Una delle tante assurdità del tifo napoletano degli ultimi anni che preferisce ispirarsi ai Righeira (uno è juventino) anziché alla propria tradizione
Oggi al San Paolo imperano i Righeira
Napoli ha il potere di resistere all’usura del tempo. O meglio, ha il potere di non lasciarsi contaminare dalla dozzinale cronaca. Napoli è lì, scolpita nel museo delle tradizioni e dei luoghi comuni, e resiste a dispetto di tutto. l’ultimo esempio ce lo ha regalato Carlo Ancelotti che nella sua ingenuità ieri sera a Tiki Taka ha dichiarato che canterà ‘O surdato ‘nnammurato al San Paolo in caso di vittoria di un trofeo.
Anche quest’estate, quando arrivò a Dimaro, nell’applicazione delle sue teorie sul gruppo, Ancelotti fece cantare quello che fino a qualche anno fa era indiscutibilmente l’inno del Napoli. Che ha accompagnato le vittorie degli azzurri da quella domenica del 1975 quando si vinse 1-0 a Roma contro la Lazio con gol di Boccolini (anche se non tutti sono d’accordo sulla sua origine).
Ancelotti, come tanti altri, non sa che ‘O surdato ‘nnammurato è incredibilmente e incomprensibilmente scomparsa dal repertorio musicale del San Paolo. Ne abbiamo scritto più e più volte. Assurdamente soppiantata da motivetti copiati dai Righeira – uno dei Righeira è juventino e non siamo stati nemmeno i primi a intonare il motivetto – come “Un giorno all’improvviso” oppure “Abbiamo un sogno nel cuore” o, ancora, “Siamo figli del Vesuvio”. Il motivetto dei Righeira è intonato più o meno in tutti gli stadi d’Europa. ‘O surdato ‘nnammurato è nostra, esclusivamente nostra, è una canzone simbolo di Napoli. Ma al San Paolo è scomparsa, col suo celebre ritornello: “Oj vita, oj vita mia”. Ancelotti è evidentemente legato al Napoli dei suoi ricordi da calciatore quando – per fortuna – la tifoseria azzurra non pensava nemmeno lontanamente di ispirarsi ai Righeira. Purtroppo non è più così da qualche anno.