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Meneghin: «Milano sta diventando una città non sicura, da tempo non indosso l’orologio»

Intervista al Corsera: «Non sopportavo gli arbitri grassi, non preparati. A casa sono un disastro. Volevo sturare la doccia, ho allagato la casa»

Meneghin: «Milano sta diventando una città non sicura, da tempo non indosso l’orologio»
Db Torino 04/07/2016 - Basket / Torneo di qualificazione Olimpica FIBA 2016 / Turchia-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dino Meneghin

Dino Meneghin, grande giocatore italiano di pallacanestro, con ogni probabilità il più forte di sempre, intervistato dal Corriere della Sera.

Ma lei il grande Dino collabora in casa?
«Caterina non mi fa fare niente. Anche perché, dico la verità, non sono tanto bravo. Giorni fa mi sono messo in testa di sturare la doccia, ho allagato la casa, ho fatto dei danni da migliaia di euro».

La parola giusta al momento giusto: questo è il leader.
«Senza mai invadere il campo tecnico, quello del coach: ho sempre rispettato i ruoli».

Per questo dà ancora adesso del lei a Dan Peterson, il suo allenatore nella grande Milano, anche se di Peterson è stato il testimone di nozze?
«Ho sempre dato del lei ai miei allenatori, da Nico Messina a Dan Peterson, passando per Gamba. Giusto così».

Il suo rammarico di non essere andato nella Nba.
«Ce l’ho, inutile negarlo. Ma le proposte, prima di Atlanta poi di New York, mi sono arrivate in momenti sbagliati. Mi consolo dicendo a me stesso: se rinasco, mi ripresento io alla Nba».

Senta un po’, i suoi nemici, i tifosi delle squadre avversarie, sostengono che gli arbitri permettevano di tutto a Dino Meneghin. Ride ancora:
«Parlano le mie espulsioni, i falli tecnici che gli arbitri mi hanno fischiato. Quando mi buttavano fuori ero il primo a fare autocritica. Ma non si può dire che ci fosse sudditanza psicologica nei miei confronti».

Lei ha sempre avuto un pessimo rapporto con gli arbitri.
«Non sopportavo quelli grassi, quelli non preparati. Faticavano a seguire le azioni. Mi facevano arrabbiare, ho sempre pensato che fosse una mancanza di rispetto».

Lei Meneghin sta bene a Milano?
«Una città che mi piace. Ma sta correndo un rischio: che si diffonda tra i cittadini la sensazione di vivere in pericolo: da tempo non indosso l’orologio, non mi sento più sicuro».

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