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Rossi e il Mundial 82. Gianni Brera fece l’elogio del “Santo Catenaccio”

Il 13 luglio 1982 su Repubblica il primo commento alla vittoria del Mondiale del grande giornalista: un elogio poetico a Rossi e al gioco all’Italiana.

Rossi e il Mundial 82. Gianni Brera fece l’elogio del “Santo Catenaccio”

Repubblica il 13 luglio 1982 mette in pagina il primo commento di Gianni Brera sul trionfo dell’Italia di Bearzot al Mundial spagnolo. Un pezzo meraviglioso nel quale il celebre giornalista tesse le lodi di Paolo Rossi, morto oggi a 64 anni, e soprattutto del “Santo Catenaccio”. Un articolo a suo modo attualissimo.

Brera scrive di una “vittoria limpida, pulita, neppure venuta dal caso, bensì da un’applicazione soltanto logica (a posteriori!) del modulo che ti è proprio, e in tutto il mondo viene chiamato all’italiana”. Di Bearzot “bravissimo e un po’ fissato Ct” che “straparlava da anni di imporre il proprio gioco. Ha tentato di farlo e si è amaramente accorto di non averne”.

“Il Ct è stato gloriosamente costretto a smentirsi. Ha impostato partita difensiva con l’Argentina e l’ha battuta in breccia. Ha dato nuovo e inatteso lustro alla scuola italiana, da troppi mal giudicata (perché egli stesso, il Ct, contribuiva a smentirne il prestigio con affermazioni contrarie). Santo catenaccio ha gloriosamente attentato alle funzioni epatiche di Luis Cesar Menotti, che ci aveva accusato di passatismo cronico, e di imperdonabile ritardo storico. Pensa te il bischero della Plata!”.

“Contro il Brasile, quasi la stessa musica”. Con i brasiliani “dimentichi d’un assioma fondamentale del gioco: il safety first (primo non prenderle) degli antichi maestri inglesi”.

Rossi è “rifiorito sulla contorta e bassa siepe del nostro orto improvvisamente dilatato, aperto ai miracoli. I pavoni brasiliani non si sono accorti di Rossi, non l’hanno degnato d’un guardo. Ha segnato tre gol e ne ha sbagliato un quarto, il più facile, subendo per giunta un rigore. Di goleada avrebbero dovuto perdere i brasiliani”.

Contro la Germania Bearzot “ha fatto ricorso senza falsi pudori al culto della difesa e Santo Catenaccio l’ha ripagato con la puntuale solerzia del taumaturgo di elezione. I tedeschi non hanno toccato terra”

“La finale mondiale è una prova dura, acre, ammorbante, velenosa, per giocar bene la quale bisogna appartenere ai fenomeni in terra. Io non ho mai visto brillarvi nemmeno Pelè. Il peso della responsabilità è tale che aggiunge i suoi gravami morali alle ruggini biochimiche della stanchezza. Stralunati automi obbediscono a schemi che hanno dentro come memorie tecniche e agonistiche. Non inventano più nulla: possono solo impedire che s’inventi. Bearzot l’ha capito e merita dieci”.

La chiusura è un canto lirico:

“Annibale e Napoleone vengono celebrati come geni della guerra. Ci si è mai domandato perché? Che diamine: perché gli storici scrivono per i vincitori di quei geni inarrivabili. Ora tu, cara vecchia smandrappata Italia, hai sfruttato appieno le virtù della tua indole. Dunque della tua cultura specifica. Non si vince un mondiale senza storia”.

AI diavolo i malevoli i cacaminuzzoli gli invidiosi gli incompetenti i pirla i fessi ai quali non è piaciuta la vittoria italiana. Io triumphe, avventurata Italia. Dovessi per un mese cantare le tue caste glorie, ebbene, lo farei con grato entusiasmo. E grazie a voi, benamati brocchetti del mio tifo, benamati fratelli miei in mutande. Avevo pur detto che Paolo Rossi in trionfo è tutti noi. Il terzo titolo mondiale dell’Italia non si discute come non si discutono i miracoli veri. Adios, intanto tia Espana, adios”.

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