ilNapolista

Ora giocano e si lamentano: dov’erano Udinese e Bologna quando in Lega votavano il protocollo?

Il vero motore del calcio italiano è il pianto. I presidenti di Serie A votano contro se stessi, e nemmeno se ne rendono conto

Ora giocano e si lamentano: dov’erano Udinese e Bologna quando in Lega votavano il protocollo?

Dev’esserci un fuori-Lega, a Milano. Come il fuori-Salone, sempre più interessante, promiscuo dell’evento ufficiale. Una dimensione parallela in cui gli stessi venti presidenti della Serie A vengono risucchiati appena usciti in via Rosellini. Dentro, in Assemblea, discutono, elaborano e poi alla fine votano, ufficialmente “all’unanimità” perché amano contrabbandarsi come un fronte unito contro il mondo infame. Poi, fuori – sarà l’ossigeno, la famigerata aria tersa meneghina – rielaborano, rimuginano, e fanno come se non. Ognun per sé, a protestate e incazzarsi pubblicamente contro le loro stesse decisioni. Un metodo disfunzionale che ha stiracchiato il campionato fino al martedì, giorno di Cagliari-Bologna.

Ha protestato, il Bologna. Dice che non va bene così. Che il protocollo li penalizza, che giocare al martedì per evitare i paletti delle quarantene è una forzatura. Mihajlovic fa il brillante e dichiara d’essere l’allenatore della Primavera più pagato del mondo. Con chi ce l’ha il Bologna? Dov’era il Bologna quando in Lega si sceglieva di andare avanti a dispetto della pandemia, anzi dichiarando “illegittime” le ingerenze delle Asl?

Ha protestato, peraltro ex post, pure l’Udinese. Che s’è ritrovato a giocare contro l’Atalanta coi reduci del Covid, non allenati, quasi a sorpresa. “Un martirio” ha definito il 6-2 finale il dg Pierpaolo Marino. Il club ha preannunciato un ricorso per invalidare un match “non regolare”. Di nuovo: con chi ce l’ha l’Udinese? Dov’era l’Udinese il 5 gennaio?

Ha protestato, meno, anche il Torino. Cairo ha esplicitamente detto che “il protocollo è sbagliato”, che “non si possono includere nei 13 a disposizioni anche i non professionisti”. Ha detto persino che gli “dispiace per il Bologna e l’Udinese”. Il Torino ha battuto 4-0 la Fiorentina, ribaltando sul campo il concetto della squadra traumatizzata dalle assenze ma non è questo il punto. Il punto è – ancora – dov’era Cairo quando i colleghi alambiccavano formule posticce per garantire al calcio una sopravvivenza purchessia?

Avrebbe potuto protestare pure la Salernitana. Ma no: la Salernitana è ancora in Serie A per divino intervento d’un salvatore che alla mezzanotte del 31 dicembre 2021 l’ha liberata dalla deportazione in serie minore. Che vuoi protestare., E poi le cronache raccontano che la linea dura, oltranzista, in seno alla Lega fosse guidata proprio da Lotito.

Lega e fuori-Lega sono le due facce della stessa smorfia. L’una non sa cosa traspare dall’altra, ma entrambe servono a ridefinire continuamente i confini della gestione indecente del calcio italiano. Presidenti che si lamentano di se stessi, rifiutando di prendersi la responsabilità delle loro stesse azioni. Dirigenti che dirigono a doppio senso, invertendolo a uso e consumo del friabile vantaggio immediato. “Sottoni” del governo che gabellano imposizioni dall’alto fingendo di fare un piacere alla collettività. Non uno, eroismi ad oltranza. Fino a chiudere il cerchio della solita convulsa litania: il sistema ci rema contro. Il sistema sono gli altri. Gli altri siamo noi, ma non ce ne rendiamo conto.

Non giocano e si lamentano con la dittatura sanitaria. Giocano e si lamentano perché non vorrebbero giocare. Non si danno pace, mai. Perché non c’è trucco e non c’è inganno: il vero motore del calcio italiano è il pianto.

ilnapolista © riproduzione riservata