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Il paradosso Ancelotti: dipinto come nemico dei calciatori del Napoli, va in tribunale a difenderli

A Napoli i media stravolsero il senso dell’ammutinamento. Lo dipinsero come una ribellione ad Ancelotti. La realtà giudiziaria sta smontando questa immensa fake-news

Il paradosso Ancelotti: dipinto come nemico dei calciatori del Napoli, va in tribunale a difenderli
Db Milano 15/09/2021 - Champions League / Inter-Real Madrid / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

Ci sarebbe da scrivere un libro sulle distorsioni mediatiche avvenute a Napoli attorno alla vicenda dell’ammutinamento e al successivo licenziamento di Carlo Ancelotti cui un De Laurentiis evidentemente non sereno preferì Rino Gattuso.

A Napoli, grazie a un lavoro quotidiano basato sull’accreditamento della menzogna (e lo screditamento dell’attuale tecnico del Real Madrid), il senso dell’ammutinamento – giusto o sbagliato che fosse – è stato stravolto. Nella realtà, i calciatori si ribellarono al ritiro imposto dalla società dopo la sconfitta in casa della Roma. E fu una ribellione a De Laurentiis, con i tratti lirici che ormai ben conosciamo di quella serata quando nello spogliatoio volarono parole grosse e si rischiò anche altro. Carlo Ancelotti è stato più volte accusato di non aver saputo convincere i calciatori ad andare a Castel Volturno. Dimenticando che l’allenatore era contrario al ritiro, lo aveva detto pubblicamente. Finì che fu l’unico ad andarci. Col senno di poi, e in pieno tumulto giudiziario, possiamo dire che se non fosse andato sarebbe stato additato come il leader della rivolta.

Ma torniamo al nodo dell’articolo. In pochi giorni, il lavorìo di gran parte dei media napoletani riuscì a stravolgere il senso di quella serata. L’ammutinamento venne dipinto come una rivolta nei confronti di Ancelotti. Siamo ben oltre la fake-news. Nei giorni difficili del Napoli in campionato vennero pubblicati articoli su articoli in cui si narrava di calciatori che non tolleravano l’allenatore, i suoi metodi e lo staff. Gli stessi quotidiani che poi per un anno e mezzo hanno dipinto Gattuso come una sorta di Pep Guardiola. Chi conosce le vicende del Napoli, sa benissimo chi era ad orientare e sollecitare quegli articoli. Ora è chiaro anche al presidente De Laurentiis.

Fu un martellamento che convinse rapidamente l’ambiente napoletano. Ambiente che del resto è incline a lasciarsi facilmente suggestionare, è sufficiente pensare a quel che è accaduto dopo Napoli-Verona. E che per certi versi ancora persiste.

Ora, però, la realtà sta prepotentemente tornando a galla. Per quanto a Napoli la realtà sia sempre un accessorio. Due anni dopo, l’ammutinamento è finito in tribunale. E nella controversia con Allan, chi ha chiamato il calciatore a testimoniare in suo favore? Carlo Ancelotti. Che ha raccontato la propria versione dei fatti, peraltro nota da sempre. Dall’altra parte, ovviamente, i dirigenti del Napoli: Edo De Laurentiis, protagonista dello scontro con Allan, il direttore sportivo Giuntoli, il suo stretto collaboratore Pompilio.

Perché, come è ovvio, quella sera non fu un atto contro l’allenatore. Ancelotti si spese in quei giorni per evitare che De Laurentiis giungesse a quella decisione. Decisione che gli avrebbe compromesso – come poi avvenne – la preparazione della partita col Salisburgo in Champions League. Non fu certo un caso che in quei giorni il Napolista si ritrovò ad essere una voce quasi solitaria. Raccontammo la verità del confronto tra Ancelotti e i calciatori, confronto che andò in maniera profondamente diversa da come venne contrabbandata su tanti giornali. Non ci fu alcuna sollevazione, nessuna critica ai metodi di allenamento, si parlò soprattutto di multe, Allan fece autocritica nel silenzio generale. E due anni dopo, la testimonianza di Ancelotti lo conferma.

Non sappiamo se basterà a ristabilire la verità dei fatti, a Napoli la verità è sempre un optional. Adesso, però, chi vuole avere occhi per vedere, non ha più alibi.

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