Alla Gazzetta: «Poteva giocare ovunque, anche lì. Avrebbe dovuto accettare e rinunciare a qualcosa per la squadra. Se nutro stima per Mou? Diciamo che mi piace ascoltarlo».
Anche sulla Gazzetta dello Sport, oltre che sul Corriere della Sera, oggi c’è un’intervista a Zeman. E’ in uscita la sua autobiografia: «La bellezza non ha prezzo». Nel libro scrive che l’unico calciatore al mondo capace di vincere da solo, fuori dagli schemi, era Maradona. Gli chiedono se nel 4-3-3 ci sarebbe stato un ruolo adatto a lui.
«Lo avrei trovato. Lui poteva giocare ovunque. Davanti o… forse no, mezzo destro o mezzo sinistro».
Lo avrebbe trasformato in centrocampista?
«Poteva benissimo giocare lì. Avrebbe dovuto accettare e rinunciare a qualcosa per la squadra».
Zeman parla della Roma. Nel libro racconta che quando tornò la seconda volta, una delegazione di calciatori gli chiese di posticipare di un’ora gli allenamenti, perché c’era “chi doveva accompagnare i figli a scuola, chi la moglie da qualche parte, chi aveva bisogno di dormire un po’ di più per smaltire qualche nottata allegra”. Lui li ascoltò e anticipò le sedute. Qualche partita dopo venne esonerato, e gli allenamenti furono immediatamente spostati dalle 10 alle 11.30.
«Ormai è difficile fare due volte la doppia, perché i ragazzi sono stanchi. Ma che vuole, una volta c’erano i contratti annuali: se non facevi bene, non venivi confermato. Oggi i calciatori firmano per cinque anni. E anche se si allenano male o giocano male prendono il loro stipendio».
Alla Roma ora c’è Mourinho. Cosa pensa dell’accusa di scarsa professionalità, di tradimento, a un suo calciatore. Lei lo avrebbe fatto?
«Io no. Però Mourinho può fare questo e altro, visto che gli viene permesso. Lo scorso anno disse di avere calciatori di serie C… Può essere che non fossero i più bravi al mondo, ma qualcuno li avrà pur chiamati a giocare in serie A. O no?».
Per Mourinho ha molta stima?
«Molta stima… Diciamo che lo ascolto volentieri, anche se non sono sempre d’accordo con quello che dice. Mi piace sentirlo».
Zeman conclude:
«Vorrei fare ancora l’allenatore. Per questo – è una battuta – non volevo scrivere questo libro. Dicevo: fatelo dopo che sono morto».