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Altro che ribelle, Allan è l’unico ad aver fatto autocritica (nel silenzio generale)

Il brasiliano ai compagni: «Mettiamo i nostri interessi noi davanti alla squadra». Nessuno si è lamentato dei metodi di allenamento. Hanno parlato soprattutto di multe. Resta il 4-4-2

Altro che ribelle, Allan è l’unico ad aver fatto autocritica (nel silenzio generale)

Da stasera si va in ritiro. Non è Malta, come il Milan del 2006-2007. È Castel Volturno, ed è il Napoli. L’allenatore è lo stesso: Carlo Ancelotti. Che tiene la barra dritta, mentre tutt’intorno – compresa la società – sembra stare alla finestra ad aspettare le prossime due partite e il comportamento della squadra.

Ancelotti è da sempre contrario ai ritiri, lo ha scritto anche nel suo libro “Il leader calmo”. Ma va anche detto che è un uomo nato e cresciuto nel calcio, ha esordito in Serie A il 16 settembre del 1979: quarant’anni fa. Ne ha vissuti di ritiri. E sa che a volte possono anche servire. È il motivo che lo ha spinto a sposare questa soluzione. Non la presunta, e inesistente, richiesta di durezza da parte dei calciatori nella riunione-confronto di lunedì mattina.

Nel calcio, parla il campo. I confronti servono, se ci si confronta realmente. Se si tira fuori quel che si ha dentro. Altrimenti rimangono una serie di dichiarazioni d’intenti che lasciano il tempo che trovano, se poi ad esse non corrisponde un diverso atteggiamento sul campo.

E nella riunione di lunedì c’è stato solo un calciatore che effettivamente ha mostrato di aver capito il momento e ha detto chiaro e tondo che oggi il Napoli ha uno e un solo problema: “Gli interessi personali prevaricano su quelli di squadra. Ragioniamo come tanti individui e non da squadra”. A dirlo è stato un presunto ribelle, l’uomo che la sera del cosiddetto ammutinamento è stato protagonista della lite più accesa. Sì, lui, Allan.

È stato Allan che ha rotto il valzer di frasi di rito. È stato Allan che ha gridato chiaro e tondo che ci è passato anche lui. Che sì, sarebbe voluto andar via, perché dal Psg era arrivata quella che riteneva l’offerta della vita. E da quella vicenda ne è uscito destabilizzato. Ha avuto un periodo di appannamento, Non c’era con la testa. Ha fatto autocritica. Si è autodenunciato. E ha detto: «Posso dirlo io, nessuno qui può dirlo a me. Posso dirlo solo io». Un messaggio inequivocabile. Come a dire: nessuno, qui dentro, può darmi lezione sull’impegno. Posso autodenunciarmi, questo sì. Tutti, ma tutti, possono fare di più. E non lo stanno facendo. Tutti stiamo pensando alle nostre sorti individuali, il Napoli viene in secondo piano.

È stato Allan l’assoluto protagonista della riunione. Purtroppo unico. Un caso isolato. Il punto è l’ardore. Il punto è quel che si mette in campo. Il resto non c’è o viene in secondo piano. Mertens ha fatto un accenno al 4-3-3, così come alla preparazione tattica del match contro il Bologna. Ma gli è stato ricordato che è durata lo stesso tempo della preparazione di Liverpool-Napoli. Eppure le due prestazioni sono state il giorno e la notte.

L’unico che ha ribaltato il tavolo, che ha tolto il fiato, è stato Allan. Il calciatore che ha ricevuto la multa più alta e che a Milano e a Liverpool ha fornito due prestazioni maiuscole. A Liverpool insieme a tutti gli altri. A Milano no. Ha gonfiato il petto. Ma ce ne sono, e non pochi, di calciatori pronti ad assumersi e a riconoscere le proprie responsabilità. Ovviamente sono quelli che in campo per impegno sono irreprensibili: Di Lorenzo, Lozano, Maksimovic che è notevolmente in crescita in campo e fuori, per fare qualche nome.

Nessuno si è lamentato dei metodi di allenamento. Nessuno. Il tema non è mai stato toccato nel corso della riunione.

Il resto della discussione, gran parte della discussione, ha riguardato ancora e purtroppo l’extra campo. Le multe. La vertenza. La testa dei calciatori è ancora lì, ed è dura spostare la loro attenzione. L’argomento principe è sempre quello. E non è un segnale positivo. La società continua a essere considerata un’entità distante, in contrapposizione. E non potrebbe essere altrimenti visto dove si è arrivati. Si parla di avvocati, di contratti, di norme, di cavilli. Più di questo che di calcio. Ovviamente i principali responsabili restano i calciatori. Ricordiamo che prima del periodo nero, al termine di Napoli-Atalanta 2-2, De Laurentiis decise di pagare ugualmente il premio partita (considerati la prestazione e l’arbitraggio) ma la risposta fu la pessima prova all’Olimpico contro la Roma. Prestazione che determinò l’inizio del caos.

Lunedì, nel confronto, l’allenatore ha chiarito una volta per tutte che le questioni contrattuali non c’entrano nulla con le sue scelte di campo. Se si è in rotta con la società, se si è a scadenza contratto ma si dà tutto in campo, non ci sarà mai alcun problema con lui. Se si finisce in panchina, è solo e soltanto per quel che si è mostrato in campo. Soprattutto se paragonato a quel che si è sempre dato. Il riferimento a Callejon non è affatto casuale. Ma ci sono anche calciatori, ad esempio Fabian, storditi dalle sirene di mercato. Ma anche in chiave mercato, è bene dare tutto in campo. Al Real Madrid, o al Barcellona, ci si arrivano se si mostrano doti non solo tecniche ma anche caratteriali, di comportamento.

Ancelotti continua ad avere grande fiducia in questo gruppo. Un gruppo che dovrebbe essere forse più consapevole della propria forza. Non ci sono ribelli. I ribelli rovesciano i tavoli, alzano la voce.

È in questo clima che stasera si va in ritiro. Allenatore e calciatori. Loro, da soli, dovranno trarsi d’impaccio da questa situazione. Nella speranza che si riesca a parlare più di campo che di diritto del lavoro.

Con la consapevolezza che il Napoli ha da oltre un anno un sistema di gioco ben preciso. Il cosiddetto 4-4-2. E con quello si andrà avanti. Anche se, come accaduto contro il Bologna o contro il Torino, potrà essere anche cambiato. Ma il Napoli di Ancelotti ha una sua identità ben precisa. Che ha mostrato e ha fatto male quando in campo i calciatori hanno dato il massimo. Il problema non è mai, non può mai essere una questione tattica. Questa è roba per chi approccia il calcio come approccia la Settimana enigmistica, in treno o nello sala d’attesa del medico. Non certo chi ha esordito in Serie A quarant’anni fa e qualcosina, nella sua storia, ha vinto. Certo se in ritiro si vedranno i risultati dell’effetto trascinamento di Allan, ci saranno motivi in più per essere speranzosi.

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