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Sul (non) rigore Ndombele fa una giocata alla Ronaldinho

L’ANALISI TECNICA – Le chiusure preventive di Kim. La scivolata di Zielinski per opporsi al tiro da fuori della Roma, vale un gol. Poi, Osimhen e Kvara

Sul (non) rigore Ndombele fa una giocata alla Ronaldinho
Foto Calcio Napoli

Le giocate di Ndombele, Kim, Zielinski

Forse la più importante vittoria della stagione, per il segnale che dà, per come e per dove è maturata, per le conferme che comporta.

Si dice che non le si può vincere tutte, e che prima poi i punti li perdi.

Molti (se non moltissimi), in questo contesto di opinioni ed approccio, prima della partita pensavano che sì, in casa della Roma si sarebbe anche potuto pareggiare.

Insomma, che ci stava.

Ma ad avviso di chi scrive, per come si è sviluppata la partita, e cioè per i valori che questa ha espresso, in caso di pareggio sarebbero stati due punti persi.

Chiunque si sia indugiato a guardare in modo attento (già al quarantesimo del primo tempo: ripeto, già al quarantesimo del primo tempo, minuto che mi sono appuntato quando mi sono accorto di ciò di cui parlo) le espressioni facciali, le mimiche e le posture dei corpi dei giocatori della Roma inquadrati ad ogni fine azione dell’una o dell’altra squadra, ha potuto accorgersi che la Roma era una squadra esausta, distrutta nell’animo e nel fisico.

Una squadra composta da giocatori quasi consapevoli che l’impostazione tecnico/tattica della partita – per farla breve: zero aggressione alta, attesa nella loro metà campo e ripartenze a sfruttare in special modo il diverso passo che Zaniolo aveva su Juan Jesus (quello contro cui sarebbe andato all’uno contro uno in caso di palla lanciatagli nello spazio) – non avrebbe retto a lungo.

Ed infatti, questa è stata la sotto-traccia della partita, a caratterizzarne modalità di svolgimento e valori che ha espresso.

Da un lato, anche al rientro in campo dopo l’intervallo la Roma è chiaramente sembrata alle corde (fisicamente, intendo) ed è stata anche (ed ancora) nel secondo tempo in balia delle costruzioni di gioco del Napoli (che pure ha lasciato sul campo i soliti 3-4 gol).

Una stanchezza che le ha impedito di approcciare con l’unico modo possibile di affrontare il Napoli in questo momento, e cioè aggredendolo nella zona della sua tre quarti, già in fase di costruzione dell’azione dal basso.

Una stanchezza che le ha impedito, a sua volta, una possibile costruzione dal basso (cosa a cui ha rinunciato già allo scadere del primo tempo), costringendola a spazzare via il pallone anche ogni qualvolta un suo difensore, sebbene fosse in grado di farlo, invece di rigiocare il pallone appena riconquistato, lo ributtava alla cieca in aria, e quindi di fatto lo riconsegnava al Napoli.

Perché non c’è zona della tre quarti della squadra azzurra in cui un pallone che sta cadendo per terra dopo un rinvio avversario non sia di proprietà di Kim.

Dall’altro, lato, proprio questa differenza di valori fisici ed atletici (che alla fine della partita hanno consegnato agli spettatori facce dei giocatori della Roma stravolte dalla stanchezza, mentre quelle dei giocatori del Napoli sembravano facce di chi aveva appena terminato un allenamento di rifinitura), dà la dimensione di quale squadra sia (diventata) quella partenopea.

Una squadra dominante, con giocatori che a questo punto, esaurite le lodi tecniche, si impongono all’attenzione per le capacità atletico-aerobiche che consentono un’intensità di interpretazioni di giocate individuali e collettive di livello tale che io, personalmente, non vedevo da anni.

Ragioni, queste, per cui una non vittoria avrebbe significato due punti persi.

Ragioni, queste,  allo stato, come ben ha descritto Massimiliano Gallo, non ci si può esimere dal raccontare di un Napoli che ha davvero messo le mani sullo scudetto.

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La partita ha confermato l’enorme potenziale tecnico individuale e di squadra di cui ormai vivono gli azzurri.

Il gol (partiamo dal gol, grazie al quale il Napoli si è preso tre punti di fondamentale importanza per il segnale di presenza che si dà al resto del mondo) ne è stato l’ennesima conferma.

Lo schema di risalita del pallone (il gol avviene infatti all’esito di una classica azione di impostazione dal basso), grazie al quale con 4 passaggi  e con 4 movimenti il Napoli copre 100 metri di campo ed è in porta, è identico a quello più volte raccontato.

Per intenderci, a quello che mise Anguissa nella condizione di segnare il suo secondo gol al Torino.

Schema che, non a caso, ha avuto ancora una volta in Politano l’uomo decisivo nell’esecuzione della sua parte più difficile.

Il Napoli, come detto, sta risalendo il campo dal basso.

Kim (dal limite della sua area, zona di centro destra) dà la palla a Di Lorenzo, già allargatosi (ma non troppo, proprio per effettuare la giocata in discussione) per riceverla con giusta postura del corpo.

La Roma, come detto esausta, non esce a pressare la costruzione bassa del Napoli, da ciò avvantaggiato nell’esecuzione di ogni movimento e passaggio eseguito.

Di Lorenzo – che anche per questo ha avuto modo di posizionarsi per effettuare, una volta ricevuto il pallone, la giocata in questione – appena stoppato il pallone (con adeguata rotazione del corpo) lo passa, al solito, con giri forti a Politano.

Il quale, a sua volta, si è già posizionato lungo la linea del fallo laterale in posizione più larga rispetto a quella di Di Lorenzo, proprio per riceverla sulla parte del corpo che gli consente  di fare quanto in discussione.

Appena il pallone arriva nella zona adatta per il colpo di prima    come già fece nell’azione del secondo gol di Anguissa contro il Torino a cui si è fatto cenno    Politano:

i) già nel frattempo posizionatosi con il corpo a tre quarti rispetto alla traiettoria del pallone che sta arrivandogli addosso, così da avere il tempo ed il modo per impattarlo senza stopparlo;

ii)  calcia il pallone di prima imprimendogli traiettoria “ad uscire”, cioè a riallargarsi dopo l’impatto con il suolo, così da facilitare tanto la corsa di Osimhen, quanto il suo duello fisico con Smalling;

iii) in modo da saltare la linea difensiva avversaria per farlo, appunto, ricadere nella zona in cui Osimhen è nel frattempo già scattato.

La zona è quella tra la fascia laterale destra del Napoli (quella in cui sta costruendosi l’azione) e quella di competenza dello stesso Smalling; Osimhen conosce Politano, conosce ed applica alla perfezione questo schema/disegno di azione collettiva che consente di metterlo all’uno contro uno contro il difensore della Roma suo marcatore; l’attaccante del Napoli è quindi già scattato per aggredire quella parte di campo.

Ma ancora non basta.

L’azione fino a lì è stata perfetta, ora però si tratta di arrivare sul pallone prima e meglio posizionato di Smalling.

Che ha già commesso un’ingenuità.

Infatti, seppure apparentemente in vantaggio, ma comunque sorpreso dalla traiettoria che Politano ha impresso al pallone, prova l’anticipo e va a vuoto anche grazie all’azione (lecita) di sbilanciamento che Osimhen esercita sulla parte sinistra del corpo del difensore, quella che questo sta usando come appoggio per cercare di intercettare il pallone.

Che però viene per tale ragione “bucato” da Smalling, mettendo l’attaccante nigeriano, che nel frattempo conta bene i rimbalzi aspettando esattamente quello che gli consentirà di calciare con maggiore potenza ed angolazione, nella migliore condizione di impatto con la palla.

Cosa che Osimhen fa, con una torsione del corpo da grande centravanti, impattando il pallone di collo piede pieno e direzionandolo in modo imprendibile a mezz’aria sul palo più lontano.

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Gol bellissimo, di fattura elevatissima.

Giocata a cui si aggiungono:

  1. La giocata eccezionale che Ndombele fa nell’azione del rigore poi “revocato”.

Il centrocampista del Napoli porta palla in mezzo al campo, la dà a Zielinski (sempre più adatto nel ruolo di play maker nella tre quarti avversaria, cioè di uomo dell’ultima giocata) e si getta nello spazio in area.

Zielinski ne legge il movimento e imbuca il pallone nello spazio in cui si è lanciato Ndombele, tuttavia con i giri del pallone un po’ ritardati.

Ndombele è quindi costretto a frenare la corsa, così da aspettare il pallone e da poterlo agganciare con il piede sinistro.

Se lo porta, quindi, istantaneamente sul destro, e qui avviene l’impossibile.

Con il piatto del piede destro se lo riporta subito sul sinistro e con il piatto del piede sinistro, a sua volta, dà un leggero colpo al pallone così che questo passi sotto le gambe del difensore che sta andando a pressarlo.

Fa il tunnel a questo difensore, recupera il pallone e punta il portiere in uscita .

Dopo di che accadrà quel che accadrà, ma qui poco importa.

Perché la giocata di Ndombele – alla Ronaldinho per intendersi (eseguita in un fazzoletto di campo, in una zona ad alta densità di avversari, usando tutti e due i piedi con una delicatezza di pari ed eccezionale intensità ed in una frazione di tempo infinitesimale) – vale da sola il prezzo del biglietto;

  1. La giocata, tra le tantissime, ancora una volta eccezionale che Kvaratskhelia fa in una fase della partita (l’ultimo quarto d’ora) in cui c’è da addormentare le velleità (seppure esauste) della Roma.

Kvara si fa dare il pallone su rimessa laterale.

È sulla tre quarti, di spalle alla porta avversaria e con il difensore che gli sta addosso.

Si fa sbattere il pallone (che gli arriva direttamente dalla rimessa) sull’esterno del piede destro posizionato a mezz’aria, mentre sta fermo per reggere l’urto del marcatore avversario, ruotando lo stesso piede giusto per consentirgli di far ricadere il pallone ad un metro da lui, alla sua destra.

Nel frattempo, ruota su se stesso in modo da riprendere il pallone, caduto proprio lì, questa volta faccia all’avversario.

Che viene puntato, dribblato e saltato come un birillo, facendosi passare il pallone dal piede destro al piede sinistro, facendo proseguire la traiettoria dello stesso pallone lungo la fascia laterale e continuando poi la corsa  a campo aperto verso l’area di rigore avversaria.

Il tutto, ancora una volta, in un fazzoletto di campo, nonostante il pressing asfissiante degli avversari, e trasformando una palla all’apparenza innocua (un passaggio su rimessa laterale ricevuto spalle alla porta a quaranta metri dalla stessa) in un’azione da gol.

Una cosa pazzesca.

  1. Le giocate di chiusura preventiva che Kim ha eseguito almeno 4 volte nei due tempi di gioco, tutte effettuate con il coreano che: a) si rende conto che Juan Jesus, il primo in chiusura sul centravanti avversario, sta perdendo il tempo dell’anticipo mentre il pallone sta toccando terra dopo il rilancio della difesa della Roma; b) scatta con una velocità da centometrista per coprire la distanza tra lui e la zona in cui andrà a cadere il pallone; c) dopo avere praticamente spostato il compagno, si “prende” quel pallone ora spazzandolo via, ora, quando ne ravvisa la possibilità mettendolo giù per terra re iniziando l’azione (appositamente re-impostata dal basso).

Il più forte difensore del campionato, ad avviso di chi scrive, per quanto visto finora, per completezza di bagaglio tecnico/tattico e per capacità di leggere in anticipo errori del compagno e le giocate della squadra avversaria.

Un difensore che di fatto fa reparto da solo, grazie al quale ogni rinvio alla cieca della difesa avversaria si trasforma in un nuovo pallone da rigiocare per il Napoli.

Altra cosa pazzesca.

  1. La scivolata di Zielinski, in questa fase centrocampista di lotta (più che di governo) con cui il polacco, leggendo dal movimento del corpo avversario che questo sta per calciare di prima un appoggio all’indietro dell’attaccante della Roma, si getta in con il corpo sul pallone con quella frazione di secondo in anticipo che gli consente di bloccarne la traiettoria non appena il pallone è stato impattato dal centrocampista giallorosso.

Una giocata decisiva ad avviso di chi scrive, che vale come un gol fatto perché equivale ad un gol evitato.

Un gol che, preso sullo zero a zero ed in quella fase di gioco, sarebbe potuto costare la partita, e che invece la partita l’ha tenuta nelle mani del Napoli.

Se Zielinski e questo (e chi scrive torna a ripetere che non stravede per lui), nonostante nella partita di ieri sia tornato a sbagliare non pochi palloni nella fase di costruzione, insomma se i valori del centrocampista polacco (che da quando quest’anno ha cominciato a giocare con i calzettoni bassi sembra avere letteralmente cambiato mentalità e modo di approcciare alla gara) sono questi, il Napoli ha azzeccato l’ennesimo acquisto dell’anno.

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