ilNapolista

Mbappé appallottola la retorica del gruppo: “una squadra di calcio non è un gruppo di amici”

Mbappé, come già Michael Jordan, spiattella la verità: «Non devi cenare ogni sera con i tuoi compagni di squadra per vincere». Poi, se non vuoi capire, fatti tuoi

Mbappé appallottola la retorica del gruppo: “una squadra di calcio non è un gruppo di amici”
Lisbona (Portogallo) 23/08/2020 - finale Final Eight Champions League / Paris Saint Germain-Bayern Monaco / foto Getty/Uefa/Image Sport nella foto: Kylian Mbappe'

Prendete Kylian Mbappé, registrate quel che ha detto a Esquire, e poi diffondete il suo messaggio. Ha spiegato in pochissime parole che cos’è il professionismo, quanto sia bolsa e ridicola la retorica del gruppo che ormai in maniera sempre più asfissiante accompagna il racconto calcistico nazionale. La retorica dello spogliatoio questo luogo mitizzato. Le dichiarazioni continue di tutti gli allenatori: “ho un gruppo speciale, unito; sono prima uomini che calciatori”, e tutte queste frasi che ci ricordano il vuoto torricelliano.

Poi arriva Mbappé uno che a 17 anni è stato acquistato dal Psg per la modica cifra di 180 milioni di euro. Che a 18 anni ha vinto il Mondiale con la Francia segnando quattro gol di cui uno in finale. Uno che a 22 anni ha ovviamente vissuto delusioni e conseguenti critiche dopo la finale di Champions perduta col Psg e il rigore fallito che ha determinato la sorprendente eliminazione della Francia agli Europei. Uno che a 22 anni è sul punto di trasferirsi al Real Madrid. Che aveva la carriera programmata, perché quattro anni fa il padre – giustamente – pensò che fosse troppo presto andare a giocare a Madrid e sarebbe stato meglio irrobustirsi al Psg.

Uno come Mbappé, appunto, che sta scalciando per andare al Real un anno prima e quindi vuole rinuncia a giocare nel Psg delle stelle, uno come lui spiega in un’intervista a Esquire che cos’è il professionismo:

Una squadra di calcio non è un gruppo di amici. Proprio come un panettiere non va d’accordo con tutti i panettieri. Non devi cenare ogni sera con i tuoi compagni di squadra per vincere.

E ciao ciao con la manina alla retorica del tutti uniti che in teoria può andar bene – e nemmeno – per la partitella del giovedì sera, o per qualche film di sicura presa emotiva sul pubblico. Ci aveva già pensato “The last dance” a smitizzare la retorica del gruppo, e a raccontare la realtà del mitico spogliatoio. Ci si allena, spesso ci si ignora, ci si scazza e poi si va in campo. Non si gioca per il pubblico, per l’amore. Si gioca perché si è professionisti e certamente si è diventati professionisti per passione oltre che per bravura. Per passione e per applicazione.

Si sprecano gli esempi di squadre di calcio in cui i compagni non si sopportavano e/o non si sopportano. Tutte le squadre, come tutti i luoghi di lavoro: i panettieri citati da Mbappé.

Il professionista è ambizioso, vuole migliorare e migliorarsi. Come Donnarumma. Come Mbappé. Non hanno bisogno della retorica che ai loro occhi è grottesca. Te la sbattono in faccia la verità. Poi se non vuoi capire, affari tuoi.

ilnapolista © riproduzione riservata