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Neanche la morte di Maradona ha fermato il calcio

Esiste un luddismo quasi spirituale. La vita accelerata crea continue sacche di disperata resistenza al Chronos e genera la pretesa di inviolabilità del passato

Neanche la morte di Maradona ha fermato il calcio
Argentina's 1986 World Cup winning hero Diego Maradona wearing a traditional Arab headdress poses for a picture with Qatari fans during a visit to al-Sadd club in Doha 18 November 2005. Football legends Pele and Maradona were the guests for the official unveiling of the world's biggest covered sports dome the previous night. The ASPIRE Academy of Sports Excellence venue is the work of French architect Roger Taillibert and funded by the oil and natural gas revenues which have turned this tiny Gulf state into one of the richest countries in the world. AFP PHOTO/KARIM JAAFAR (Photo by KARIM JAAFAR / AFP)

E ora teniamoci pronti: se il Napoli, alla ripresa dei giochi, dovesse confermare la sua strada verso il primato, ci troveremo a dover fronteggiare frotte di analisti sociopolitici e filosofeggianti a spiegarci, spaccando il capello, che la nuova vittoria non vale certo quanto la prima. Che nell’87 era diverso. Che nel ’90 era diverso. Che non c’erano le telecamere a salvare i calciatori. Che si era tutti novelli Eastwood contro gli invertebrati di oggi. Che all’epoca si beveva orzo riscaldato la mattina. Che i nonni erano meglio dei nipoti.

State pronti, perché l’onda d’urto sarà notevole. Già gli scrittori di grido, sacri sacerdoti del tempio, spiegano che Maradona mai avrebbe indossato la vestaglia del potere imposta e accettata da Messi alla premiazione – questo essendo solo l’ultimo dei numerosi esempi di memoria selettiva, visto che Maradona a Dubai ebbe domicilio.

Vigilate, perché l’avvelenamento dei pozzi è figlio dell’uomo, di ogni tempo ma specie del nostro, quello in cui la vita accelerata dal progresso tecnico e tecnologico crea continue sacche di disperata resistenza al Chronos che corre e genera la pretesa di inviolabilità del passato. Comprensibilmente: le persone non vogliono soffrire. Men che meno vogliono morire. Esiste un luddismo quasi spirituale che pretende che il pianeta faccia sosta, adesso, il prima possibile, mentre il mondo, disinteressato, viaggia nel caos, nel domani completamente ignoto: neppure la morte del più grande di tutti ha fermato la pelota – piaccia o meno – spodestandolo.

E ora teniamoci pronti: viviamo il tempo in cui il Papa ha già redatto e firmato le proprie dimissioni. In cui non esistono posti fissi, men che meno per le colonne della nostra giovinezza. Teniamoci pronti perché ciascuno dovrà sacrificare qualche memoria, piccola o grande. Per un racconto che, se non maggiore, almeno meglio ci rappresenti, oggi.

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