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Il Telegraph: «Assurdo chiedere ai calciatori di non abbracciare i compagni dopo un gol»

“È morale andare avanti così? Dobbiamo smetterla di prendere le persone per stupide, non abbiamo bisogno del calcio come unica luce nell’oscurità”

Il Telegraph: «Assurdo chiedere ai calciatori di non abbracciare i compagni dopo un gol»

La situazione Covid in Inghilterra è ad un punto di stallo: è drammatica, sono in lockdown quasi totale e il calcio continua a funzionare come se il virus non esistesse o quasi. I giocatori festeggiano i gol, e ogni tanto festeggiano pure a casa, fregandosene delle regole. Ma le regole stesse in questo momento sono oggetto di critica. Tutta la questione “morale”, sul fatto se sia giusto o meno andare avanti con lo show mentre la gente muore, in Inghilterra occupa le prime pagine dello sport, e non qualche trafiletto nella pagina dei commenti. In Italia, per dire, è un tema ormai andato in prescrizione: non interessa più a nessuno, a leggere i giornali.

Ma nel Regno Unito no: il governo ha avvertito le leghe, la Premier e la EFL, che non saranno tollerati ulteriori atteggiamenti “ribelli”, perché la gente non sopporta più di vedere questo scollamento dalla realtà. Ma – scrive il Telegraph in un editoriale – anche pretendere che si giochi rispettando regole come il distanziamento – è ormai ridicolo. Con un’argomentazione in più: davvero dopo un anno di pandemia abbiamo ancora bisogno che i calciatori ci diano l’esempio su come comportarci?  

Che senso ha, si chiede Oliver Brown, dire ad un giocatore che per 90 minuti affanna, si azzuffa, spinge altri giocatori che se segna un gol non può festeggiare abbracciandoli?

«Vale la pena ricordare che alcuni protocolli sono sostenuti più che da una scienza impeccabile, dal disperato bisogno di proiettare un messaggio degno».

«Il tentativo di diluire la naturale scarica di adrenalina dei giocatori dopo un gol o una vittoria è destinato a fallire. Anche coloro che comprendono davvero il calcio riconoscono l’inutilità di cercare di controllare le forze primarie che scatena. Pep Guardiola difficilmente può essere liquidato come un Covid-scettico: ha perso sua madre per il virus, lo scorso aprile. Ma ha alzato le sopracciglia all’indicazione che le reazioni dei giocatori dovrebbero essere controllate da un decreto del governo. “Un ragazzo segna un gol, lo festeggia”, ha detto. “Non credo se si metta a pensare ‘non posso abbracciare il mio amico per due, tre secondi’.”».

E così anche Mikel Arteta: “Controllare l’emozione quando si va a 200 miglia orarie in una partita partita è molto difficile. Chiediamo ai nostri giocatori di marcare a uomo, di spingere le gli avversari, di fare contrasti, ma poi non possono fare ciao a nessuno…. Diventa un po’ controverso e difficile da capire”

Ma il punto, in definitiva, è un altro:

«Dobbiamo credere che se i tifosi vedono i calciatori che si fanno beffe delle distanze sociali, poi saranno incoraggiati a ad abbracciare il passante più vicino, la loro prossima volta che vanno a correre al parco? Ad un certo punto, dobbiamo smetterla di prendere le persone per stupide. Tutti hanno convissuto con questa pandemia per 10 mesi, bombardati dalle indicazioni del governo. Ormai è un teatro dell’assurdo. Non abbiamo bisogno del calcio come unica luce nell’oscurità, per rafforzare ulteriormente regole che abbiamo già imparato a memoria».

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