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Rita Rusic: «Sono attratta dal sesso, lo trovo bello, giocoso. Ho portato io in Italia Sex and the city» 

Al CorSera: «Ora sto con un ragazzo di 32 anni, trenta meno di me. È un bellissimo viaggio perché è a termine, il che lo rende intenso».

Rita Rusic: «Sono attratta dal sesso, lo trovo bello, giocoso. Ho portato io in Italia Sex and the city» 
Rita Rusic Roma 26-10-2-17 Auditorium Festa del Cinema di Roma Foto Andrea Staccioli / Insidefoto

Il Corriere della Sera intervista l’ex modella Rita Rusic, attrice e produttrice cinematografica. Croata, arrivò in Italia quando aveva 4 anni. Dopo gli studi per diventare odontotecnico, a Milano, si iscrisse a Medicina: per mantenersi faceva la modella. Proprio su uno dei set fotografici in cui era impegnata conobbe il produttore Vittorio Cecchi Gori. I due si sposarono nel 1983. Dopo il divorzio da Cecchi Gori, la Rusic ha fondato la «Rita Rusic Company», con la quale produce i suoi film. Ne ha prodotti 150, facendo esordire artisti come Pieraccioni, Panariello, Salemme e Antonio Albanese.

Racconta la sua infanzia a Kastellir.

«I miei si erano sposati giovanissimi. Mamma si occupava di noi figlie, papà suonava sassofono e clarinetto, insegnava musica, faceva un po’ di teatro e, per sopravvivere, sculture di marmo. Ma chi vuole che comprasse sculture a Kastellir? Per cui, scolpiva lapidi da morto».

Per l’Italia partì a 4 anni, «con due valigie di cartone», finì in un campo profughi, a San Saba.

«San Saba era stato un campo di concentramento, ci misero in una stanza coi materassi per terra ancora sporchi di sangue. Io dissi: non ci dormirò mai».

Dopo il campo profughi fece otto anni di collegio dalle suore, a Roma.

«Poi la famiglia si è riunita a Busto Arsizio, dove ci hanno assegnato una casetta per rifugiati. Avevo 14 anni, Busto mi andava stretta e m’inventai una scuola che era a Milano: odontotecnico. In quel 1974, a scuola, c’erano quelli di Autonomia Operaia e quelli delle bande armate. La mattina, qualche compagno mi diceva: hai visto il tuo amico? E mimava i polsi con le manette».

E lei non rischiò mai di darsi all’eversione?

«Sono nata troppo povera per non capire che era pericoloso».

Poi, la moda e le sfilate. La Rusic racconta di aver scoperto molto presto che la bellezza poteva darle un potere.

«Già in collegio: piacqui così tanto alla moglie del direttore che mi prese sotto la sua ala. Mi fece fare la cresima con Paolo VI, mi portava sacchi in pannolenci pieni di regali».

Racconta l’incontro con Cecchi Gori.

«Come bellezza non mi piacque, ma era simpatico, mi faceva ridere, ed era un po’ infantile, anche se aveva 18 anni più di me. E mi lusingava che fosse produttore e mi avesse scelta per corteggiarmi».

Con lui girò una manciata di film, poi lasciò.

«A Vittorio non piaceva che facessi l’attrice, ma neanche che andassi all’università, in palestra… Ho fatto tre anni di accademia drammatica e studiato inglese, spagnolo, fatto palestra, tutto a casa. Lui era molto possessivo, io molto giovane e abbastanza stupida: mi sentivo gratificata dalla sua gelosia. Molto presto, ho iniziato ad andare in ufficio con lui, non volevo stare a casa e volevo capire cosa fa un produttore. Alcuni interlocutori erano imbarazzati dalla mia presenza, ma Vittorio era fermissimo. Diceva: se parli con me, parli anche con lei».

Racconta il divorzio. I litigi iniziarono quando

«lui iniziò a soffrire il mio successo, come se togliesse qualcosa a lui. Era come dire: è brava la moglie, non lui. Non era vero. Forse come produttore ero più brava io, mi piaceva lavorare col regista, gli sceneggiatori… Ma come imprenditore lui aveva più visione. Io non vedevo competizione, ma compensazione. Lui, invece, iniziò a considerarmi una nemica».

Ha fatto esordire tanti: da Pieraccioni a Panariello, da Salemme a Albanese. Le viene chiesto se suo marito credeva nei nomi nuovi.

«Diceva: lascia perdere quei bischeri, occupati di Paolo Villaggio e Alberto Sordi. E io: me ne occupo, ma i nuovi li dobbiamo trovare».

La separazione fu rissosa, intervennero anche i Carabinieri. La Rusic dice: «Sentii che mi voleva annientata».

Continua:

«Lui non volle che lavorassimo insieme. E andai via senza un euro. Ero abituata a autista e guardie del corpo. Oggi mi sembra ridicolo, ma avevo paura a uscire di casa da sola. Il mio numero, il più ambito del cinema italiano, per un anno e mezzo, non ha mai squillato».

Perché andò via senza un euro?

«Ho preso zero e neanche una casa ed è stata un’offesa per tutte le donne che hanno passato anni con un uomo, facendo, lavorando, dimostrando. L’altra vergona è che ci ho messo 17 anni e mezzo divorziare, una violenza terribile. E il divorzio è arrivato quando non c’era più niente: Vittorio era stato arrestato e le società erano fallite. I miei figli non hanno neanche un garage che arrivi dal padre».

Com’è potuto crollare un impero?

«Me lo chiedo anch’io. Valeva quattromila miliardi di lire: se lo fai apposta, non ci riesci».

Nel 2008, ha pubblicato con Mondadori «Jet Sex», un «diario erotico sentimentale». Quanto c’era di vero fra sesso su voli privati e infedeltà con i calciatori?

«È come per lo scrittore di gialli, che non è un assassino, ma un potenziale assassino. Io non ho mai nascosto di essere attratta dal sesso, lo trovo bello, giocoso. Sono io che portai in Italia Sex and the city, su Tmc».

Quanti fidanzati giovani ha avuto?

«Qualcuno. Ora sto con un ragazzo di 32 anni, trenta meno di me. È un bellissimo viaggio perché è a termine, il che lo rende intenso».

Come fa ad avere ancora un fisico così tonico?

«È un impegno. Mi alleno, mangio sano. Non mi voglio arrendere: è orribile, ma è così. Mi chiedo sempre: quanti anni buoni ancora ho?».

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