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La strategia del rigorista volante non convince

Se proprio deve essere così, ci si alleni alla serietà del gesto come ha fatto Elmas. Il gol di Osimhen: 25 metri in 8 falcate e in 4 secondi

La strategia del rigorista volante non convince
Mp Genova 08/01/2023 - campionato di calcio serie A / Sampdoria-Napoli / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: esultanza gol Eljif Elmas

Bisognava vincerla, ad ogni costo, per cacciare via i brutti pensieri nati dopo la sconfitta con l’Inter e per arrivare a giocarsi lo scontro diretto di venerdì prossimo contro la Juventus con la “giusta distanza”, dopo aver ribadito quale sia, ancora, la capolista.

La partita, sebbene sia sempre sembrata in controllo da parte del Napoli, ha nascosto non poche insidie, soprattutto fino all’espulsione di Rincon: non solo per le occasioni da gol che pure la Sampdoria ha creato, ma anche per l’incapacità del Napoli di chiuderla anzitempo, in virtù di non poche imprecisioni sia nel momento conclusivo dell’azione, sia, cosa ancor più importante, per l’incapacità di realizzare da fuori area.

Sembra, questo, un inciso irrilevante, ma non lo è: ieri pomeriggio, grazie ad un discreto giro palla nella tre quarti avversaria (facilitato dall’uomo in più), il Napoli è arrivato a calciare da fuori e dalla linea dei 20 metri più volte (con Lobotka, con Ndombele, etc.) con un suo giocatore che seppure libero da opposizioni avversarie (e quindi in grado di preparare il tiro nel rispetto di tutti i previsti fondamentali) non ha mai preso nemmeno lo specchio della  porta.

Non è cosa da poco, i tiri da fuori spesso risolvono proprio quelle partite in cui si fa fatica, per la “densità” che gli avversari oppongono nella loro tre quarti, a trovare gli spazi che garantiscono l’imbucata dentro l’area di rigore, e purtroppo il Napoli sembra non avere questa caratteristica (o per lo meno: sembra non sfruttarla a dovere) seppure abbia in squadra buoni tiratori (Zielinskli, Ndombele, Elmas, Kvaratskhelia, che anche ieri non ne ha azzeccata una ad avviso di chi scrive).

Ciò detto, è stata una partita in cui ancora una volta Osimhen ha fatto la differenza, e che differenza.

Sembra finalmente essersi ripreso anche lui dalla partita “storta” di mercoledì sera, ed è tornato ad essere non solo il punto di riferimento, in fase di “uscita” e risalita del campo, per gli appoggi dei compagni vuoi sulla figura, vuoi nello spazio da aggredire, ma sembra anche essere tornato, ad avviso di chi scrive, il leader carismatico della squadra.

L’uomo, cioè, che con il suo atteggiamento, prima ancora che dettare il pressing alla squadra avversaria, detta in modo vero e proprio i tempi ed i modi con cui aggredire la partita, costringendo i compagni a stare sempre sul “pezzo” ed a mantenere la giusta velocità di esecuzione dei movimenti con e senza pallone.

Eccezionali sono state le pressioni, pressoché da solo, alla difesa della Sampdoria quando provava a costruire le sue azioni dal basso, mettendo sempre in difficoltà il primo portatore di palla e spesso chiudendo intelligentemente le linee di passaggio che riteneva più praticabili da parte degli avversari (specie su Augello), così come eccezionale è stata l’azione in cui si è procurato il rigore, in cui ha di fatto non saltato, ma proprio letteralmente spostato i due avversari che hanno provato a chiuderlo (per inciso: se Rincon non lo avesse falciato in quel modo, l’attaccante nigeriano sarebbe stato a tu per tu con il portiere, e quindi espulsione più che giusta).

Ed eccezionale è stato, a ben guardarlo, il suo gol.

L’azione è di quelle solite e tipiche del Napoli di quest’anno.

Mario Rui porta palla nella tre quarti avversaria accentrandosi (perché esterno alto, Kvaratskhelia, gli apre quello spazio stazionando sulla linea del fallo laterale); a quel punto basta la solita occhiata, anche perché il portoghese (stagione da assist man incredibile la sua), che si è allenato in questa giocata per mesi, sa che il suo compagno andrà ad aggredire quello spicchio dell’area di rigore proprio dietro ai due centrali che stanno cercando di stringergli addosso.

A questo punto, prima ancora dell’intesa tra compagni e della delicatezza del tocco che Mario Rui imprime al pallone per recapitarlo laddove deve, è impressionante la velocità con cui Osimhen attacca lo spazio ed arriva all’impatto con il pallone.

Il centravanti, scattando ed infilandosi in mezzo ai due centrali difensivi avversari (e siamo alle solite: lui che corre aggredendo lo spazio di faccia, i difensori avversari costretti a stargli dietro con la difficoltà che comporta anche il non dover perdere di vista il portatore di palla e lo stesso pallone), copre almeno 25 metri ci campo con sole 8 falcate in appena 4 secondi (contati), e cioè mette nella giocata una velocità di pensiero e di esecuzione che di fatto lo rendono, come lo hanno reso, assolutamente immarcabile.

Dopo di che è bravissimo nell’impatto con il pallone, a cui basta una zampata per finire in rete, ma a quel punto gli avversarti lo avevano già perso proprio grazie a quanto sopra.

Incredibile, un gol da centravanti di livello mondiale.

Sul secondo gol c’è ben poco da dire, per lo meno sul modo in cui nasce.

E’ frutto, a ben guardare, della solita giocata offensiva di Elmas, che da terzo esterno di attacco va giustamente a riempire l’area stringendo vicino ad Osimhen e che, grazie a questo movimento, si ritrova addosso il pallone dopo un rimpallo, che con tocco delicato manda a sbatter contro il braccio del difensore della Sampdoria.

Fino a qui, tutto normale.

Non sembra, invece, essere normale il fatto di trasformarlo come si deve: si sceglie l’angolo, e si piazza il pallone con tiro forte ed  alzandolo laddove il portiere avversario mai potrà arrivarvi (senza “telefonare” la traiettoria già con la rincorsa come invece ha fatto Politano).

Sono dettagli che fanno la differenza: io non sono d’accordo sul fatto che i rigori debba tirarli chi si sente di tirarli, come pure mi è sembrato di aver sentito e letto sul punto.

Ma se proprio deve essere così, cioè se vale la strategia del “rigorista volante” (tira chi si trova, come da bambini parava chi si trovava), che almeno si allenino i giocatori alla serietà del gesto, perché i rigori non si possono sbagliare e perché da qui in poi ogni errore farà la differenza.

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