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Il turnover senza pietà di Gasperini è più percepito che reale. Quello di Sarri è inesistente

I social lo attaccano per il cambio portiere. L’Atalanta è nona nella speciale classifica, la Juventus ultima. Il Napoli di Gattuso è quarto: ma non aveva la rosa corta?

Il turnover senza pietà di Gasperini è più percepito che reale. Quello di Sarri è inesistente
Gasperini (Photo Hermann)

All’80’ di Atalanta-Brescia – si era sul 6-1 – esce il secondo portiere Sportiello ed entra il terzo portiere Rossi. Il quale, poveretto, farà in tempo a prendere persino un gol. Nel mentre, sui soliti social, montava l’onda del regolamento di conti morale: non si fa, cambiare il portiere senza un infortunio perlomeno autocertificato è da infami, non si umilia così l’avversario. Avversario, va ricordato, già umiliato per bene nei precedenti 80 minuti. Ma la celere giustizia della rete aveva già travolto il turnover scientifico di Gasperini.

Nel calcio come nella vita ci sono delle regole non scritte, nel caso di specie per rispetto dell’avversario non affondi il colpo, gli risparmi l’onta. C’è una scuola di pensiero, nello sport, che predica il contrario: se smetti di giocare, se dimostri scarso impegno, non onori l’avversario, la pietà è peggio della sconfitta meritata. E’ il paradigma del Mineirazo: il 7-1 rifilato dalla Germania al Brasile di Scolari nella semifinale del Mondiale 2014, a Belo Horizonte; 5-0 dopo meno di mezz’ora, 7-0 fino a pochissimi minuti dalla fine. I tedeschi finirono accusati di cafonaggine sportiva per entrambi i motivi, opposti: per aver infierito, e anche per non averlo fatto. E’ un dibattito eterno, che fa da contesto al punto: il sopracitato turnover scientifico di Gasperini.

Così scientifico da allargarsi addirittura al terzo portiere, con i 5 cambi sfruttati per regalare alla meglio gioventù bergamasca un primo affaccio sulla serie A, risparmiando i titolari, quelli che ad agosto bontà loro andranno a giocarsi la Champions. Un dosaggio sistematico delle forze calcolato sul lungo periodo, interpretato malevolmente per un capriccio estemporaneo di un allenatore egotico e vanesio (sì, un po’, ma in questo caso c’entra poco).

L’Atalanta non ne ha abusato, tra l’altro. La percezione dice altro, ma nella classifica stilata da Sky sui cambi di formazione tra una partita e l’altra, nell’incasinata ripresa post-lockdown, la squadra di Gasperini è solo nona: ha cambiato il 37% dei titolari ogni partita (4,1 cambi di media, 25 totali), fino al match con la Juve. Contro il Brescia, rispetto alla formazione precedente, ne ha cambiati 7. E a gara in corso poi ha buttato dentro un po’ di giovanotti: Rossi, appunto, ma anche Czyborra, Colley, Bellanova e Piccoli.

La squadra che finora ha fatto le rotazioni più azzardate è stata il Sassuolo di De Zerbi – che infatti va fortissimo – con il 65% della formazione titolare che cambia partita dopo partita (7,1 cambi di media, 43 totali). Poi ci sono la Roma, la Spal, eccetera. Il Napoli è quarto: Gattuso ha cambiato titolari per il 49%, 5,4 cambi di media a partita, 27 totali, dimostrando anche con le statistiche che la rosa corta è un falso storico.

Per cui, al netto dei musi storti e del bon ton della presunta sportività, finisce per cambiare il secondo col terzo portiere, sul 6-1 di una partita morta almeno 60 minuti prima.
Sarri invece è ancora impantanato nelle conferenze stampa di rito, nelle quali il pudore conta pochissimo, e “lo scudetto non è mica scontato”. E’ la base semantica che giustifica il ricorso all’immodificabile gerarchia dei “titolarissimi”, facendosi una croce sull’eventuale tossicità da abuso. Si vive giorno per giorno, anzi ogni tre giorni. Agosto è lontano.
Anche in questo l’Atalanta è una provincia d’Europa. E la Juve resta capitale d’Italia.
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