Intervista al Fatto quotidiano: «Il 7 marzo chiedemmo di chiudere le attività produttive. Qui la gente paura, molti hanno amici e parenti coinvolti nel dramma»
Il Fatto quotidiano intervista Emilio Del Bono sindaco di Brescia
“Non sappiamo più dove mettere le bare: le portiamo nella chiesa di San Michele, al centro del cimitero”.
Sindaco, perché Brescia è in questa situazione? Bisognava fare prima la zona rossa?
Se fossimo partiti tutti prima, il contagio quanto meno sarebbe stato più diluito. Qui è arrivato da Lodi, da Cremona. Come a Bergamo. Si tratta di una zona molto industriale, molto commerciale, dove la gente si sposta rapidamente. Noi, come dodici sindaci dei capoluoghi lombardi, il 7 marzo avevamo chiesto sia alla Regione che al governo di chiudere le attività produttive, tenendo aperte solo la filiera di igiene per la casa e quella alimentare. Oltre alla manutenzione dei servizi pubblici essenziali. Il numero dei lavoratori nelle fabbriche è molto elevato.
È il governo che è stato troppo timido o la Lombardia?
Fontana ha sempre tenuto una posizione severa, ma il peso del mondo industriale sia su Roma che su Milano si è sentito.
La Difesa sta mettendo a disposizione del personale?
Non ho avuto nessuna interlocuzione. Ripeto: non ci sono più medici, anche quelli di famiglia si stanno ammalando tutti. L’Ordine dei medici ha chiesto a quelli in pensione di rientrare. In 70 hanno risposto di sì, a titolo gratuito. Ne abbiamo anche chiesti all’estero.
E il progetto di fare un ospedale nella Fiera?
Congelato: manca il personale.
Come sindaco ha preso qualche misura in più?
Ho chiuso i parchi giorni e giorni fa, e anche i mercati. Oggi (ieri, ndr) ho chiuso i cimiteri al pubblico: si può entrare solo per la tumulazione e i servizi previsti. La gente risponde: c’è paura, molti hanno amici e parenti che stanno vivendo questo dramma. E il virus colpisce al 30% la fascia d’età sotto i 65.