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De Laurentiis cade sulla sua materia preferita: il business dello sport in tv si basa sull’intervallo

Lo vorrebbe abolire, tirare “dritto per dritto”. Tra Super Bowl ed Nba le pause di gioco fanno incassi a 9 zeri: possibile che proprio lui lo ignori?

De Laurentiis cade sulla sua materia preferita: il business dello sport in tv si basa sull’intervallo

«Basta l’intervallo tra i due tempi, una partita deve essere continuata, dritta per dritta. Sai quanti giocatori paghiamo noi? 27! C’è tutto il tempo per giocare partite senza intervallo, giocandole dritte per dritte».

“E nel frattempo chi paga?” avremmo chiesto ad Aurelio De Laurentiis se fossimo stati in grado interrompere la grandinata di risposte che elargiva a Fabio Fazio con una naturalezza da consumato guascone. La trovata dell’abolizione dell’intervallo, però, ha lasciato un segno: ma come… tutto il business dello sport mondiale si affanna a sminuzzare ogni evento a la julienne nel tentativo di monetizzare le pause al mercato della tv, e lui – proprio lui! – propone di andare “dritti per dritti?”.

Chi segue l’Nba (sacrificando nottate di sonno e lucidità successiva) sa molto bene quanto time out e pause varie prolunghino lo spettacolo per ore, producendo eventi farciti di spot pagati a peso d’oro. Solo con l’ultimo quarto di Gara 6 tra Boston e Miami, l’altra notte, l’Nba avrà fatturato quanto un’intera stagione di agghiaccianti Sassuolo-Cremonese altrimenti detti pomposamente “monday night”.

De Laurentiis tradisce un’idea dell’intervallo ferma a quello della Rai degli anni 70, con la musichetta ansiolitica e le distese di pecorelle al pascolo in bianco e nero.

Eppure sono decenni che negli Stati Uniti la fruizione delle pause a scopo commerciale genera economie parallele da svariati zeri. L’esempio di scuola è il Super Bowl, la finale del campionato Nfl di football americano. Una fabbrica di soldi. Fra le trenta trasmissioni più viste nella storia della televisione americana, 28 sono edizioni del Super Bowl. E gli inserzionisti ovviamente ucciderebbero interi cda per accaparrarsi frattaglie degli spazi pubblicitari.

Trenta secondi standard sono venduti in media tra i 6 e i 7 milioni di dollari l’uno. La Fox (cui per rotazione era toccata la partita di quest’anno) aveva già venduto tutti gli slot commerciali a settembre del 2022. L’anno prima la Nbc registrò entrate pubblicitarie per circa 636 milioni di dollari, 578 dei quali soltanto dagli spot trasmessi nel corso della partita. Il taglio più pregiato della fiera si chiama Halftime Show. Lo spettacolo dell’intervallo, appunto.

Di esempi se ne potrebbero fare a decine, ma per restare a quelli macroscopici basta tornare all’Nba. La sola stagione regolare 2021-22 attirò più di 500 milioni di dollari di spesa pubblicitaria in inserti tv, con 112 brand che speserò oltre 1 milione di dollari l’uno.

Il calcio nostrano, nel frattempo, manda la pubblicità ad ogni cambio, cooling break, o spicciolo di sospensione del gioco. Perché ogni volta che la palla si ferma, e scattano gli spot, sono soldi. È economia for dummies. De Laurentiis vuole le partite dritte per dritte… e poi dicono che pensa solo ai soldi.

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