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Nella gestione del caso Meret il Napoli ha sbagliato tutto quel che poteva sbagliare

Da Spalletti a De Laurentiis, è stato un trattato come un esubero, sul punto di essere trasferito allo Spezia. E ora si ritrova titolare in un ambiente complicato

Nella gestione del caso Meret il Napoli ha sbagliato tutto quel che poteva sbagliare
Db Genova 29/08/2021 - campionato di calcio serie A / Genoa-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Alex Meret

Crediamo che se un club di medio livello (facciamo pure medio-alto, qual è il Napoli) si ritrova nella possibilità di ingaggiare a condizioni favorevoli calciatori del livello di Keylor Navas – e valeva pure per un certo Cristiano Ronaldo, ovviamente – è giusto  provarci. Non costi quel che costi, ci mancherebbe, ma con una buona dose di coraggio. Campioni di una tale caratura arricchiscono lo spogliatoio, fanno crescere l’ambiente, aumentano a dismisura le possibilità di vincere qualcosa.

E dunque non si discute – solo un pazzo lo farebbe – il tentativo di Adl e di Giuntoli di portare a Napoli il forte portiere costaricano. Un tentativo reale. Diciamo di più: averlo sarebbe stato un sogno, è uno che ha vinto tre Champions.

Quello che si discute, però, e anche con una certa convinzione, è la gestione (interna ed esterna) della situazione di Alex Meret. Se il portiere friulano, che è a questo punto il titolare (almeno fino a gennaio), sfoderasse, come ci auguriamo, una stagione degna di nota, allora sarebbe tutta farina del suo sacco: in un ambiente che nei suoi riguardi s’è fatto piuttosto ostile, è evidente che né l’atteggiamento di Spalletti né quello della società l’abbiano tutelato.

Se c’era anche una sola possibilità che il Napoli si ritrovasse a puntare su di lui (e c’era, visto che si è verificata) allora attorno a Meret, specie dopo le due sonore bocciature delle ultime due stagioni (in cui ha de facto perso il posto da titolare), bisognava fare quadrato, come fecero la Juventus ed Allegri con Szczesny quando il polacco sbagliò quattro o cinque partite di fila all’inizio della scorsa stagione, facendo perdere ai bianconeri parecchi punti. Szczesny non fu mai messo in discussione se non da una frangia di tifosi. Nel caso di Meret si può dire che è successo proprio l’esatto contrario. Meret è stato delegittimato. Delegittimato dal tecnico, che sin dal ritiro di Dimaro ha fatto capire in tutte le lingue di non volerci puntare, forse per la presunta inaffidabilità nel gioco podalico, forse per le spalle considerate poco larghe (si ricordano nitidamente anche alcune dichiarazioni che andavano in tal senso); delegittimato da De Laurentiis, che negli anni passati era stato uno dei principali sponsor di Meret e che invece in una lunga intervista concessa alla radio ufficiale chiarì, poco dopo la cessione di Koulibaly, che “non si poteva prendere un secondo scarso per far contento il primo”, o una cosa del genere; delegittimato dai movimenti del club sul mercato, visto che se credi in un calciatore di venticinque anni non provi – con tutto il bene – a darlo in prestito all’umile Spezia, prima ancora che a prendere un altro portiere.

Tra l’altro, la stagione da titolare Meret la comincia con un contratto in scadenza, nonostante Giuntoli avesse annunciato, all’inizio di luglio, che il rinnovo era praticamente cosa fatta. È un fatto che rischia di mettergli ulteriore pressione, una spada di Damocle.

Il tema è che, se maturata in questo contesto, la scelta di puntare su Meret (che al Napolista abbiamo sempre considerato un portiere forte, non è questo il punto) non può che apparire per quella che effettivamente è: una scelta di ripiego. Ed è per questo, prima ancora che per il fantasma di Navas, che genera un po’ di malcontento.

Sarebbe importante – l’abbiamo scritto a più riprese – se il Napoli, per una volta, scegliesse senza lasciarsi scegliere. Prendesse una strada senza arrivarci per contrarietà. Invece pare che certe situazioni (è successo anche stavolta) le subisca. Ci permettiamo di dire che è un errore. E non c’entra niente coi voti alla campagna acquisti, ch’è stata buona, ottima. Né con le qualità del ragazzo, che si può ancora fare, che ha tutto per emergere. È proprio un problema di metodo. Talvolta, però, anche nel calcio, la forma è sostanza.

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