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Repubblica: «Calcio e razzismo, un problema italiano. E oggi la Lega candida Lotito e Tavecchio»

Dopo il caso-Matuidi a Cagliari, si parla di nuovo dell’impunità per i razzisti da stadio: i precedenti di Rudiger e Koulibaly, l’impietoso confronto dirigenziale e giurisprudenziale con la Germania.

Repubblica: «Calcio e razzismo, un problema italiano. E oggi la Lega candida Lotito e Tavecchio»

L’articolo di Repubblica

Nel comunicato ufficiale di ieri del Giudice Sportivo, non c’è alcun riferimento al caso-Matuidi. A Cagliari, il centrocampista francese della Juventus è stato colpito dal solito, becero razzismo da stadio. Repubblica scrive che «non deve averli sentiti nessuno, quei cori. Né l’arbitro, né i delegati della procura federale, nemmeno le forze dell’ordine. E quindi nessuno paga: i tifosi razzisti saranno in curva anche per la prossima partita. L’ultima deriva del calcio italiano, che dietro il dito di norme tolleranti, di alibi preconfezionati e scorciatoie giuridiche continua a nascondere l’incapacità di punire chi offende un avversario per il colore della pelle».

Più che di ignoranza e arretratezza sociale, il quotidiano romano ne fa una questione di governo. Leggiamo: «I responsabili della questione sono tutt’altro che rigettati dal sistema. Per paradosso oggi la Lega di Serie A che prova a darsi una struttura di governo dopo mesi di vuoto di potere, potrebbe proporre come proprio candidato alla presidenza della Figc Claudio Lotito (in caso di elezione avrebbe una settimana per risolvere il conflitto d’interesse rinunciando alle cariche con Lazio e Salernitana). E punta sull’ex n.1 federale Tavecchio: come delegato alla riunione delle componenti domani, poi addirittura come presidente della serie A».

«Ma Lotito e Tavecchio sono gli uomini che hanno traghettato al naufragio la Federcalcio, da due mesi senza verti e e senza programmi. E chi si candida a prenderne il posto, Sibilia e Gravina, è al timone di due movimenti in cui intimidazioni e discriminazione abbondano. Un quarto degli episodi dell’ultimo anno riguarda i dilettanti; il secondo campionato professionistico con più incidenza di casi simili, dietro la predominante Serie A, è proprio la Lega Pro».

Solo in Italia

La seconda parte del pezzo di Repubblica sottolinea come il razzismo da calcio, non solo da stadio quindi, sia un problema così pesante solamente nel nostro paese. «I dati – spiega Reupubblica – dicono infatti che oggi, l’attività principale di intimidazione nei confronti dei calciatori di tutta Italia è proprio la discriminazione razziale». Pierpaolo Romani, curatore di un report dedicato dell’Assocalciatori, ha spiegato che a calciatori come Koulibaly e Rudiger capitano «diversi episodi spiacevoli». Proprio loro hanno dichiarato che l’Italia, da questo punto di vista, è «un caso unico».

C’è anche un riferimento all’iter della cosiddetta “discriminazione territoriale”, istituita come reato da stadio nell’estate del 2013 e poi ridimensionata subito: «Dopo tre mesi, condizionale che consentiva una sospensione al primo episodio e soprattutto il criterio della “percettibilità”. Se un coro non è avvertito da arbitro e delegati della procura, è come se non ci fosse stato. Così si sono salvate le curve di mezza Italia, ultima quella del Cagliari. Dall’anno dopo, la discriminazione territoriale diventava semplice offesa».

Insomma, siamo indietro. Molto indietro. Nell’individuazione dei responsabili, nella repressione di certi atteggiamenti. Si capisce quando Repubblica racconta ciò che avviene in Germania: «Nel 2014, il Borussia ha cacciato per 6 anni dallo stadio un tifoso che durante un minuto di silenzio urlò il saluto nazista “Sieg heil”. In Germania è prassi. Prima ancora che le istituzioni sportive sono le società a non volere tifosi razzisti nei propri stadi. E il sistema consente loro – con successo, tra l’altro – di prendere provvedimenti».

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