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È difficile per i non titolarissimi adeguarsi alla velocità di pensiero del Napoli

Il lavoro di Sarri va molto in profondità, perciò prevede periodi di adattamento superiori alla media

È difficile per i non titolarissimi adeguarsi alla velocità di pensiero del Napoli
Callejon e Giaccherini (Hermann)

L’Udinese in Coppa Italia

Il rischio era grosso.

Il turnover esponeva Maurizio Sarri ad un doppio pericolo. In primis ad una possibile brutta figura in caso di eliminazione, o persino in caso di qualificazione maturata solo dopo i tempi supplementari. L’eventuale debacle sarebbe stata imputata allo scarso utilizzo di “titolarissimi”, con relative polemiche nei riguardi della società sulla cosiddetta “coperta corta” e sulla rosa insufficiente.

Nel caso opposto, una vittoria sonante con le seconde linee avrebbe dato il “LA” a nuove polemiche circa l’utilizzo con il contagocce di tanti giocatori reputati dagli osservatori esterni meritevoli di ben altri minutaggi in questo inizio di stagione.

La verità, come da tradizione, si è fermata nel mezzo. La partita contro l’Udinese è stata l’occasione giusta per mostrare un po’ a tutti le reali gerarchie in squadra. E che forse Maurizio Sarri,  pur nella sua coerenza che sfiora la testardaggine, ha ancora una volta dimostrato di vedere molto più avanti di qualsiasi osservatore esterno.

Il vero problema

Il problema della rosa del Napoli non è nella quantità di giocatori, pur se penalizzata dagli infortuni di Ghoulam e Milik, e forse neanche nella qualità dei calciatori stessi.

Il problema principale è nella velocità con cui questa squadra cresce e la diversa capacità dei vari calciatori di adeguarsi ad essa.

In passato si era già scritto in questa rubrica (non senza suscitare polemiche) del Milik di inizio stagione, sfortunato sì, ma comunque poco impiegato da Sarri prima del nuovo stop, e in realtà fino ad allora poco decisivo. Come se non fosse stato ancora capace di riadattarsi alla velocissima crescita del Napoli 2017-18.

Giaccherini

La partita di Coppa Italia ci fornisce un altro esempio lampante in Emanuele Giaccherini, invocato più volte (anche da queste pagine) come il rincalzo giusto per far rifiatare gli uomini di fascia.

Purtroppo è parso evidente che il calciatore monstre della nazionale di Conte durante Euro 2016 non ha la stessa velocità di pensiero e di esecuzione del resto della squadra. Magari le parole di Sarri nel post-partita sono sincere, probabilmente avrebbe solo bisogno di giocare di più.

Ma forse ci sono calciatori, spesso quelli già formati da un calcio diverso, che hanno più difficoltà a digerire il credo Sarriano fatto di tempi di gioco velocissimi ed automatismi mandati giù a memoria.

A tal proposito, le parole pronunciate due mesi fa da Pavoletti furono significative.

Anche perché si è spesso ironizzato sui tempi biblici di inserimento dei nuovi giocatori nel Napoli di Sarri.

Oggi sembra sempre più chiaro che il lavoro dell’allenatore va ben oltre ciò che immaginiamo.

Rog

Proprio Marko Rog, il calciatore da molti giudicato il più sorprendente durante la gara contro l’Udinese (anche se lungamente atteso dai tifosi), rappresenta invece l’esempio del lavoro e della crescita. Un anno e più di gavetta e panchina. Ora il ragazzo croato ha scalato le gerarchie e può essere considerato uno dei primi rincalzi dopo i titolarissimi. Crescita che è sotto gli occhi di tutti. Così come è stato per calciatori ormai stabilmente titolari come Koulibaly, o quasi titolari come Diawara.

I casi citati mostrano quanto sia ridicolo, perdonate il termine, il chiacchiericcio che puntualmente avvolge l’ambiente del Napoli prima del mercato di gennaio.

Richieste da parte della piazza di giocatori importanti, trasmissioni televisive e radiofoniche su cosa manca al Napoli, ricorrente rimpianto per i calciatori lasciati andare via, così come il ciclico ritorno ai ricordi di Grassi e Regini, recente simbolo, secondo molti, della più fallimentare campagna acquisti invernale del Napoli di De Laurentiis. E conseguentemente di uno scudetto sicuro, lasciato invece colpevolmente andar via per la tirchieria di un presidente che invece di spendere “si sa mettere solo i soldi in tasca”.

La realtà mostrata dal calcio globale è ben altra.

Il mercato di gennaio

I giocatori importanti non si muovono a gennaio. I top player non vengono in Italia,  tanto meno a gennaio. Al Napoli non mancano di certo giocatori in grado di fare la differenza, tantomeno possiamo rimpiangere di continuo quelli che sono andati via da Napoli.

Le squadre si fanno a giugno. E a giugno la scelta di squadra e allenatore, condivisa dalla società, è stata quella di rimanere insieme senza chiedere inserimenti ingombranti che sarebbero potuti divenire destabilizzanti.

La gente si rassegni, i tempi in cui a Napoli (e in Italia) era possibile comprare il calciatore più forte del mondo appartengono al passato. Il mercato invernale potrà solo cercare di tamponare le esigenze nate dagli infortuni e da carenze in alcuni ruoli.

I casi di Giaccherini e di Pavoletti (durante la scorsa stagione), contrapposti alla crescita nel tempo di calciatori giovani, e al lavoro quotidiano che ha portato allo straordinario miglioramento individuale e tecnico di molti giocatori (in primis Insigne e Mertens), dimostrano che essere titolari in questo Napoli non è per tutti.

Soprattutto non può esserlo in tempi brevi.

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