Lunedì parole simili, con gli stessi toni dolci di aprile, sono state accolte con gioia e grande enfasi. Qualcuno ha anche evidenziato il cambio di modalità comunicativa. Ci si è addirittura illusi che la forza propulsiva delle proteste abbia sensibilizzato la società. Silenzio pietoso per chi esprime certi concetti. Il presidente non ha cambiato modo di comunicare. Ha espresso gli stessi concetti. Non ha detto vessati. Non ha detto popolino. Ma vi ha detto che non capite nulla di calcio, postulando il teorema di Kolarov, sdoganando la possibilità dire sciocchezze e giocare le scommesse. Insomma per voi è un gioco, continuate a baloccare, per quelli che muovono le leve di comando è una professione. Lasciate lavorare gli adulti.

La tifoseria non è insorta questa volta, ipnotizzata e sotto valium, grazie ai risultati. Segno evidente, che tutte le opinioni espresse in chiave anti societaria erano dettate solo ed esclusivamente dalla presunzione di capire un gioco del quale possono essere sol gracchianti spettatori. Insomma convinzioni nate da disonestà intellettuale cronica, ed una cucchiaiata di schiattiglia, quando si parla(va) della presidenza De Laurentiis.

Provocano francamente imbarazzo le facce plaudenti ed i garruli sorrisi della sala stampa. Il qualcuno, che alla parola “onestà”, suggerisce agli astanti un applauso, è lo stesso che a luglio, senza aver mai visto giocare Min Jae, si espresse con toni non proprio eleganti. Adesso è tutta una marcia indietro, è tutto un distinguo. Non potete parlare di calcio. Non è materia vostra.

Si dovrebbe avere un’umiltà sconosciuta in questi tempi: parlare solo di ciò che si conosce. Lo smartphone non vi rende onniscienti. Parlare di ciò che non si conosce porta a fare brutte figure. Il silenzio sarebbe una scelta saggia, ma non abbiamo fiducia negli esseri umani.

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