Alla Gazzetta: «Il calcio di oggi non mi diverte. Tutti passaggi laterali, pochi dribbling. E poi il protagonismo degli allenatori mi dà fastidio».
La Gazzetta dello Sport intervista Faustino Asprilla, di passaggio a Parma. Gli viene chiesto se gli piace il calcio di oggi. Risponde:
«Lo guardo, ma non mi diverte. Tutti passaggi laterali, pochi dribbling. E poi quegli allenatori che sembrano scalmanati davanti alle panchine e urlano ai giocatori che cosa devono fare… Avessero provato con me, li avrei sistemati io! Gli avrei detto: ‘Tu fai l’allenatore e siediti in panchina. A calcio ci gioco io e so come si fa’. Il protagonismo degli allenatori mi dà proprio fastidio, sembra che abbiano inventato il calcio e magari non sanno nemmeno stoppare un pallone».
Asprilla continua:
«Ma vi rendete conto che oggi, per avere un’inquadratura in televisione, ci sono gli assistenti che mostrano ai giocatori che devono entrare in campo come si devono muovere, che cosa devono fare, chi devono marcare? Siamo impazziti? Credete che i giocatori non sappiano quello che devono fare? Lasciateli liberi, fateli divertire e vedrete che ci divertiremo tutti molto di più».
La Serie A ti diverte?
«Poco. Non si vede una giocata di classe, di fantasia. Il Napoli, ecco il Napoli è una squadra che mi piace. Osimhen è davvero bravo».
Ma non quanto è stato lui, dice Asprilla.
«Vi ricordo che io ho giocato in Serie A quando c’erano Van Basten, Gullit, Baresi, Maldini, Del Piero, Roberto Baggio… Devo andare avanti? Io, per fare gol, dovevo superare gente come Baresi, Costacurta, Vierchowod. E qualche volta me li sono pure bevuti. Adesso chi sono i difensori? Contro chi gioca Osimhen? Non esiste paragone tra il calcio di oggi e quello in cui ho giocato io».
Asprilla continua:
«Leao ha dei numeri, ma deve essere più concreto. Se salti due uomini, poi devi fare gol. Non mi basta un cross e un passaggino in mezzo all’area. Lautaro è bravo, però non ha un centesimo della classe di Crespo o di Balbo, tanto per citare due miei ex compagni di squadra. E Lukaku è tutto muscoli, tutta forza: ma il calcio è libertà, è fantasia, è invenzione».
Lo scudetto è del Napoli?
«Direi di sì, anche se in una stagione si può sempre incontrare ostacoli imprevisti. Però hanno troppi punti di vantaggio e quelle dietro non mi sembrano delle corazzate».
Sul crollo il Milan:
«Succede, ma qualcuno forse si è dimenticato che l’anno scorso il Milan ha fatto un miracolo e i miracoli non si ripetono. Chi hanno comprato per diventare più forti? De Ketelaere lo conoscevi prima che arrivasse al Milan? Io non ne avevo mai sentito parlare. Per giocare nel Milan ci vogliono personalità, carattere, bisogna essere già formati. Adesso sento dire che per un nuovo arrivato serve un periodo di ambientamento. Bene, io sono sbarcato nel 1992 e alla prima stagione ho segnato 11 gol, ho vinto la Coppa delle Coppe, con una doppietta in semifinale, e mi sono piazzato terzo in campionato. Chiaro il discorso?».
Se eri tanto bravo, perché non sei diventato un campionissimo? Asprilla:
«Non avevo la testa. Non mi piaceva allenarmi, faticavo a capire quello che mi chiedevano gli allenatori, io ero abituato a giocare in libertà e invece qui bisogna essere fedeli alla tattica, guai se sgarri. E poi non facevo una vita da perfetto atleta: andavo a letto tardi, e quasi mai da solo, mi svegliavo tardissimo, mi piaceva frequentare i locali, le feste. Insomma, in tutto questo casino che era la mia vita, il calcio non era al primo posto. Questo è stato il mio limite. Però mi sono divertito tantissimo e credo di aver fatto divertire parecchie persone».
Oggi Asprilla ha un’azienda a Tulua in Colombia che lavora per il governo colombiano. Racconta cosa fa in azienda:
«Nulla, controllo che gli altri lavorino. La mia vita è sempre la solita: feste, balli, mangiate, bevute e donne. Tante donne. Non cambierò mai, l’allegria è il mio destino. Se vedo una bella ragazza, non riesco a non corteggiarla: è più forte di me. E ti dico la verità: ringrazio mia madre e mio padre di avermi fatto così. Prendo la vita alla leggera e me la godo. Su questa terra non stiamo mica in eterno, almeno cerchiamo di essere allegri per il tempo che ci è concesso».