L’intervista di papà Aldrovandi a Repubblica: «Quelle bandiere sono solo una carezza a un ragazzo che non c’è più: non c’è odio, non c’è violenza»
L’intervista a Repubblica
La bandiera che raffigura il volto di Federico Aldrovandi non può entrare negli stadi italiani. Secondo il regolamento, mostrare quello stendardo è «un «comportamento provocatorio nei confronti delle forze dell’ordine». E questa «coreografia non autorizzata» è costata alcune multe ai tifosi della Spal, ma anche alle altre curve che hanno deciso di ospitare l’omaggio al ferrarese ucciso dai poliziotti nel settembre del 2005. Abbiamo preso in prestito le parole di Repubblica per parlare di un argomento che il Napolista ha già trattato, qui e qui.
Il quotidiano romano, proprio oggi, fa parlare Lino Aldrovandi, padre di Federico. Che usa un aggettivo severo, ma non esagerato: «È inaccettabile». La prima domanda fatta al signor Lino riguarda un dispositivo della Digos, in cui si definivano “Fogli riportanti il volto di una persona” i vessilli con l’immagine di suo figlio. La risposta di Aldrovandi: «Questo linguaggio, questo burocratese ottuso, questa cieca persecuzione di un ricordo interrompe quel percorso di comprensione reciproca e di dialogo che dal 2012 avevamo intrapreso con le forze dell’ordine, noi che abbiamo perso un figlio di diciott’anni a calci, pugni e manganellate».
Cosa rappresenta Federico
«I ragazzi della Spal e delle altre tifoserie introducono negli stadi assieme al volto di Federico un messaggio di pace e di fratellanza. Non c’è violenza, non c’è odio, non c’è alcun sentimento negativo. Solo una carezza a un ragazzo che non c’è più, che amava la sua città e la squadra che la rappresenta. Niente di diverso da quell’amore che i supporter della Ovest esprimono intervenendo a ogni iniziativa che portiamo avanti con la nostra associazione per tenere viva la memoria di nostro figlio. Quando ho visto la bandiera di Federico ho pianto a lungo, ho sentito un senso di bellezza e allegria».
Si tratta di una provocazione nei confronti delle forze dell’ordine? «Ma è solo un semplice drappo nel vento. Non vedo dove sia il male, ce n’è così tanto in giro e negli stadi spesso entra davvero di tutto. Salviamo quel che è bello e importante davvero. Ogni divieto e ogni multa è una coltellata al cuore».
La violenza nel calcio: «Ci sono individui e alcuni di loro sbagliano. L’errore più grande è parlare dei “tifosi” come di un corpo unico, quando invece la responsabilità, per il nostro codice penale, è sempre individuale. Ricordiamocelo. E non facciamo processi sommari, né processi alle intenzioni. Non dimentichiamo che parliamo di ragazzi che spesso provengono dalle periferie e che vedono nella partita un momento di uguaglianza e di aggregazione. I colori biancoazzurri riuniscono Ferrara come non fa nient’altro. Anche perché, per esempio, solo i tifosi ci hanno inviato messaggi di solidarietà. Non la Spal, non le istituzioni sportive».