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Verratti: «Non volevo rimanere in Europa e rischiare di affrontare il Psg»

A L’Equipe: «Luis Enrique mi ha messo fuori rosa? Non la vedo come una cosa personale, non ho nemici».

Verratti: «Non volevo rimanere in Europa e rischiare di affrontare il Psg»
Db Palermo 24/03/2022 - Playoff Qualificazioni Mondiali Qatar 2022 / Italia-Macedonia del Nord / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Marco Verratti

Marco Verratti, ex Psg ora all‘Al-Arabi, è tornato a Parigi per qualche giorno e L’Equipe lo ha intervistato.

Eri molto commosso durante il tributo al Parco dei Principi (15 settembre). A cosa stavi pensando?

«Ho rivisto questi undici anni. Sapevo che era l’ultima volta che sarei stato su questo prato. Durante gli addii di altri giocatori, sono stato il primo ad essere commosso. Essere lì con la mia famiglia, i miei figli, è stato forte. Non tutti restano undici anni nella stessa squadra. Con le sessioni di allenamento, le partite, ho visto più tutti quelli del Psg che la mia famiglia».

Sei stato uno dei beniamini del Psg. Cosa pensi che piaccia ai tifosi di te?

«Penso che i tifosi vedano se dai tutto, se combatti per la maglia. Non sempre è andato tutto bene, ma non ho mai mollato».

Quando sei arrivato, all’età di 19 anni, come hai immaginato la tua carriera al Psg?

«Non avrei mai pensato di fare una carriera del genere. Stavo andando via dalla squadra della mia città (Pescara), in Serie B. Trovarmi qui con grandi giocatori è stato uno shock. Ma poi, mi è piaciuto tutto. Dalla città, al club. Non immaginavo di rimanere undici anni, ma ne sono orgoglioso. Sono affezionato al club. Anche i grandi club italiani in precedenza mi volevano, ma io non ho mai voluto tradire il Pescara».

Se dovessi ricordare un momento molto emozionante?

«Una delle cose che mi ha segnato di più è stata la mia prima partita, vittoria a Lione. Ho visto tutti così felici, così orgogliosi. Mi sono detto: dobbiamo dare tutto per vederli sempre così».

Ci sono stati anche episodi complicati. L’ultimo è stato ricevere insulti. Questo ha segnato una rottura?

«Fa parte del calcio. A Pescara è successo prima che partissi. Alcuni giorni sei idolatrato, altri i tifosi ti fanno sapere che non sono felici. Era più il mio entourage che era scioccato»

Negli ultimi mesi, ti sei posto domande sul tuo futuro al Psg… 

«Ci sono sempre periodi in cui succede. Quando ho ricominciato la stagione, mi è stato detto che non ero più nel progetto. Ho avuto un colloquio con l’allenatore (Luis Enrique), mi ha detto che non facevo parte dei suoi piani. È un grande allenatore, sta facendo buone cose con il Psg. Non l’ho vista come una decisione personale. Non ho mai avuto nemici in vita mia, preferisco le cose chiare. Il club mi ha offerto l’opportunità di sperimentare il calcio al massimo livello. Questo è quello per cui sarò sempre grato al Psg e non sarò mai contro le decisioni del club. Nel calcio le cose si evolvono. Ho giocato lì undici anni, forse vogliono qualcun altro. La cosa più importante è che restiamo in buoni rapporti.»

Torniamo al 2012. Hai 19 anni, come arrivi a Parigi?

«Venivo da una piccola città, mi sentivo un po’ spaesato con la paura di non potermi abituare. Ma mi sono sentito subito bene. Oggi, quando torno, mi dico che questa è la città più bella del mondo.»

Guardandoti indietro, quale periodo hai preferito?

«I primi anni eravamo un gruppo molto affiatato. I francesi, gli italiani, i nuovi… Eravamo amici, andavamo in vacanza insieme. All’inizio è stato un po’ difficile con i francesi, ma poi siamo stati sempre insieme. Tutti con lo stesso obiettivo. Poi abbiamo avuto la squadra più forte, ma meno unita. Quando si vince, è facile essere amici. Ma quando arrivano i primi problemi, vedi se siamo davvero un grande gruppo. Penso che questo sia stato il problema che abbiamo avuto dopo, non era più lo stesso.»

Con quali giocatori ti sei trovato di più?

«Zlatan [Ibrahimovic] ha portato molto al club, e non solo. Ha portato l’idea che dovevamo sempre sognare in grande. Anche quando non siamo partiti favoriti, Ibra ha dato fiducia a tutti. A volte poteva essere duro, ma in un gruppo, un ragazzo del genere ti fa crescere. Dopo di lui, ci sono tanti altri giocatori… Anche Kylian Mbappé ci ha portato in alto in campo».

Le partite che ti hanno segnato di più?

«Abbiamo giocato un sacco di grandi partite. C’è il 4-0 contro il Barça (febbraio 2017). Quella che abbiamo vinto al 90esimo contro il Real Madrid grazie a Kylian (8 febbraio 2022), o il 3-0 contro il Bayern (settembre 2017). In negativo, mi ha segnato il match contro il Barcellona (1-6, marzo 2017). Penso che non digeriremo mai una cosa del genere. Ma il calcio è bello anche per questo. Ho sofferto molto per le grandi sconfitte. Quando la gente dice: prende un grande ingaggio, non gli importa, domani andrà in un ristorante importante… fa male. Come se perdessi una persona cara, ti svegli di notte, non sai cosa hai, sei triste. Questi momenti ti fanno anche capire che ti importa davvero di un club».

I tuoi infortuni ti hanno privato di molte partite…

«All’età di 15 anni, mi stavo già allenando con i professionisti. Ora ne ho 30. Ma mi sento ancora molto bene fisicamente. L’anno scorso ho avuto due infortuni lievi ma ho giocato 35 partite; ho sempre perso 5 o 6 partite all’anno perché ero diffidato».

Ti piacerebbe tornare al Psg un giorno in altre funzioni?

«Mi piacciono molte cose nella vita, non so se vorrò rimanere nel calcio. Ho un ottimo rapporto con tutti, con Nasser (al-Khelaifi, il presidente). Vedremo. Verrò almeno a vedere le partite. Mi piacerebbe vedere il Psg vincere la Champions League».

La tua partenza per il Qatar

«Non volevo andare in un’altra squadra in Europa dove avrei potuto affrontare il Psg. Volevo avere un’esperienza diversa. Ho avuto questa proposta a Doha. Certamente il livello non è lo stesso ma mi prendo altri piaceri: far crescere il campionato e dare consigli sul futuro».

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