Il belga non è stato un lusso dell’allenatore. È nel cuore di ogni azione: due assist e un gol. Calcia il rigore, ispira Mctominay e anche Neres
Lukaku è la mente di Conte nello spogliatoio e in campo (Corsera)
Scrive Monica Scozzafava per il Corriere della Sera:
La squadra di Conte è ampia e variegata, subisce e attacca, si abbassa e poi va a pressare. Lukaku è nel cuore di ogni azione: due assist e un gol. Si procura e calcia il rigore per fallo di Sergi Roberto. Ispira Mctominay e anche il nuovo entrato Neres che infligge al Como il colpo di grazia. Big Rom non è stato un lusso di Antonio Conte, è la sua mente nello spogliatoio e in campo. È l’uomo che sposta gli equilibri. «Romelu sta crescendo — ammette l’allenatore — e andrà sempre meglio, vedrete», ci mette di nuova la sua faccia rispetto alla scelta di mercato fatta in estate. «Stiamo crescendo a livello temperamentale, sappiamo indossare abiti diversi, giochiamo a calcio e ci sporchiamo il vestito quando occorre». Conte ha lo sguardo disteso (finalmente) e felice.
Lukaku: «La mia mentalità è: ogni giorno devi dare di più. Gioco molto alla PlayStation»
Romelu Lukaku, attaccante del Napoli, ha rilasciato una breve intervista ai canali social del club. Ha ricordato le sue origini, la sua vita prima di diventare il Lukaku che conosciamo oggi. Di seguito le sue parole.
Lukaku:
«Sono Romelu Lukaku Bolingoli. Ho 31 anni e sono un attaccante del Napoli. Sono nato a Antwerp, una città nel nord del Belgio. Mio padre era un calciatore, siamo andati un po’ in giro: Antwerp, Liegi, Bruxelles. Quando siamo tornati, ho iniziato a giocare, avevo sei anni.
Gli allenamenti erano a 20 minuti da casa mia ma non avevo la macchina. Così sono andato a giocare in una squadra regionale. Ho giocato lì per un anno, poi è il Lierse è venuto a prendermi. Sono rimasto lì per due anni, abbiamo vinto il campionato del Belgio due volte e poi sono andato all’Anderlecht. Era la mia squadra del cuore da bambino.
Il debutto con l’Anderlecht è stata l’emozione più forte. Era una cosa che sognavo da quando avevo sei anni, stavo giocando per il più grande club del Belgio. Era come se rappresentassi la mia città.
Quando ho visto Vincent Kompany fare il suo debutto per l’Anderlecht, mi ha fatto pensare che se ce l’ha fatta lui, anche io posso farcela. Lui ha le mie stesse origini, suo padre è congolese, come il mio. Viene da Bruxelles, come me. Ha frequentato lo stesso settore giovanile. Quando lui ha fatto l’esordio, mi ha spinto a fare di più, a provarci.
Ho giocato la mia prima partita e ho pensato subito a fare gol. Cosa che ho fatto alla mia seconda presenza. Da ragazzo ero molto timido, non parlavo molto. Ero molto concentrato ad avere successo nel calcio ed è rimasto un po’ così.
Quando non conosco le persone inizialmente, prendo un po’ le distanza. Ma quando le persone stanno bene con me, ti do il cuore, l’anima. Però se vedo qualcosa di diverso, mi allontano un po’. Questo è rimasto però, per il resto, sono molto tranquillo.
Gioco un sacco alla PlayStation, i miei figli sono la cosa più importante della mia vita. Sono concentrato al 100% sul calcio perché è il mio lavoro ed è anche la mia passione. Mi piace giocare a calcio ma mi piace anche guardare un sacco di partite se non giochiamo.
Drogba è il mio idolo fin da quando ero piccolo. Thierry Henry, Ronaldo e Anelka anche. Devo dire anche Eto’o. Sono stato abbastanza fortunato da incontrare quattro di loro durante la mia carriera.
Quando su internet è uscita la notizia che c’erano contatti con il Napoli, subito… sai… non sono una persona che guarda tanto Instagram. Mi hanno detto “Oh, guarda i messaggi dei tifosi del Napoli!”.
Poi ho parlato con Mertens, lo conosco da quando avevo 17 anni. Avevo già una persona di fiducia che mi ha preparato per la vita qui. Qui rappresenti un’intera città e la sua gente. Questo è veramente bello da vivere. Poi ti dà un’energia, ti fa dare il massimo ogni giorno.
Quando guardi i giocatori, i fisioterapisti, i magazzinieri e tutti gli altri che lavorano qui, sono tutti napoletani che amano il club. Questo di fa sentire bene ma ti dà anche tanta tanta responsabilità, di dare tutto.
Alla mia presentazione ho sentito… è stato… ho detto “Wow!”. Ho sentito un’atmosfera diversa con una energia veramente positiva.
Ho già segnato ma abbiamo vinto, questa è la cosa più importante. Come giocatore, so che devo vivere giorno dopo giorno. Ogni giorno provo a dare qualcosa di più e poi vediamo i risultati alla fine della stazione. Come si dice in inglese, questa è la mia mentalità: Ogni giorno devi dare qualcosa di più. Alla fine vediamo dove arriviamo.
Io mi diverto quando finisce la stagione. Quando finisce la stagione, per i primi dieci giorni vado al mare con i miei bambini, gioco con loro, esco con i miei amici. Però poi quando si inizia la stagione sono 10 mesi di sacrificio dove tutti dobbiamo dare il 100%. Poi i risultati si vedranno alla fine. Se vinci va bene. Non vinci, devi fare di più la prossima stagione. Questa è la mia vita. Qualcuno può dire che sia noioso, ma non mi importa. Sono così. Questo mi ha aiutato a diventare il giocatore che sono oggi» .
Qualche parola in napoletano?
«No, no. Però quando vado dal fisioterapista la mattina. Loro parlano tra di loro, io provo a capire cosa i ragazzi si dicono ma è difficile. Piano piano ci arriverò, lasciami un paio di mesi e spero di poter parlare con qualcuno al supermercato, chi lo sa. Ciao tifosi del Napoli. Sono Romelu Lukaku, grazie per il sostegno alla squadra. Speriamo di far bene quest’anno».