Ferlaino era in piena gestione del suo declino deflagrato con Tangentopoli. Ci volle De Laurentiis per rivedere le coppe
Toh, l’Eintracht Francoforte
Non è banale il precedente in Coppa Uefa tra Napoli e Eintracht Francoforte. Quel doppio confronto segnò uno spartiacque nella storia del club. Il Napoli aveva imboccato ormai da tre anni il viale del declino. Ossia da quel marzo 1991 quando Diego Armando Maradona – da solo – fu costretto a scappare da Capodichino dopo la squalifica per doping. Andò via di notte. La storia è nota. Venne trovato positivo dopo la partita Napoli-Bari. Quello stesso giorno, Luciano Moggi rassegnò le dimissioni. Come avrebbe scritto De André per questioni più serie:
Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno
La rotta si era invertita. Già da qualche mese. Il secondo scudetto fu l’ultimo grande successo. Con quell’immagine su Diego triste alla festa del tricolore, Josip Kapadia centrò perfettamente il punto. Seguì l’illusione della Supercoppa italiana col 5-1 sulla sciagurata Juventus di Maifredi.
L’avvento di Berlusconi aveva cambiato il calcio italiano. E non solo. Soprattutto, nel frattempo era scoppiata Tangentopoli. Si era sgretolato l’architrave economico-politico su cui si basava il potere di Corrado Ferlaino. È una storia sempre troppo poco raccontata. Senza la Democrazia Cristiana, senza il Pentapartito, senza il Banco di Napoli, Maradona a Napoli non l’avremmo visto neanche col cannocchiale. Era un’altra Italia. Uno non valeva uno. Ci si pesava. E ci si legava a cordate vincenti. Ferlaino fu molto abile in questo.
Mario Chiesa e il Pio Albergo Trivulzio diedero il primo colpo di una valanga che avrebbe squadernato l’Italia. Nulla più sarebbe stato come prima. La valanga ebbe conseguenze anche per il microcosmo calcistico napoletano che già annaspava dall’addio di Maradona. Cominciò il lungo periodo in cui Ferlaino gestì il suo tramonto cercando di allontanare la fine della sua epoca. Non ci fu mai sviluppo. Il periodo dal 91 al 2004 è del tutto privo di visione e sviluppo. Altro che “siamo stanchi di arrivare secondi”.
La stagione 94-95 fu l’ultima europea del Napoli. Lippi era approdato alla Juventus dove avrebbe cominciato il suo grande ciclo. In panchina c’era Vujadin Boskov che subentrò a Vincenzo Guerini esonerato dopo sei giornate. In quel Napoli c’erano Fabio Cannavaro, Cruz, Taglialatela, Bordin, Pari, Pecchia, Boghossian, il condor Agostini, i poveri Imbriani e Rincon.
Il Napoli incontrò l’Eintracht agli ottavi, dopo aver eliminato lo Skonto Riga e il Boavista. La squadra di Boskov perse entrambe le partite per 1-0. E al ritorno, al San Paolo, un lancio di bottigliette dopo il gol di Falkenmayer portò alla squalifica europea dello stadio. Ma quel Napoli si riaffacciò all’Europa solo dopo quattordici anni. Dopo aver visto una Coppa Italia sfumare perché l’orgoglio di Ferlaino lo spinse a esonerare Gigi Simoni per Montefusco e perdemmo la finale contro il Vicenza. L’anno dopo, la prima retrocessione. Non avevamo ancora visto il diarcato Ferlaino-Corbelli, Palummella in tv a esonerare Zeman, la presidenza Naldi, il naufragio, il fallimento, il fosso scansato Gaucci (sostenuto dagli ultras). Fino all’arrivo di Aurelio De Laurentiis, nel 2004 proprio dieci anni dopo l’Eintracht Francoforte.
Il Napoli rientrò in Europa nella stagione 2008-09. Il ritorno fu il 20 luglio 2008, con l’andata della Coppa Intertoto in casa del Panionios: il Napoli di Reja vinse 1-0 con gol di Bogliacino. Al ritorno al San Paolo gli spettatori furono 54mila: il Napoli vinse 1-0 con gol di Hamsik. Mancava ancora un passaggio: il superamento del turno preliminare. Ci toccarono gli albanesi del Vllaznia: successo 3-0 lì e 5-0 a Fuorigrotta. Ora era ufficiale: il Napoli avrebbe giocato nuovamente in Europa. Il sorteggio non fu benevolo: agli azzurri toccò il Benfica. Vittoria 3-2 a Napoli (51.600 spettatori) e sconfitta 2-0 lì. Poi un anno di sosta. E dal 2010 il Napoli ha sempre giocato in Europa, sempre. Dai preliminari di Europa League contro l’Elfsborg, con la cessione di Quagliarella e l’esplosione di Cavani, il Napoli ha sempre giocato le coppe europee. Questa è la tredicesima stagione consecutiva. E si torna all’Eintracht. In un clima molto diverso da quello del 1994. Nonostante l’esubero di tifosotti che poco o nulla conoscono della storia del Calcio Napoli.