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I terzini hanno rivoluzionato il calcio contemporaneo, il Napoli non lo sa (e si vede)

Senza scomodare Cancelo. Milan, Inter, Atalanta, Juve, hanno tutte un lato fortissimo. Il Napoli è fermo da anni a Mario Rui-Hysaj-Ghoulam

I terzini hanno rivoluzionato il calcio contemporaneo, il Napoli non lo sa (e si vede)

I “terzini” del Napoli sono un bug di sistema. Oltre ad essere il tormentone preferito di tutti i fanta-Giuntoli – il tifoso quando non è impegnato a fare il ct della nazionale è sempre un grandissimo diesse. “Quest’anno lo compriamo un terzino?” ci ripetiamo ogni volta che in ritiro facciamo l’appello degli esterni, per ritrovarci con Di Lorenzo a destra e il ticket Mario Rui-Hysaj-Ghoulam a sinistra. Prima, cioè, di lasciare che la malinconia ci travolga.

Mentre scriviamo apprendiamo che Gattuso ha cacciato dall’allenamento Mario Rui per scarso impegno, rimuginando su un altro assillo retorico delle ultime settimane: la gratitudine dovuta a Hysaj (e Maksimovic) per disponibilità a rivestire l’ingrato ruolo di titolare del Napoli a contratto in scadenza. Tutta sta premessa non, come parrebbe, per porci la ferale domanda “che abbiamo fatto di male?”, ma per farci ancora più male. Il Napoli è un caso unico di no-contest tattico: ha scelto di non investire nel ruolo che più di ogni altro ha cambiato il calcio italiano ed europeo. Il laterale di spinta, quello che in omaggio alla modernità di Facchetti si definiva “terzino fluidificante”.

Il contesto è limpido: i terzini hanno ereditato parte di quelle funzioni prima delegate ad altre posizioni, specialmente in fase di costruzione e rifinitura. Ai due difensori laterali è richiesta ampia partecipazione alla fase di possesso, di spinta, di ricerca della profondità. Sono diventati i registi di un gioco sempre più autosufficiente, in cui la propria strategia offensiva forza attivamente gli squilibri difensivi altrui, senza attese.

E le altre, praticamente tutte le concorrenti del Napoli, hanno almeno un lato fortissimo. I più devastanti sono, senza dubbio, Theo Hernandez del Milan (5 gol e 6 assist finora) e Achraf Hakimi dell’Inter (6 gol e 6 assist). Ma tutti gli altri nomi sono facili da individuare: l’Atalanta ha Gosens (9 gol e 4 assist) a sinistra e Hateboer a destra; la Juve ha Cuadrado, Danilo e Alex Sandro; la Roma Karsdorp e Spinazzola, la Lazio Lazzari. Persino le più piccole hanno inteso il trend e ci provano: la Fiorentina con Biraghi, il Verona con Dimarco, il Benevento con Letizia.

Non ci vuole chissà quanto impegno, sul mercato. Gasperini a gennaio ha capito che Hateboer lo avrebbe lasciato per settimane con un buco a destra e di corsa i Percassi gli hanno comprato Maehle. Il Napoli – scusate se abusiamo del costante termine di paragone – pur con enormi problemi nel ruolo a gennaio ha venduto Malcuit, e stop.

Non è tra l’altro tutto quest’esotismo tattico. Sarri, per qualche mese persino con una certa continuità, faceva muovere la “catena” sinistra al ritmo degli affondi di Ghoulam. Insigne ancora ringrazia. Solo che il Napoli è rimasto fermo lì, alla madeleine, al ricordo fragrante di quegli incroci. Come se Ghoulam non si fosse rotto il ginocchio un paio di volte. In questi giorni si parla di un suo rinnovo, come unica pulsione del mercato in quel ruolo.

Nel frattempo, tutt’attorno, è esplosa una sfilata di casi di studio. Se il Liverpool ha dominato gli ultimi due anni (anche) grazie a Robertson e Alexander-Arnold che hanno esaltato il gioco di Klopp, a Manchester Guardiola è riuscito a imporre un fenomeno tattico: il “laterale mutaforma”, come l’ha definito il Guardian.

Già al Bayern Monaco Guardiola comandava i movimenti di Alaba e Lahm fino stringerli accanto a Xabi Alonso, mentre le due “mezzali reali” salivano alle spalle del centrocampo avversario per attaccare i mezzi spazi: la famosa piramide rovesciata, il 2-3-5. Al City s’è inventato Joao Cancelo in un anti-ruolo, ovvero un ruolo che non esisteva prima di lui.  Non è un libero, non è un jolly, non è solo un terzino né un laterale di spinta, non è nemmeno un regista. E’ tutto questo contemporaneamente. 

Ha preso il Cancelo dell’Inter e della Juve – “il Cancelo entry-level, per principianti, il Cancelo in prova gratuita di 30 giorni con garanzia di rimborso” e l’ha impostato in “modalità caos completo”. 

Sempre il Guardian:

“Il suo ruolo è basato interamente sull’inganno e sull’inafferrabilità, sull’essere esattamente nel posto in cui meno te lo aspetti in un dato momento”.

Cancelo

Foto tratta da L’Ultimo Uomo: https://www.ultimouomo.com/joao-cancelo-guardiola-manchester-city/

Siamo alla rivisitazione del “calcio totale” olandese di Michels e Cruijff, che prevedeva la copertura del terzino di spinta con una serie di scalate dei compagni: il ruolo, cioè, poteva perciò essere coperto da giocatori diversi, senza specializzazione. È il rovesciamento di quell’idea: è il laterale che si specializza in varie fasi e va a scalare nelle altrui posizioni per gonfiare il gioco d’attacco. È l’upgrade di Cafu e Roberto Carlos. Con un Maicon del genere Mourinho (che ha ben altra visione) ha vinto il triplete con l’Inter.

Ok, ci siamo lasciati trasportare: Cancelo, Guardiola, il City, sono marziani. Non ci riguardano. Ma servono come benchmark, come riferimento. Se il calcio è arrivato su questa Luna, il Napoli con ambizioni europee come ha potuto tralasciare del tutto il potenziamento di un ruolo così importante?

Ha speso 8 milioni per Di Lorenzo nel 2019, e ha fatto un affare: è diventato un nazionale e soprattutto, prima che arrivasse Gattuso, ha ripagato l’investimento con una discreta solidità, 5 gol e 12 assist spalmati un po’ qua un po’ là. L’anno prima, 2018, aveva ingaggiato Malcuit, e quello prima ancora Mario Rui. Al netto di campagne acquisti molto impegnative, il Napoli non compra un terzino da due anni.

Eccolo il bug, il buco. Plasticamente rappresentato dal primo tempo nella gara di ritorno contro il Granada: Elmas impiegato a sinistra, “a tutta fascia”. Una mossa da “tumbulella” tattica figlia di una certa disperazione e di uno sventato gioco delle tre carte: Mario Rui, Hysaj, Ghoulam. C’è il trucco e c’è l’inganno: pescare il jolly, così, è impossibile.

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