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Inter-Napoli, l’ammissione al gip dell’ultrà varesino: “usai il coltello”

Anche i napoletani avevano i coltelli. La telecamera di via Novara ha ripreso tutto. La testimonianza della vedova Belardinelli (l’ultrà rimasto ucciso)

Inter-Napoli, l’ammissione al gip dell’ultrà varesino: “usai il coltello”

Gli scontri prima di Inter-Napoli

Il nastro della telecamera di video sorveglianza di via Novara 209 angolo via Fratelli Zoia segna le 19.31.16 del 26 dicembre scorso, giorno di Santo Stefano. È qui che i tifosi ultrà interisti, appoggiati da un gruppo di “gemellati” di Varese e di Nizza, una quarantina di “stranieri” in tutto, danno l’assalto a una colonna di auto e di Van di ultrà napoletani. Ed è sempre in questa circostanza che un altro capo ultrà interista, Daniele Belardinelli, schiacciato da un auto morirà in ospedale.

Le immagini della telecamera di via Novara mostrano alle 19.31.16, Nino Ciccarelli «claudicante e nell’atto di toccarsi il corpo, in particolare la gamba destra, come per tamponare o alleviare il dolore di alcune ferite. Si appoggiava poi ad un cestino dell’immondizia prima di uscire dall’inquadratura».

Dal 17 gennaio anche Nino Ciccarelli è in carcere, insieme ad Alessandro Martinola. L’uno, capo ultrà dei Viking, gruppo storico della curva Nord di San Siro, l’altro, ultrà di Varese arrivato a Milano con Daniele Belardinelli (che, travolto da un’auto probabilmente di napoletani, rimarrà ucciso). E Martinola, interrogato, ha ammesso di aver impugnato  un coltello durante i combattimenti con i tifosi azzurri.

E sono così saliti a sei gli ultrà interisti incarcerati. Ed è probabile che altri li raggiungeranno a San Vittore nei prossimi giorni, come in carcere potrebbe finire anche un gruppo di ultrà napoletani che, seppur aggrediti, hanno reagito menando anche loro le mani, utilizzando coltelli, aste e cinture dei pantaloni.

La ricerca dell’auto dei napoletani

Bisognerà vedere poi se le indagini della Digos di Milano riusciranno a individuare con certezza l’auto di napoletani che ha investito uccidendolo il capo ultrà interista. E se effettivamente come il capo di imputazione lascia intendere si sia trattato di un omicidio volontario (un gruppo di azzurri è indagato per questo reato) o invece è stato un omicidio colposo, provocato dal panico di quegli attimi. E dunque potrebbe configurarsi il reato di omicidio stradale.

Insomma, anche in questa terza ordinanza di custodia cautelare, il gip Guido Salvini non si discosta dalla sua prima ricostruzione: gli interisti hanno teso l’agguato ai napoletani. In questa nuova misura cautelare Salvini conferma l’accusa di rissa aggravata e di lesioni.

Prima ancora che il “pentito” Luca Da Ros, uno degli ultrà dei Viking fermato e poi arrestato (e oggi ai domiciliari per la sua collaborazione) nelle prime ore delle indagini, lo chiamasse in causa, Nino Ciccarelli, il 30 dicembre scorso, convocato, si presentò in questura.

«Visto lo stato fisico in cui l’indagato si trovava – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Guido Salvini – con un cerotto al naso e plurime ferite sul corpo, e le sue parziali ammissioni rispetto alla partecipazione agli scontri, il verbale di sommarie informazioni di Nino Ciccarelli è stato interrotto e lo stesso è stato ascoltato alla presenza del difensore».

«L’indagato ha ammesso di aver partecipato alla rissa con i tifosi napoletani. Egli ha dichiarato di essersi trovato per caso sulla via Novara – scrive il gip – di aver visto da lontano gli scontri e di aver deciso di andare ad aiutare gli amici interisti contro i napoletani. Precisamente ha affermato di essersi unito “ai suoi amici per partecipare ai tafferugli” e durante gli stessi di “essere caduto a terra su dei cocci ferendosi su tutte due le gambe”. Per quanto riguarda le ferite al volto, al naso e alla guancia destra, ammetteva di essersele procurate a seguito della rissa con i tifosi napoletani colpito al viso con un’asta da uno di loro».

Naturalmente Ciccarelli non passava per caso in via Novara, essendo stato riconosciuto dal pentito Da Ros nel pub Cartoons, dove gli ultrà si erano dati appuntamento prima di tendere l’agguato ai napoletani.

Scontri sospesi quando è rimasto a terra Belardinelli

C’è un passaggio del ragionamento del gip milanese dal quale si comprende quanto le indagini di queste settimane abbiano prospettato un ruolo aggressivo anche dei napoletani che hanno reagito all’agguato attaccando anche gli interisti: «Non è assolutamente credibile il fatto che l’indagato (Ciccarelli, ndr) si sia procurato le lesioni sul corpo cadendo per terra su cocci, essendo evidenti alcune ferite da arma da taglio, in particolare quella sulla coscia, a dimostrazione tra l’altro che molti tifosi napoletani erano anch’essi armati e preparati ad uno scontro».

Sul tragico investimento di Daniele Belardinelli, «Nino Ciccarelli ha riferito che mentre si trovava davanti agli altri interisti era stato richiamato dalle urla di alcuni compagni e aveva notato voltandosi due mezzi allontanarsi in direzione dello stadio. In quel momento aveva visto il corpo di un ragazzo steso a terra che a fatica si muoveva. Ha aggiunto che gli scontri stati sospesi quando è stato visto il corpo del ragazzo a terra e, dato che stavano giungendo numerosi mezzi delle forze dell’ordine si è allontanato in direzione del parco, raggiungendo la sua abitazione. Non si era presentato in ospedale ed era stato medicato a casa della sua ex moglie».

Il 17 gennaio è stato arrestato anche Alessandro Martinola, ultrà di Varese, amico della vittima degli scontri, Daniele Belardinelli. Alla Digos è schedato come «appartenente al gruppo “Blood and Honour” della tifoseria della squadra del Varese e fazione cui fanno riferimento anche molti soggetti appartenenti a movimenti ideologici di estrema destra».

Dalle immagini video acquisite dalle telecamere di videosorveglianza di Via Novara 209 si vede Martinola, «armato verosimilmente di coltelli, mentre si scaglia contro i napoletani cercando di colpirli. In particolare, impugnando un oggetto nella mano destra e uno nella mano sinistra, probabilmente armi da taglio, viene affrontato da un tifoso napoletano di corporatura molto robusta armato di un bastone. Questi colpisce per primo Martinoli il quale tuttavia risponde colpendolo all’addome con un movimento semicircolare del braccio da destra verso sinistra. Il colpito quindi indietreggia sottraendosi ad ulteriori colpi. In quelle immagini registrate in Via Fratelli Zoia alle ore 19.33.30 quindi si riconosce Martinoli mentre accoltella il tifoso napoletano Giovanni Stabile».

La vedova Belardinelli

Nel corso delle indagini, il 14 gennaio, è stata sentita dai pm milanesi anche Cristina Bianchi, la vedova di Daniele Belardinelli. Sintetizza il gip Salvini: «La donna ha riferito che Martinoli ha trascorso il 25 dicembre insieme a Marco Piovella (anche lui arrestato nei giorni scorsi, ndr) e ad altri ultra dell’Inter nella casa di Daniele Belardinelli, a Morazzone. Che Martinoli è rimasto a dormire a casa di Belardinelli anche la notte del 25 dicembre e il 26 dicembre dopo pranzo si è recato a Milano per la partita insieme allo stesso Belardinelli. Che lo stesso era presente all’Ospedale all’arrivo della moglie; che lo stesso la sera dei fatti ha narrato alla Bianchi quanto avvenuto riferendo circostanze tali che non potevano non comportare la sua presenza sul luogo dell’aggressione tra cui il fatto che egli si era avvicinato a suo marito quando egli stava per essere caricato sulla macchina e portato in ospedale. Infine, che anche nei giorni successivi alla morte di Daniele Belardinelli, la moglie ha saputo da Martinoli stesso (oltre che da altri amici dello stesso che erano con loro il 25 dicembre) alcune circostanze (pur non dettagliate) sulla partecipazione agli scontri e sul ferimento del marito».

Si legge nell’ordinanza di custodia cautelare: «D’altronde l’ulteriore sviluppo delle indagini ha consentito di accertare tramite l’analisi di tabulati telefonici effettuati dalla Digos sull’utenza in uso a Piovella, che egli si trovava all’inizio dell’attacco delle adiacenze di via Novara e nei momenti successivi ha parlato con una serie di persone appartenenti alla sua area e già indicate nel presente procedimento e soprattutto ha avuto due lunghe conversazioni con un’utenza francese che è ampiamente ipotizzabile fosse in uso ad un esponente della tifoseria ultras del Nizza, circostanza anche questa su cui ha taciuto».

«Ciò si riflette anche sulla posizione dei nuovi indagati posto che appare sempre più evidente come l’azione di via Novara sia stata organizzata in dettaglio coinvolgendo da parte dei capi e comunque da parte degli esponenti più autorevoli della curva  gli elementi varesini e francesi».

Colpisce un passaggio del gip Salvini quando rivendica la necessità di incarcerare i due indagati: «I militanti più in vista della Curva hanno un potere di influenza particolarmente rilevante sui tifosi “subordinati” sulla base dell’ideologia del “cameratismo sportivo” e sono in grado di condizionare le dichiarazioni di coloro che potrebbero essere ascoltati dalla P.G e dagli inquirenti nel corso delle indagini».

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