Una consuetudine dell’era De Laurentiis: Napoli rivitalizza o costruisce campioni, in campo e fuori. L’addio, quasi sempre, non porta a un reale upgrade.
Il concetto di De Laurentiis
«Sarri e Higuain? Io credo che il tecnico manchi al calciatore più di quanto il calciatore manchi al tecnico». Queste le parole di De Laurentiis, o comunque questo è il concetto che ha veicolato durante le interviste plurime rilasciate ieri. È una storia strana, quella del Napoli con i suoi migliori interpreti, calciatori e allenatori. Prendiamo Higuain, Cavani, Lavezzi, Benitez, Mazzarri. Praticamente nessuno, dopo Napoli, ha migliorato realmente il suo status. In molti hanno vinto, ci mancherebbe, ma tra una vittoria inattesa e da protagonista (quella potenziale a Napoli) e un titolo francese col Psg o italiano con la Juventus, c’è differenza. Cioè, nel senso: Lavezzi, Cavani e Higuain hanno vinto Ligue 1 e Serie A e coppe varie, ma sono andati via per la Champions. O comunque per un’affermazione internazionale, e definitiva, che non è mai stata raggiunta. La sola eccezione è probabilmente Cavani che ha continuato a segnare tantissimo pur senza mai raggiungere nemmeno le semifinali di Champions.
Idem con gli allenatori, l’emblema è il caso-Mazzarri: l’Inter come punto d’arrivo dopo la rincorsa con il Napoli, esperienza traumatica e poi addio. Oggi il buon Walter è praticamente scomparso, ci dispiace, non merita(va) questo oblio. Benitez è una storia più articolata, il suo progetto inglese oggi vacilla un po’ ma resta affascinante. Comunque si è sparato un campionato intero in seconda divisione, dopo Napoli. Mentre il Napoli faceva il record di punti storici.
Il cattivo
A questo punto, viene da chiederci: assodato che lavorare con De Laurentiis non debba essere un’esperienza semplice, lo immaginiamo e lo percepiamo, perché Napoli tende comunque ad esaltare certi talenti, certe situazioni? Ovviamente, questa domanda nasce dalle considerazioni delle ultime ore sul futuro di Sarri, sul suo legittimo desiderio di provare qualcosa di diverso, di più difficile, di più remunerativo a livello economico e di responsabilità.
Non mettiamo in dubbio il valore del tecnico, è sotto i nostri occhi. Però, come dire: e se Napoli fosse il suo ambiente ideale? Come per Mazzarri, viene da dire. Come per Lavezzi, in un certo senso anche per Cavani e Higuain. Magari come per Hamsik, lui per esempio ha deciso di limitarsi e di esasperare il legame di appartenenza pur di non rischiare.
In un certo senso, anche Sarri ha lanciato segnali di questo tipo nell’ultima intervista rilasciata, quella alla Gazzetta: «Devo molto a De Laurentiis», oppure «non so se avrei potuto lavorare con certe ingerenze da parte del club». Insomma, è un riconoscimento di come l’ambiente-Napoli e l’ambiente lavorativo del Napoli possano far rendere al meglio. Nonostante il cattivo De Laurentiis, nonostante i suoi contratti complicati e una gestione verticale del club. Nonostante tutta la narrazione intorno al presidente, sublimata in quel “Es tu colpa!” di Gonzalo Higuain al San Paolo in occasione dell’ultimo Napoli-Juventus.
Il futuro
Sarri è a un bivio, tutto ciò che deciderà, farà e sceglierà comporterà un azzsrdo enorme. Probabilmente, il suo “rischio calcolato” sarebbe restare a Napoli, per tutti i motivi di cui abbiamo parlato in questo pezzo. Vedremo come andrà, non possiamo saperlo, intanto chi è andato via continua a non poter definire perfetta la sua scelta, se non su interviste “ispirate” – diciamo così.
È la consuetudine della gestione De Laurentiis, è una cosa a cui tutti – tecnici, calciatori, tifosi – dovrebbero pensare. Basta rileggere la storia duale Mertens-Higuain per rendersene conto. Non cambiar la via vecchia per la nuova, a Napoli sembra funzionare proprio così.