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Mazzola: «Pelé pareva fatto di gomma. E poi era furbissimo, ti fregava sempre»

A La Repubblica: «Era un alieno, sorrideva sempre, era l’allegria del gioco, pura bellezza. Non guardava mai la palla, la sentiva».

Mazzola: «Pelé pareva fatto di gomma. E poi era furbissimo, ti fregava sempre»
1971 archivio Storico Image Sport / Inter / Roberto Boninsegna-Sandro Mazzola / foto Aic/Image Sport

In un’intervista a La Repubblica, Sandro Mazzola racconta Pelè.

«C’è stato Pelé, e poi tutti gli altri. Lo guardavo giocare, lì, sullo stesso campo e non credevo ai miei occhi. Era a due metri, ma era sulla Luna. Oggi se ne va una parte di me».

La prima volta che si incrociarono in campo fu a Messico ’70, allo stadio Azteca.

«Entrammo in campo per il riscaldamento e guardavamo soltanto lui, come si muoveva, cosa faceva. Gli osservai le scarpe, cercando di carpire chissà quale segreto, se avesse i tacchetti di gomma o di cuoio, come potesse accarezzare il pallone in quel modo. Inseguivo la risposta a un segreto che risposte non ha: si chiama arte».

Pelé, che conosceva il Grande Torino, parlò a Mazzola di suo padre. Una cosa che lo colpì molto.

«A un certo punto, nel riscaldamento si avvicinò e mi disse: “So chi era tuo padre e tu sei degno di lui”. Mi mancò il respiro, quella frase mi paralizzò. Dopo, non ricordo nemmeno come la giocai quella finalissima».

Giocare contro Pelé fu come giocare contro Dio.

«Quando ci schierammo a centrocampo prima dell’inizio, eravamo ancora tutti lì a guardare Pelé. Era come giocare contro Dio, eppure mica eravamo ragazzini. Un’emozione del genere non l’ho mai più provata in vita mia».

Pelé fu il più grande di tutti i tempi? Mazzola risponde:

«Difficile dirlo, ma secondo me sì. Pelé era un alieno. Mi lasciava stupefatto quando dribblava lungo la linea del corner, senza mai perdere il pallone. L’aveva incollato al piede e lo accarezzava come non ho più visto fare da nessuno, nemmeno da Maradona e Messi. E poi, sorrideva sempre: vorrei che i ragazzi di oggi vedessero quei filmati. Pelé era l’allegria del gioco, la pura bellezza».

Cosa la impressionava di più? Mazzola:

«Ovviamente la tecnica incredibile, ma anche il fatto che Pelé non guardasse mai il pallone o l’erba. Lui, la palla la sentiva. Gli occhi erano sempre rivolti al gioco, in alto».

Era marcabile?

«Penso di no. Perché passava il pallone al compagno e poi scompariva, si smaterializzava per riceverlo di nuovo. Era agilissimo, una saetta e ti fregava sempre. Pareva fatto di gomma ed era furbissimo. Valcareggi aveva deciso un raddoppio di marcatura continuo: non servì a niente».

 

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