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La stagione perfetta di Jorginho, il miglior regista del campionato passato da 1 a 10

È lui l’argomento mainstream, il protagonista assoluto degli ultimi giorni legati alle vicende del calcio Napoli e della Nazionale italiana. Com’è cambiato, in un anno, il mondo di Jorginho Luiz Frello. Il primo giugno dello scorso anno, il giorno dopo Napoli-Lazio 2-4, il regista brasiliano (non era stato ancora naturalizzato) era reduce da un ruolino di marcia tremendo: sette partite giocate da titolare nel girone di ritorno, 14 nell’intero campionato. Sintomi numerici di un’involuzione paurosa, accertata, conclamata. Una roba che andava pure al di là di una inadeguatezza tattica assoluta al credo del tecnico Benitez, al suo doble pivote che in qualche modo non contemplava la poca robustezza dell’ex Verona.

Un anno dopo, cioè oggi, si discute e ci si indigna sul fatto che Jorginho non sia stato convocato in Nazionale per i prossimi Europei, sul come si fa a lasciare a casa il miglior regista del campionato, uno dei primi dei cinque top campionati del continente. È lo stesso Jorginho, ma è cambiato il mondo suo e quello intorno a lui. Nelle nostre biografie stagionali l’abbiamo scritto di Hamsik e Koulibaly, lo ribadiamo per Jorginho: l’arrivo di Sarri è stato un vero e proprio punto di svolta. Ed è anche semplice capire e scrivere perché. Il tecnico dell’Empoli non ha fatto altro che schierare Jorginho nel suo ruolo. Non nel suo ruolo preferito o in un ruolo creato apposta per lui. No, è tutto più facile di quello che sembra, non c’è bisogno di avventurarsi a trovare parole o frasi complesse. Jorginho è un centromediano di una linea a tre, con due calciatori che gli corrono e gli giocano accanto. Perfetto, pulito. 

Lo faceva a Verona, benissimo, con Mandorlini. È riuscito, dopo un anno e mezzo di equivoco tattico, a farlo a Napoli. Bastava piazzarlo lì, dove le sue qualità di regista lo collocano in maniera quasi genetica. E dove diventa perfetto per le qualità di questa squadra, per il suo nuovo modo di stare in campo e di cercare di imporre il gioco, di creare in maniera continua e martellante occasioni offensive. Jorginho non è esploso o rinato, né tantomeno si è rivelato. Ha semplicemente trovato un tecnico in grado di sfruttarne appieno le qualità. Benitez ci aveva provato, e aveva ottenuto risultati pure incoraggianti nella prima stagione. Nella seconda, invece, rendimento scadente. Sarri, invece, ha fatto in modo che il Napoli si modellasse su Jorginho, sul suo tipo di regia. Così è più facile diventare il miglior regista del campionato.

I dati

Una frase, l’ultima scritta, che è semplicemente verificata dai numeri e dalle cifre. Jorginho è il calciatore di Serie A che ha giocato più palloni in assoluto (3487), che l’ha fatto meglio in proporzione a tutti gli altri (91% di pass accuracy) e che ha la quinta quota di passaggi chiave dell’intero campionato, primo tra i cosiddetti registi (61). Hanno fatto meglio solo Hamsik, Borja Valero, Pjanic e Dybala. Nessuno di questi è un centrocampista “puro” come l’italobrasiliano.

Sopra abbiamo pure scritto che Jorginho rientra nella shortlist dei “migliori registi dei 5 top campionati europei”. Non è un’esagerazione, anzi. Ci siamo anche mantenuti bassi. Perché se pensiamo al possesso palla pensiamo al Barcellona. Magari al suo regista, che avrà toccato un’infinità di palloni, più di Jorginho sicuramente. Ebbene, Sergi Busquets si ferma a 2316. Nessuno, nei grandi campionati europei, riesce anche solo ad avvicinarsi alle cifre di Jorginho. L’ironia della sorte vuole che al secondo posto di questa speciale classifica ci sia colui che, a conti fatti, gli ha fregato il posto agli Europei. Parliamo di Thiago Motta, che con il Psg dominante e dominatore è arrivato a giocare 2929 palloni. Al di là dei gusti personali, sono i numeri a dire che c’è una differenza ampia e netta tra chi doveva andare agli Europei e chi, forse, avrebbe dovuto rimanere a casa. Ma questo è un altro discorso.

Jorginho ha aggiunto a questi superbi numeri da metronomo anche un contributo nuovo e insospettabile nella fase difensiva. Un tallone d’Achille del suo gioco che però è stato in qualche modo ridimensionato da un impegno importante in copertura: roba da 2,2 palloni intercettati a partita, da 2 tackle ogni 90 minuti, da 2,1 dribbling avversari intuiti e bloccati. Certo, ben poco rispetto ai 196 interventi difensivi totali di Magnanelli, ai 188 di De Roon e ai 180 (!) di Riccardo Montolivo (!!). Però neanche tanto male considerando il 25esimo posto per azioni difensive tra i centrocampisti e la fama di “scarso difendente” di Jorginho, calciatore forse troppo poco fisico per le battaglie spalla contro spalla e quindi più adatto a un recupero cerebrale del pallone, da attuare attraverso la copertura delle linee di passaggio avversario e anche il tackle con il giusto tempo. A volte anche fuori tempo, con il rischio fallo tattico sempre in agguato (è il calciatore più ammonito del Napoli, con 11 gialli e pure un rosso).

Il resto è calma, è magistero, è capacità di far salire la squadra in maniera armonica e di appoggiare e coprire perfettamente tutta la zona centrale del campo e di assorbire i tocchi dei compagni. Jorginho detta i tempi, tiene alto il ritmo della squadra. La palla arriva a lui e lui te la restituisce pulita, lavorata. Pronta all’ennesima azione offensiva. Jorginho è perfetto per il Napoli e il Napoli è perfetto per Jorginho. Non c’è altro da aggiungere.

Le prospettive

Le tante voci che parlano di Jorginho in uscita non sembrano trovare aderenza con la realtà, per fortuna. L’italobrasiliano, ad oggi, dovrebbe essere confermato come metronomo azzurro anche per il prossimo campionato e per quello che sarà il suo esordio in Champions League, al di là dell’effimero preliminare contro il Bilbao dell’estate 2014.

Quindi, parliamo ora del Napoli che sarà con Jorginho in campo. Abbiamo scritto e detto che Jorginho è perfetto per la squadra plasmata da Sarri, che Valdifiori non è adatto a questo tipo di gioco, che l’italobrasiliano è uno dei contributor fondamentali al disegno tattico dell’allenatore toscano. Tutto vero. C’è però qualcuno, al di là del ct Conte, che in Jorginho vede e legge anche un problema di questo Napoli. Che si basa tantissimo sul possesso palla e quindi, fatalmente, sull’apporto mentale e dinamico che Jorginho riesce a dare in questa squadra. Il “marcare Jorginho” è diventato lo slogan di tutti gli allenatori che hanno affrontato il Napoli, soprattutto dalla metà del campionato in giù. Non era una chiave tattica difficile da capire, e a volte bastava quella per inibire un po’ la grande bellezza della squadra di Sarri. Lasciare la prima impostazione a Albiol e Koulibaly vuol dire perdere metri e sensibilità di tocco, ma anche visione e lettura del gioco. Del resto, Raul e Kalidou fanno i centrali difensivi. Altrimenti, avrebbero fatto pure loro i registi.

C’è quindi una sorta di prevedibilità genetica in Jorginho e nel Napoli, che è causa ed effetto insieme. Certo, i risultati dicono che parliamo di una cosa bypassabile (41 punti in entrambi i gironi: della serie che Jorginho puoi anche marcarlo, ma non è sinonimo di vittoria certa, anzi), che avviene soprattutto quando l’avversario bada prima di tutto a non prenderle e quindi cerca di bloccare la tua prima fonte di gioco. Per superare questa prevedibilità, però, Jorginho potrebbe (dovrebbe?) forse cercare di ampliare il ventaglio di soluzioni personali. Qualcosa che vada al di là del pur importante appoggio in avanti o laterale per aprire un fronte offensivo. Una verticalizzazione in più, magari. Qualcosa anche di più rischioso, a scavalcare il pressing avversario o a fornire una soluzione diversa ai giocatori offensivi del Napoli, Higuain su tutti. Che ok, sì, ama ricevere e giocare il pallone pure da regista offensivo. Ma che di primo mestiere fa il centravanti. E quindi, ha il compito primordiale e principale di fare gol.

Jorginho deve saper offrire alternative al suo modo di giocare. Che vuol dire, conseguentemente, proporre una strada diversa anche allo stesso Napoli. È nelle corde, nelle possibilità della sua buona tecnica di base. Che forse non contempla grandi giocate di tiro puro, che sia una conclusione in porta o un’apertura panoramica oppure ancora un pallone lanciato sul taglio offensivo di Insigne o Callejon. Ma che può essere allenata, ampliata, estesa. Del resto, il tempo è tutto dalla parte di Jorginho, un classe ’91. Uno che poi ha anche bisogno di un sostituto che non sia completamente diverso da lui (come Valdifiori), e che anche per questo deve cercarsi dentro qualcosa di leggermente diverso. Sorprendere l’avversario che ti marca con un movimento differente o una giocata diversa spesso fa la differenza tra un campione vero e un semplice aspirante. Jorginho è passato in un anno da 1 a 10, ora deve salire a 11. Lo scalino più difficile, per lui e per il Napoli. Possono farcela, entrambi. Le possibilità ci sono, serve solo un pizzico in più di coraggio. Poi vediamo se il Conte di turno ti lascia a casa.

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