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Ventinove ore di pullman dopo aver vinto il Mondiale di canottaggio

Franzoni e Nugnes medaglia d’oro juniores in Polonia. Merito di Fittipaldi il maestro che sta rilanciando il canottaggio posillipino

Ventinove ore di pullman dopo aver vinto il Mondiale di canottaggio
Franzoni e Nugnes
Nel bacino polacco di Poznan dove si è disputata la 32esima edizione della prestigiosa Coupe de la Jeunesse, che è un vero e proprio campionato mondiale giovanile, il canottaggio napoletano ha conquistato una vittoria in linea con la sua gloriosa tradizione. Dai fratelloni di Castellammare ai fratellini di Posillipo: il titolo è pronto, anche se per ora è solo un augurio, per celebrare nel modo più degno il titolo conquistato da Carlo Franzoni e da Raffaele Nugnes, trentaquattro anni in due, che nel 2 senza hanno dato sette secondi di distacco ai ragazzi della Gran Bretagna che si consideravano favoriti e ben dieci agli spagnoli. Un trionfo, insomma, che ha arricchito il medagliere italiano (due ori, otto argento e due bronzi) facendo schizzare la nostra squadra al secondo posto alle spalle proprio della Gran Bretagna. Alla vigilia di Rio, con Matteo Castaldo e tanti altri canottieri napoletani in cerca di gloria, il risultato che arriva dalla fredda Polonia è un felicissimo viatico.
Carlo e Raffaele, compagni di voga e amici per la pelle, il che non guasta, l’hanno fatta proprio grossa, insomma, e il Circolo Posillipo può essere fiero di questi due campioncini in rampa di lancio che possono davvero aspirare a grandi traguardi. Sul podio insieme a loro è salito anche Giovanni Fittipaldi il coach giovane anche lui e ambizioso forse ancora di più visto che in pochi mesi ha rilanciato alla grande il canottaggio posillipino che è di nuovo una fucina di giovani talenti. Proprio come accadeva un tempo che sembrava ormai scaduto. Carlo è il capovoga, Raffaele tira da matti alle sue spalle. In una barca difficile come il due senza – senza Peppeniello De Capua, per intenderci – l’affiatamento è fondamentale, anche il respiro deve essere sintonizzato se vuoi imprimere alla palata quel tanto di potenza in più che ti permette di superare l’avversario.
Giovanni, ex canottiere che è sceso dal carrello «perché non potevo aspirare a grandi traguardi a differenza di mio fratello Alessandro che, invece, era un talento naturale ed è stato tradito da un infortunio», ha curato prima il carattere dei due ragazzi e poi la barca. E ha centrato in pieno l’obiettivo dando ragione a chi lo accredita di una sfolgorante carriera. Soprattutto se conserva la modestia che sfoggia ora. Al ritorno da Poznan, dopo un viaggio in pullman durato 29 ore (anche questa è la grandezza degli sport poveri di soldi ma ricchi dentro) è visibilmente felice, ma si sforza di non darlo ad intendere. «Era importante, dice, creare le condizioni perché la barca potesse andare al meglio. Carlo, che è nato e vive, come il coach, in via Consalvo, e Raffaele, che è di Quarto ad un tiro di schioppo, lo hanno capito e si è creato quel feeling tra loro e me che è il presupposto per puntare in alto». Il resto è nel solco della grande storia del canottaggio che è sport di fatica e di sacrifici: se sei Abbagnale vinci, al di sotto non c’è trippa per gatti. I due allievi di Fittipaldi hanno dimostrato di avere grande fame: andranno lontano. Bravi a scuola – e questo non è secondario – ci hanno dato dentro con gli allenamenti ma la medaglia d’oro che hanno portato a casa è una grande ricompensa. Viva De Coubertin, insomma, e proseguiamo su questa strada.        
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