Il portiere del Milan compie 18 anni e ci offre la possibilità di fare un approfondimento sulla capacità di costruire i campioni in casa. Anche il Barcellona è in crisi.
Essere un top player, già ora
Gianluigi Donnarumma, d’ora in poi Gigio, è già un top player. Lo è in pectore, ha dimostrato già di esserlo: non fosse altro che per il fatto che si è confermato. Capitò anche a Simone Scuffet la stessa “fortuna”, il giovanissimo portiere dell’Udinese fece lo stesso folgorante percorso iniziale. Oggi è la riserva di Orestis Karnezis, e Delneri è il quarto allenatore di fila che la pensa così. Come dire: può esserci un errore di valutazione. Anche due. Al terzo tecnico che la pensa così, uno finisce per farsi qualche domanda. E darsi qualche risposta.
Ecco, oggi Gigio Donnarumma compie 18 anni. Con 50 presenze in Serie A e nessuno di questi dubbi sul groppone. È il titolare di un club importante, il Milan, non ha praticamente concorrenza interna (il suo secondo è Storari) e già si parla del suo futuro come se si parlasse di un calciatore determinante. La Juve, il dopo-Buffon, i top club europei. Andare nel passato e trovare un’altra vicenda del genere vuol dire recuperare le misure di Del Piero, Totti, lo stesso Buffon. Roberto Baggio, a voler fare un bel salto. La categoria nobile e mai troppo poco affollata dei cosiddetti predestinati, definiti da un aggettivo abusato e improvvido. Prendiamo Balotelli, ad esempio: era un predestinato? Forse sì. Ha dimostrato, col senno di poi, di meritarsi questa etichetta? Lasciamo stare.
Eccezioni
Donnarumma, nel suo piccolo, è un Leo Messi. Un top player in proporzione. Quindi, ci viene da dire, un mix tra la fortuna della scoperta, la capacità di scouting, la bravura nel tirarlo su e il coraggio di lanciarlo. Della serie: il Napoli avrebbe potuto monitorare meglio la zona di Castellammare quando questo piccolo fenomeno cominciava a farsi notare? Certo. Avrebbe potuto tirarlo su fino a farne un punto fermo per il futuro? Più difficile che al Milan, certo: il fatto che loro abbiano prodotto, negli ultimi anni, calciatori di alto livello come De Sciglio e Locatelli, oltre a Donnarumma, vuol dire che scovano bene i calciatori e lavorano bene nella formazione. Il Napoli risponde col solo Insigne, può provare a giocarsi qualcosina con Luperto e Bifulco. Niente di trascendentale, insomma.
Quindi, come dire: colpa del Napoli che un napoletano come Donnarumma sia finito al Milan? Sì, certo. Si poteva fare di più. Colpa del Napoli se le giovanili azzurre non producano Donnarumma o anche De Sciglio vari? Sì, ma non del tutto. Intanto, perché c’è Insigne: la dimostrazione che il talento supera anche la carenza di strutture o di scouting. E poi ci sono i dati a mostrare che certi grandi “colpi” giovanili restano eccezioni. Ce ne sono di grandi, come Donnarumma. Ce ne sono di più piccole: Insigne, appunto. Poi Florenzi, De Sciglio, Locatelli. E ancora?
Talento, differenze e fortuna
Esatto. Non è questione dei club di provenienza, ma di talento. In pochi ce la fanno. Non per giustificare il Napoli, abbiamo scritto più volte, sopra, che il club partenopeo è manchevole da questo punto di vista. E che, per esempio, le strutture azzurre rispetto a quelle della Juve sono eufemisticamente carenti. Però, poi, quali sono i risultati?
Il rapporto CIES di due giorni fa ci dice che azzurri e bianconeri hanno lo stesso numero di calciatori prodotti in casa a giocare in Champions (Insigne e Marchisio, più il ragazzino Kean). Leggere i trasferimenti in uscita dei bianconeri negli ultimi anni vuol dire trovare incassi importanti, prodotti dalle giovanili, solo con Immobile e Marrone. Ovvero, 12 milioni in tutto. Un terzo, o anche meno, della cifra che incasserebbe il Napoli se decidesse di vendere Insigne. Una cifra che, come dire, fa la differenza tra un settore giovanile che funziona (quello della Juve) e uno che non funziona (quello del Napoli).
Un altro settore giovanile funzionante è quello della Roma? Sì, certo. Totti, De Rossi e Florenzi in prima squadra, e poi? Poi tanti calciatori ceduti e tantissimi altri in prestito fuori: basti pensare a Bertolacci e Romagnoli, a Ricci e Politano nel Sassuolo. La differenza tra un settore giovanile che funziona alla grande e uno che non funziona. Però, come dire: anche per i giallorossi, ci pare soprattutto una questione di talento. Per un Bertolacci che viene ceduto a peso d’oro, quanti Verde e Verre sono passati? Quanti Okoka che non hanno mantenuto le promesse?
Donnarumma e la Masia
Quindi, la verità è che tutto viene “deciso” dal talento dei calciatori. Le strutture e lo scouting tra i giovanissimi aiutano, anzi sono fondamentali per aumentare le possibilità di sviluppare in casa il talento. Ma Donnarumma è un’eccezione. In realtà, lo sono anche Totti, Florenzi, Marchisio e De Rossi. Lo è anche Messi, ai suoi livelli. Facciamo un gioco: da quanto la Masia non produce un calciatore che va in prima squadra da titolare nel Barça? Ve lo diciamo noi: da Sergi Roberto. E se non ci credete, nell’ultimo numero di Rivista Undici c’è un bel pezzo di Antonio Moschella che parla di come la produzione dei talenti catalani si sia letteralmente arrestata dopo la stagione del 1987.
Quindi, auguri a Donnarumma che è un caso isolato, a sé, un’eccezione assoluta. Un bravo a chi lavora benissimo (Roma e Milan) e bene (Juventus) al settore giovanile, una piccola tirata d’orecchie al Napoli (anche se Insigne…). Però, scandalizzarci per un Donnarumma che non c’è o un Verde non cresciuto nel Napoli è un po’ troppo. Del resto, l’abbiamo visto, è soprattutto una questione di talento.