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Zerocalcare: «A calcio ero una pippa. Tifo Roma ma non ne parlo mai perché dicono che porto sfiga»

Alla Gazzetta: «Non posso neanche nominarla la squadra. Mamma e nonna sono francesi. Nel 2006 ero contento della capocciata di Zidane»

Zerocalcare: «A calcio ero una pippa. Tifo Roma ma non ne parlo mai perché dicono che porto sfiga»
Mc Roma 08/06/2023 - photocall serie animata Netflix ‘Questo mondo non mi renderà cattivo’ / foto Mario Cartelli/Image nella foto: Zerocalcare

La “Gazzetta dello Sport” ha intervistato il fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, in occasione dell’uscita del suo ultimo lavoro “Quando muori resta con me“.

Zerocalcare ha raccontato della sua passione per il calcio.

Siamo sulla Gazzetta e te tocca parlare di pallone. C’è una squadra del cuore, no?
«Sì (la Roma, ndr), ma mi è stato detto che non devo parlarne mi bloccano durante le partite, anzi non devo andare in tournée dove gioca né pronunciare quel nome. Dicono che porto sfiga: che devo fare? Non sono mai riuscito a connettermi emotivamente, però il calcio mi interessa».

Non tiferà per l’Italia di Spalletti all’Europeo?
«Sono sempre stato combattuto tra le mie due identità: mamma e nonna sono francesi, ho mantenuto la doppia nazionalità. Diciamo che tra i francesi mi sento italiano e tra gli italiani francese. Però, se qualcuno che vuole vedere l’Italia, anch’io finisco sul divano. La finale la vedo. Ma non sto in fissa».

E a Berlino 2006 tifava per…
«Ehm, ero contento della capocciata di Zidane, posso dirlo? Zizou aveva un carisma speciale, l’idea che reagisse con una testata a un’offesa mi piaceva».

Zerocalcare: «Totti trascende il calcio, è un pilastra della romanità»

Però in quell’Italia c’era Totti: non mi dica che da romanista…
«Totti è Totti, trascende il calcio, gli riconosco di essere un pilastro della romanità. Non mi importa che sia un gran giocatore, ma che sia riuscito a identificare squadra e città. Non ho pianto al suo addio, non riesco a sentire mio quel rito collettivo e mi dispiace».

Altri che la intrigano?
«Quelli, diciamo, letterari. Gascoigne, per esempio. Se fossi stato della sua squadra e della sua parte politica, magari Di Canio. Non sono nessuna delle due cose, ma ammiro le persone che sono riuscite a rimanere simbolo di qualcosa».

De Rossi?
«Mi sta simpatico. Ma non mi fa l’effetto di Totti».

Nei romanzi non c’è mai il calcio, come se non facesse parte del suo immaginario.
«Ero una pippa totale. Mi mettevano in difesa accanto a un bravo, per fare meno danni, anche al game-boy e alla play: non ero uno dei bravi».

Mai stato allo stadio?
«Da bambino non ho memoria. Da grande sì, ma non mi vogliono, gliel’ho detto. Abitando a Roma, e avendo amici allo stadio, confesso che mi interessano le dinamiche del tifo: più che commentare la partita, commento la vita della curva, gli avvicendamenti, chi viene cacciato, chi ritorna».

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