ilNapolista

Carlo Verdone: «Uscimmo con Monica Guerritore 19enne, lei incontrò Alain Delon e se ne andò con lui»

Sul Corriere della Sera la presentazione di “Roma santa e dannata” il docu-film sulla capitale di Roberto D’Agostino e Marco Giusti

Carlo Verdone: «Uscimmo con Monica Guerritore 19enne, lei incontrò Alain Delon e se ne andò con lui»

Carlo Verdone e l’aneddoto sulla giovanissima Monica Guerritore. È una tante chicche del docu-film “Roma santa e dannata” che  Roberto D’Agostino e il critico cinematografico Marco Giusti presenteranno alla Festa del Cinema di Roma.

Ne scrive il Corriere della Sera.

«Roma è una città come la sedia elettrica è una sedia» è la sintesi del docu-film che D’Agostino e il critico cinematografico Marco Giusti porteranno alla Festa del Cinema di Roma. «Doveva intitolarsi “Roma santa e puttana”, ma non si può, perché poi Google censura a colpi di asterisco quella che considera una parolaccia — racconta D’Agostino —. Allora sarà “Roma santa e dannata”.

Il filo conduttore del film è un viaggio notturno sul Tevere. A bordo del barcone, D’Agostino e Giusti, «come Romolo e Remo, Dante e Virgilio, o come Tomas Milian e Bombolo». In mezzo i racconti dei protagonisti delle notti romane. Vladimir Luxuria svela i retroscena di “Muccassassina»: «Quando entrai in Parlamento più di un onorevole mi avvicinò per sussurrarmi: ti prego, non dire che venivo nel vostro locale. Io lo tranquillizzavo: ma chi ti ha visto, stavi sempre nella dark room», la stanza scura dei peccati inconfessabili.

Carlo Verdone rievoca un’avventura giovanile sulla Bentley decappottabile del suo amico — e futuro cognato — Christian De Sica: «Andammo a prendere una stupenda ragazza di 19 anni, vestita come un calciatore della Roma, con gli scarpini, i pantaloncini bianchi, la maglia giallorossa: era Monica Guerritore. La portammo al Number One. Ma lì lei trovò Alain Delon, e andò via con lui, senza dirci neppure ciao. E noi restammo lì, con Gigi Rizzi, Gianfranco Piacentini, e un ragazzo nudo che ballava ebbro su un tavolino, e ci gettava addosso noccioline e cubetti di ghiaccio: era Helmut Berger. Se è per questo — conclude Verdone — una volta, appena entrato al Kinky, mi arrivò in fronte un bicchiere, lanciato dal principe Alessandro Borghese che stava litigando con qualcuno. Dissi solo: riportateme a casa».

Carlo Verdone intervistato dal Fatto quotidiano, a firma Alessandro Ferrucci.

Veramente a casa ogni tanto arriva qualche fan, un po’ come l’altro giorno; anzi, in realtà capita tutte le settimane, magari li trovo appostati fuori dal cancello. Non credo sia giusto.

Non si sottrae ma, anche dalla serie, sembra non bastare mai.

Pure se spieghi alle persone “sto per perdere l’aereo o il treno” e sei obbligato ad andare via, sento alle spalle la frase “ma quanto è stronzo questo”.

Ci resta male.

Una volta in aeroporto hanno chiamato il mio nome: mancavo solo io; ma ero circondato da richieste di selfie o da telefonate alla moglie ricoverata. “Sentite? Devo andare” “A Ca’, un attimo, un selfie”. “Non posso”. “Non sei mica tanto simpatico”.

Ci vuole self control.

Totale.

ilnapolista © riproduzione riservata