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Zola: «Lo scudetto con il Napoli ne vale dieci vinti altrove. Maradona era un alieno»

Intervista al CorSport: «Sono riuscito a restare sempre me stesso. Totti era il 10 più competo. Con Ancellotti mai avuto problemi. Vicecampioni al Mondiale? Mi scoccia molto, eravamo i più forti»

Zola: «Lo scudetto con il Napoli ne vale dieci vinti altrove. Maradona era un alieno»

Il Corriere dello Sport dedica una lunga intervista a Gianfranco Zola. Il virus, dice, ha lasciato «un senso di profonda preoccupazione per gli effetti» che avrà e una grande incertezza per il futuro. Ricominciare non sarà semplice ma una mano la potrebbe dare lo sport.

«Come terapia iniziale, ben venga il ritorno del calcio, che può fungere da terapia, perché fa bene all’umore. A modo suo, sistemare un partita al centro delle giornate, ha un valore non solo simbolico di rinascita: sarebbe un segnale di avvicinamento alla normalità».

Il calcio può aiutare le persone a distrarsi.

«Il football può offrire distrazione e accendere il fuoco d’una passione che in questi ultimi tre mesi di tragedie e paure si è sopita».

Nella sua carriera, Zola ha vinto un solo scudetto, con il Napoli.

«Però quel titolo conquistato a Napoli ne vale almeno dieci vinti altrove. E quel trionfo ha avuto un significato straordinario, a modo suo storico, se chiaramente combinato con il primo».

Su Maradona:

«Penso poco si possa aggiungere. Fenomeno imparagonabile, un alieno. Lui è appartenuto ad un’altra galassia ed è sceso in terra per donarci il suo calcio. io ho avuto la fortuna di arrivare a Napoli ed imbattermi in lui. Provate voi a chiedere, ad un ragazzo di ventitré anni, che si ritrova catapultato in quella squadra fantastica, cosa possa significare incontrare Maradona e stargli al fianco?»-

Su di sé:

«Mi sono piaciuto, soprattutto perché sono riuscito a restare sempre me stesso. Ho avuto genitori che mi hanno formato con solide basi e ho una moglie che rimane una figura centrale. No ho mai perso l’orientamento, nonostante il ruolo da privilegiato e i pericolo che idolatria e benessere rappresentavano».

Tra i 10, escluso Maradona, dice che sceglierebbe Totti.

«Influente sempre, nel segnare e nel consentire di farlo. Forse, complessivamente, il più competo».

Zola parla anche di Ancelotti. Il suo addio al Parma è stato spesso attribuito alle loro incomprensioni. Racconta che da quel 1997 si sono incontrati diverse volte.

«Una serie infinita di incontri, di confronti e di chiacchierate con un grande allenatore e una persona perbene. Io con Carlo non ho mai avuto problemi, né lui con me. Quella storia al Parma era destinata a finire ed è cosi che doveva andare. Ma non ci sono responsabilità sue, né mie. E poi quella cessione al Chelsea penso che abbia lasciato in ognuno soddisfazione. Io mi sono trovato all’inizo in un ciclo meraviglioso, in una città che poi è diventata casa mia».

Sull’Inghilterra:

«Mi sono stabilito in Inghilterra perché ci siamo trovati bene sempre. E sono rientrato in Italia, proprio all’inizio di questa emergenza, semplicemente perché mi sembrava che avessimo preso coscienza meglio della drammaticità del momento. Sono grato all’Inghilterra per l’affetto e per i sentimenti veri che mi ha sempre riconosciuto».

Racconta anche perché al Chelsea prese la maglia numero 25.

«Quando arrivai la numero 10 era sulle spalle di Mark Hughes, non so se vi è chiaro. Io provai timidamente e rispettosamente a provocarlo, chiedendogli quante fossero le possibilità di strappargliela. E lui simpaticamente ed amichevolmente mi mandò a quel paese. Mi fu proposta la 21, ma dopo l’esperienza al Mondiale americano preferii evitarla».

Sul secondo posto al Mondiale.

«Mi scoccia molto, perché eravamo i più forti, direi anche nettamente. Penso e spero che non si risentano i giocatori del Brasile, dei quali ho stima gigantesca. Ma noi avevamo un gruppo dalla forza impressionante. Però arrivammo distrutti alla finale, dopo un po’ vennero i crampi a qualcuno, c’era chi era reduce da infortuni e che aveva accusato difficoltà in precedenza e giocò da mezzo infortunato. Tutto ciò fu condizionante».

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