Lo è stata dentro e fuori lo stadio dove l’inchiesta della Procura di Milano ci sta raccontando di un universo fin troppo sottovalutato
La giusta posizione di De Laurentiis
Abbiamo un grande Presidente. Forse l’unico in serie A che crede nella battaglia contro il razzismo. Non è poco. Le sue parole dopo la scandalosa decisione dei giudici sportivi dell’Appello di confermare anche la seconda giornata di squalifica per Kalidou Koulibaly, esprimono il giusto sentimento di indignazione e di collera per questa ingiustizia.
Credere che sia la solita “sceneggiata” napoletana sarebbe un errore madornale. Non cogliere, vedendo quello che sta accadendo oggi nelle curve, che si tratta di un fenomeno non isolato alla dimensione dello stadio della domenica – un moderno Colosseo dove scaricare le tensioni e lo stress della vita moderna – è un errore. Quello che sta accadendo “fuori” comunica con quello che sta accadendo “dentro” gli stadi.
Sbaglia il ministro dell’Interno Matteo Salvini a ridurre a un fenomeno quasi guasconesco quello che invece è un segnale di latente razzismo, è solo una sottovalutazione “volontaria” e non “colposa”.
Insomma, far finta di non vedere implica una responsabilità oggettiva in ciò che accade.
“Meglio tardi che mai”, verrebbe da dire, leggendo le prese di posizione solidali con Koulibaly e con De Laurentiis di importanti giornali sportivi e personaggi del mondo del calcio.
Ma non possiamo far finta che ormai tutto sia passato, che Koulibaly non giocherà contro la Lazio e che dobbiamo sperare di poter contare sulle nostre forze.
Non si può far finta di nulla
Se non ci fosse l’inchiesta della Procura di Milano, le ammissioni su quello che è accaduto a Milano il 26 dicembre scorso, potremmo anche darci un pizzicotto sullo stomaco e andare avanti.
Ma non è così perché quel 26 dicembre del 2018 segna una data “spartiacque” nell’impegno del mondo del calcio nella battaglia al razzismo e alla. violenza dell’estrema destra e degli ultrà.
Milano purtroppo ci dice alcune cose che non vorremmo sentire o vedere. Intanto che un gruppo dirigente di sigle storiche ultrà della curva A interista di San Siro pianifica il giorno di Natale un agguato a un convoglio di auto e Van di ultrà napoletani. Un pezzo di Milano, nelle vicinanze dello stadio, per alcune ore (dalle 15.30 alle 19.40) diventa territorio di caccia e di agguati di un gruppo di centoventi, centocinquanta ultrà interisti, appoggiati da una quarantina di tifosi del Nizza e di Varese. Molti di loro appartengono a sigle sinistre dell’estrema destra.
Ci saranno altri arresti, anche tra i napoletani
Durante gli scontri, l’assalto ai napoletani, Succede l’imponderabile: un’auto azzurra investe uno dei capi ultrà interisti che morirà in ospedale. È stato un gesto volontario o l’autista preso dal panico per l’assalto l’ ha involontariamente investito? Abbiamo fiducia negli investigatori della Digos milanese di Claudio Ciccimarra e nella Procura di Milano che potrebbero aver ricostruito la dinamica dei fatti. Non ci meraviglieremmo se nei prossimi i giorni una decina di napoletani, e tra questi gli occupanti dell’auto investitrice, finissero in carcere per omicidio volontario o per rissa aggravata. E con loro un altro grappolo di interisti che si vanno ad aggiungere ai sei già arrestati.
È vero che i napoletani sono stati aggrediti, ma è anche vero che si sono difesi con aste, coltelli e cinture dei pantaloni. Dobbiamo aspettare e avere fiducia negli investigatori e inquirenti. Di certo siamo sempre più convinti che quello che è accaduto “fuori”, in via Novara, è quello che è successo a San Siro, potevano essere evitati.
Fuori, le forze di polizia dovevano evitare che le due tifoserie si incontrassero in una sfida all’Ok Carroll. Dentro, al primo coro razzista la partita doveva essere sospesa. Si era raggiunto l’accordo che se fosse successo nel secondo tempo i giocatori avrebbero smesso di giocare. Ma inspiegabilmente questo non è successo. E Koulibaly e Insigne, risentendo questo clima ostile, hanno sbagliato reagendo con comportamenti da censurare.
Ecco perché il presidente De Laurentiis ha ragioni da vendere, quando dice di “vergognarsi” «di far parte di questi sistema che punisce la vittima è non il carnefice. Uscirò in fretta se la Figc non userà il pugno di ferro contro il razzismo». Presidente De Laurentiis, siamo con lei.