ilNapolista

Patierno: «Domenica ero nell’inferno dei trasporti di Napoli, un miracolo che non ci sia stato il morto»

Intervista al regista: «Ho provato una rabbia enorme verso le istituzioni, loro dovrebbero proteggere i cittadini. Così Napoli non crescerà mai»

Patierno: «Domenica ero nell’inferno dei trasporti di Napoli, un miracolo che non ci sia stato il morto»
Italian director Francesco Patierno attends the photocall of the movie "Diva!" presented out of competition at the 74th Venice Film Festival on September 2, 2017 at Venice Lido. (Photo by Tiziana FABI / AFP)

A Napoli si è rischiato che il festeggiamento per lo scudetto (matematico o sospeso poco importa) finisse in tragedia. Dia andrebbe ringraziato, altrimenti la domenica partenopea probabilmente sarebbe passata tragicamente alla storia. Il piano sicurezza messo su dalle istituzioni (sindaco e prefetto in testa) è stato un disastro. Abbiamo ampiamente documentato l’odissea dei trasporti, il fallimento.

Tra i tanti che hanno vissuto momenti tragici solo perché volevano prendere la metro per andare o tornare dallo stadio, c’è anche Francesco Patierno, regista napoletano che ha firmato film come “Pater Familias“, “Naples 44“, “Diva“, “Camorra”, e ancora quelli con Diego Abatantuono, “Cose dell’altro mondo” e “La gente che sta bene”. Patierno ci racconta l’esperienza infernale vissuta domenica, giorno di Napoli-Salernitana. «È un miracolo che non ci sia scappato il morto», dice.

«Sono rimasto veramente sconvolto. Pur conoscendo Napoli, per quanto uno sappia cosa succede in questa città, è stato un incubo assoluto. Avevo letto il piano trasporti, ho pensato: “vuoi vedere che l’organizzazione della squadra sta influendo anche su quella della città, come ho sempre sperato?”. Invece è stata una catastrofe. Sono stato testimone oculare di scene mai viste».

Patierno continua il suo racconto:

«Premessa: non c’è stato il Covid, un evento improvviso, che ha trovato l’umanità e le istituzioni impreparate. A Napoli quando c’è una partita succede sempre la stessa cosa: chi ha la macchina, ha solo il problema del traffico al ritorno, ma chi non la ha deve aspettare ore la metro e non trova mai un taxi. Io non sono mai riuscito a trovare un taxi, quando sono venuto a Napoli per le partite, nemmeno prenotando in zone più distanti dallo stadio. Ogni volta è la stessa cosa. Allora, visti i possibili festeggiamenti per lo scudetto, con una città tra l’altro piena di turisti, dove non si trovava neanche un posto in un b&b o in un albergo, ti aspetti che si tenga conto dell’esperienza pregressa per organizzare una cosa a prova di bomba… sono venuto da Roma tranquillo, convinto che ci sarebbe stata la possibilità di spostarsi a piedi».

E invece?

«Invece ho trovato una situazione allucinante. Sono venuto con mio figlio, abbonato in Curva B. Lui è rimasto in stazione per prendere la metro e andare subito allo stadio, io invece ho voluto fare un pezzetto a piedi. Avevo il biglietto per la tribuna, volevo prendere la metro più avanti, a piazza Municipio. L’ho fatto, sono arrivato alla stazione Museo per prendere la Linea 2 per lo stadio ed è stata una catastrofe. C’era già una massa immane di persone bloccata da più di un’ora con i treni che non passavano o erano talmente pieni che aprivano porte e ripartivano senza poter far salire nessuno. Intanto ho sentito mio figlio che era da un’ora e venti bloccato in stazione, ammassato insieme agli altri come bestie. Non li facevano nemmeno passare. Resto alla stazione Museo per un’ora, intanto anche gli irriducibili tornavano indietro, ho iniziato anche ad avere paura perché mancavano due ore all’inizio della partita. Mi ero ormai rassegnato a farmela a piedi, i taxi neanche si fermavano, alla fine sono arrivato a piedi fino a piazza dei Martiri e ne ho trovato uno lì, che mi ha portato allo stadio».

Cosa è successo dopo la partita? Patierno:

«Finita la partita, sapendo che alla metro ci sarebbe stata folla, con gli amici che pure dovevano tornare a Roma ho deciso di fermarci a mangiare qualcosa per aspettare che sfollasse. Dopo un paio d’ore siamo andati alla metro e c’era una situazione che sembrava l’inferno. Una massa di persone fuori alla stazione bloccata dalla polizia che non faceva entrare, treni che non passavano. Ho aspettato un po’, poi mi è venuta l’intuizione di andare alla fermata Cavalleggeri. Quando sono arrivato ho visto le persone che uscivano dalla stazione perché erano due ore e mezza che i treni non passavano. Due ore e mezza».

Grazie al passaggio di un’amica incontrata per caso, Patierno riesce a raggiungere la Cumana. Racconta:

«Quella funzionava, ma abbiamo viaggiato come le bestie: eravamo tutti schiacciati».

Cosa hai provato nel vivere questo inferno?

«Ho provato una rabbia enorme verso le istituzioni in generale, che immagino si siano riunite, vista la situazione straordinaria, con i loro migliori cervelli per organizzare un piano in sinergia con tutti i mezzi di trasporto disponibili. Che poi nemmeno quelli su gomma si sono visti. Conosco persone che sono venute da Sorrento e che se la sono fatta a piedi da fuori città fino alla metro perché non c’erano autobus, e avevano anche dei bambini con loro. La rabbia che ho provato era rivolta a delle persone che in qualche modo compiono un’opera criminale verso quelli che sono loro fratelli, i loro concittadini, che stanno subendo una violenza inaudita da parte di chi dovrebbe proteggerli. Perché sono loro che hanno in mano il bottone».

Patierno continua:

«Ho visto scene assurde. La differenza rispetto a tante altre città è che, anche in una situazione del genere, invece di lasciarsi andare ad un’esplosione di rabbia, ogni tanto c’era qualcuno che cercava di stemperare con delle battute come succede a Napoli, ma era una roba assurda. Io non sono claustrofobico, ma c’è gente che si è sentita male, che ha premuto la maniglia della porta di emergenza per uscire perché non ce la faceva più. Vedevi il treno che si fermava ed era pieno. Io ho preso il treno all’altezza dell’Edenlandia, poi è arrivata la stazione Mostra e lì il treno, pieno zeppo, è rimasto fermo 20 minuti e non si capiva perché: zero annunci. Gli unici annunci che ho sentito erano ridicoli. Ad un certo punto, sulla Linea 1, all’andata, con il cartello che annunciava l’arrivo del treno dopo 7 minuti e che è rimasto sempre uguale per 40 minuti, l’altoparlante ha invitato i passeggeri a non rubare il materiale ferroviario per far circolare i treni. Ma uno si mette a rubare le rotaie? Quale materiale puoi rubare per alterare la regolarità delle corse?».

A Napoli i trasporti non funzionano nemmeno nelle normali giornate lavorative. Come ha fatto il sindaco ad immaginare che tutto andasse bene nel giorno dell’ipotetico festeggiamento per lo scudetto? Patierno:

«È quello che dico. Mi ricordo di quando il sindaco Valenzi, che in tanti ricordano come un esempio di sindaco rimasto nella storia, in un’intervista sdoganò il contrabbando perché era l’unica alternativa economica per tante persone che non avevano un lavoro, che lo Stato non poteva garantire. Dal suo punto di vista era meno ipocrita fare questo che professare intenzioni irrealizzabili di combattere il fenomeno, preferì scendere a patti con la realtà. Ebbene, sarebbe stato più onesto, da parte del sindaco di Napoli, dire: ‘signori, noi non abbiamo mezzi per garantire una cosa del genere, se volete venire a festeggiare dovete sapere che si creeranno situazioni totalmente ingestibili, ve la dovrete fare a piedi’. Ci sono solo 8 treni? Bene, non fai pagare il biglietto, lasci i tornelli aperti, solo con qualcuno a fare filtro e a bloccare quando non c’è più disponibilità di posti, ma se organizzi scientificamente un flusso anche di soli otto treni ogni mezz’ora funziona. Invece a Napoli è saltato proprio il banco».

Patierno si dice sorpreso del fatto che i giornali non ne abbiano parlato, il giorno dopo.

«Poi mi ha sorpreso, dopo una roba del genere, non leggere sui giornali della catastrofe, soltanto cenni ai problemi sulla Linea 2. Assurdo. Bisogna scatenare l’inferno sennò la città non crescerà mai. Napoli è diventata una città turistica, una cosa bellissima, ma dico io: organizzati per diventare una delle città più forti nel mondo, a livello di immagine. Già ci sono parecchi influencer internazionali che ci indicano come una città di riferimento per l’arte, la cultura, il calcio, con la squadra che dà un ritorno di immagine che nemmeno ai tempi di Maradona. Allora la rabbia è quella».

Ora vogliono confermare le zone rosse ma senza trasporti. Il Napoli non rientrerà nemmeno da Udine dopo la partita. Non è come se volessero impedire che i napoletani festeggino?

«È l’ammissione di una sconfitta, ma a questo punto è meglio, perché almeno la gente lo sa. Ti fa rabbia quando ti dicono una cosa e tu ti senti un idiota per una situazione del genere, perché ci credi. Io mi sono sentito un deficiente mentre aspettavo la metro».

Patierno continua:

«È un miracolo che non ci sia scappato un morto, è bellissimo avere una città come un’enorme oasi pedonale, ma devi garantire un minimo di rete, devi anche prevedere le reazioni della massa quando si trovano bloccate, chiaro che diventano incontrollabili».

Eppure non è stato così, i napoletani si sono comportati benissimo, anche se l’immagine della città, dopo lo spostamento della partita, ad esempio, è stata ancora una volta quella di una città extra-ordinaria: mai si era spostata una partita per uno scudetto. Come se stesse per arrivare la guerra mondiale.

«La straordinarietà è quella di una città che si gestisce da sola, la verità è questa. Da napoletano, oggi, anche se non ci vivo più dal ’90, mi è rimasta questa mancanza di senso di fiducia nei confronti dello Stato, perché quella ti resta indelebile dentro come un tatuaggio che può sbiadire, perché magari vivi da un’altra parte, ma ti resta sotto pelle. Sai che non puoi fidarti, ti gestisci da solo. In città c’è una rete sociale che garantisce la sopravvivenza alle persone che prescinde dagli aiuti dello Stato».

Patierno continua:

«Purtroppo c’è stato un totale scollamento tra i reparti, ognuno ha fatto i propri interessi. Non è possibile che ci sia stata una riunione tra metro, funicolari, dirigenti, dove ognuno firma e ci si mette d’accordo e ognuno rispetta il piano. Avrei pagato per assistere a una riunione del genere. Il discorso è questo: per fare il capo non devi avere solo la capacità di essere capo ma anche personalità, prenderti la responsabilità delle decisioni. Ripeto che la decisione è anche dire: “purtroppo la situazione è questa, non abbiamo mezzi per garantire spostamenti in città senza macchine private, quindi se pensate di arrivare allo stadio all’ultimo momento scordatelo, prendete Google Maps e andate a piedi”. Ma stabilisci un piano realistico di emergenza, non impedisci i festeggiamenti. Se tratti il cittadino da persona adulta lui si organizzerà a sua volta, l’importante è dirlo. Perché poi, se lo dici, ti liberi anche della responsabilità, è anche stupido fare il contrario. Se hai solo 8 treni non pretendo che ne devi trovare 20, tra l’altro sappiamo che treni sono quelli che girano a Napoli sulle metro: delle carrette che camminano per miracolo».

Patierno parla di improvvisazione.

«Questa è improvvisazione. Da sempre sono un sostenitore del presidente De Laurentiis, il successo del Napoli è frutto di un disegno, di una programmazione. Ora, quando una città si trova alle prese con qualcosa di così enormemente positivo per la città non puoi improvvisare. La rabbia che avevo è che per l’ennesima volta è stato improvvisato qualcosa sulle pelle delle persone. C’erano ragazzi e ragazze che venivano dal Comicon, che niente avevano a che fare con la partita. C’era chi aveva bambini al seguito. Quando la misura è colma le cose le devi dire perché altrimenti sei omertoso. La cosa incredibile e da elogiare è la reazione composta dei napoletani, anche di fronte alla delusione dopo il risultato della partita».

ilnapolista © riproduzione riservata