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Newcastle squadra-Stato dell’Arabia Saudita, “operazione di sport-washing macchiata di sangue”

Media inglesi scatenati: “La differenza con Psg e City e che le loro proprietà non hanno mai ordinato l’omicidio e lo smembramento di un giornalista”

Newcastle squadra-Stato dell’Arabia Saudita, “operazione di sport-washing macchiata di sangue”

Il Newcastle rischia di, anzi vorrebbe, diventare un new-Psg. E’ questa l’ambizione del Saudi Public Investment Fund e del suo governatore Yasir Al-Rumayyan che ha acquistato il club inglese diventandone proprietario per l’80%. Le restanti parti sono per il 10% del PCP Capital Partners di Amanda Staveley e per il 10% di Reuben Brothers. E’ un’operazione epocale, per la portata economica (parliamo di un’acquisizione da 300 milioni di sterline) ma soprattutto politica: anche l’Arabia Saudita si è fatta la sua squadra-Stato, come appunto il Qatar col Psg e gli Emirati Arabi col Manchester City.

I giornali inglesi sono ovviamente scatenati, e così le associazioni per i diritti civili. Perché il punto è che l’Arabia Saudita è l’Arabia Saudita, e l’acquisto del club viene considerata da tutti i player internazionali come una palese operazione di sport washing. La stessa Premier League s’è messa in mezzo, resistendo per ben quattro anni.

Il Telegraph scrive che “la differenza chiave col Psg o con il Manchester City è che “né Qatar né gli Emirati ha mai autorizzato l’omicidio e lo smembramento di un giornalista tre anni”.

Si parla ovviamente di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita ucciso e smembrato il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita a Istanbul, su ordine del principe saudita.

Il Guardian sulla vicenda affonda con diversi editoriali. Definisce l’Arabia uno Stato “assassino”, e scrive:

“E’ solo un piccolo ulteriore tratto di un viaggio che il calcio sta facendo da decenni. Anche ai tifosi sta bene l’acquisizione, sono euforici in realtà. I club, e lo stesso sport, sono diventati sempre più veicoli inestimabili per il riciclaggio internazionale di immagine da parte di paesi che cercano una proiezione globale del soft power“.

Barney Rooney scrive:

“Benvenuto, Mohammed bin Salman nel club dei ragazzi miliardari. Non c’è bisogno di pulirsi i piedi. Anche se forse, riflettendoci, dovresti lavarti le mani”.

“C’è qualcosa di miserabile, di ipocrita e di molto deprimente nella volontà del calcio inglese di accogliere tra i suoi membri d’élite lo stato saudita intriso di sangue, di repressione e di discriminazioni. Da una parte c’erano i contratti a zero ore di Ashley dall’altra la decapitazione di 37 persone in un solo giorno. Da una parte l’assunzione di Dennis Wise e dall’altra un attentato nello Yemen. È davvero ovvio che il secondo sia meglio del primo?”.

Il Times però scrive molto più cinicamente:

“Perché dovrebbero tenere il Newcastle la bussola morale di una nazione che commercia con i sauditi per 8 miliardi e mezzo di sterline ogni anno, e che vende loro armi? La Premier League è internazionale, non è più inglese. È il selvaggio West che incontra il Medio Oriente. Buono e cattivi. È la vita”.

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