ilNapolista

Il calcio zitto su Israele e Hamas, la Premier ha un problema di antisemitismo (Telegraph)

Il Guardian: “è l’effetto dello sportswashing”: Quello del calcio è un silenzio imbarazzo ma interessato.

Il calcio zitto su Israele e Hamas, la Premier ha un problema di antisemitismo (Telegraph)
Palestinian militants attend the funeral of those killed in an overnight Israeli raid, in the occupied West Bank city of Nablus on October 25, 2022. Six Palestinians were killed in sweeping Israeli raids in the occupied West Bank, the Palestinian Health Ministry reported, in what the army said was an assault targeting the emerging "Lion's Den" armed group. RONALDO SCHEMIDT / AFP

“Solo nell’ultimo mese, ogni stadio della Premier League ha osservato un minuto di silenzio per onorare le vittime del terremoto in Marocco e delle inondazioni in Libia. Eppure, quando almeno 260 giovani sono stati uccisi in Israele sabato scorso, durante un festival musicale, la tragedia è passata senza commenti. Non un gesto, non una fascia, non una parola”. Per il Telegraph il silenzio del calcio internazionale e delle sue star su quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza è “un’omissione sconcertante”.

Invece, scrive Oliver Brown, questa poteva essere “uno spunto affinché il calcio riveli il meglio di sé. Dopo il massacro del Bataclan del 2015, quando 90 persone furono uccise dai terroristi islamici in una discoteca di Parigi, La Marseillaise fu suonata in tutti gli stadi della Premier League il fine settimana successivo. E dopo che un attentato suicida ha causato la morte di 22 persone durante un concerto di Ariana Grande a Manchester, sia il City che lo United hanno indossato magliette con l’emblema dell’ape operaia della città, mentre facevano una donazione al fondo di emergenza We Love Manchester. Ma finora, la risposta del calcio a un’atrocità senza precedenti da parte di Hamas si distingue solo per la sua inerzia”.

Brown ricorda che il calcio ha dato segnali di sé anche per l’invasione russa dell’Ucraina o sulle fasce One Love ai Mondiali del Qatar. E scrive di “proiezione cosmetica della virtù”.

Al netto delle varie prossime opportunità che la Premier avrebbe di procedere con qualche iniziativa, “persistono ansie su come verrebbero accolti eventuali silenzi imposti. Il bilancio dell’antisemitismo nel calcio è pessimo”. “Ma la semplice inazione, proprio in questo momento, non sembra una strada percorribile. La facciata di 10 Downing Street risplende con la bandiera israeliana. A tutti gli edifici governativi è stato ordinato di seguire l’esempio. Cosa aspetta, di grazia, il calcio?”.

“Offrire sostegno a Israele non significherebbe dilettarsi nell’ideologia ma affermare un’umanità comune, soprattutto per un gioco che altrimenti inciamperebbe nel fare la cosa giusta. Per quanto tempo ancora il calcio potrà restare passivamente in disparte? È una posizione non solo sconcertante, ma sempre più difficile da difendere”.

Il tema in Inghilterra è ampiamente dibattuto. Anche il Guardian interviene, ponendosi lo stesso problema: “Qui c’è il pericolo di entrare in un’Olimpiade del dolore con più eventi, con effetti ogni volta sempre minori – scrive Barney Ronay – Ma il fatto è che, una volta che inizi a farlo, o addirittura ti astenga dal farlo, anche quella scelta diventa significativa”.

Il calcio è il sistema di messaggistica del mondo. Si schiera e offre conforto. La Premier League ha subito preso di mira Ucraina e Russia, sotto istruzione del governo britannico. La risposta qui sarà il silenzio. A quel punto, maree devastanti e complesse di proprietà e influenza cominciano ad affollarsi ai margini del quadro. Negli ultimi anni il calcio si è semplicemente ribaltato e ha invitato ambiziosi attori sostenuti dallo stato a spartirsi i suoi organi interni in cambio di un ulteriore flusso di entrate”. Insomma, scrive il Guardian, quello del calcio è un silenzio imbarazzo ma interessato.

“La Premier League ha volentieri spalancato le porte a questo tornado di influenza politica, dove tali interessi ora non sono solo all’interno dell’edificio ma seduti al tavolo più alto. Si scopre che questo è l’aspetto del lavaggio sportivo. Non solo influenza e visibilità, ma un braccio di sanguinose relazioni internazionali proprio a portata di mano, vestito con i vostri colori, ancora celato, vagamente, dietro l’idea – risate nel buio qui – dello sport come forza del bene”.

ilnapolista © riproduzione riservata