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L’impressionante forza di Kvara, che ricorda il primo Kakà

L’analisi tecnica dei gesti del georgiano ma anche degli errori di Juan Jesus e Ndombele

L’impressionante forza di Kvara, che ricorda il primo Kakà
Ci Napoli 16/10/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Bologna / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Khvicha Kvaratskhelia-Kevin Bonifazi

L’impressionante forza di Kvara, che ricorda il primo Kakà.

Decima vittoria consecutiva del Napoli tra Champions e campionato. Vittoria che se da un lato ha mostrato le solite eccellenti caratteristiche di squadra e di singolo su cui più volte ci siamo soffermati, dall’altro lato ha anche mostrato errori (da cui sono scaturiti i gol avversari e per cui si sono anche prodotti fasi di gioco di notevole sofferenza difensiva) a cui invece non eravamo affatto abituati.

Errori di esecuzione e di impostazione

Errori, questi, che meglio si analizzano se “a monte” li si riconducono alle due categorie attraverso cui qualificarli.

  1. i) di esecuzione, quelli cioè che nascono da una giusta idea di gioco o di “soluzione” ma che, appunto, trovano nella fase del concreto svolgimento del gesto tecnico o del movimento che lo accompagna la loro declinazione (si passa la palla con il piatto del piede quando è giusto farlo, ma la si passa ad una velocità troppo elevata perché il compagno possa controllare il pallone);
  2. ii) di impostazione, quelli cioè che si producono per effetto di una non corretta idea che il giocatore segue nell’elaborazione della sua azione (si passa la palla di piatto quando, per garantire una maggiore velocità di esecuzione anche in virtù di come il corpo è posizionato sul pallone, sarebbe meglio passarla con l’esterno del piede).

Ecco, errori di impostazione appaiono essere quelli  per effetto dei quali il Napoli ha subito i due gol.

Quello di Juan Jesus nasce, infatti, da una non corretta impostazione difensiva (meglio: di idea da seguire  rispetto allo sviluppo della fase in questione) nella sua totalità, in particolare tanto nella lettura dei movimenti e delle giocate avversarie, quanto nell’interpretazione di ciò che un difensore centrale deve fare nel momento in cui si sviluppa proprio quel tipo di azione  avversaria che stiamo commentando.

Errore, questo, che nove volte su dieci si rivela fatale, come di ciò già si accorge Lobotka, il quale, se lo si guarda proprio mentre segue lo sviluppo dell’azione dopo l’imbucata in area da parte degli avversari, allarga le braccia ancor prima di subire il gol consapevole, appunto, che la sua squadra quel gol sta per prenderlo.

In particolare, il giocatore del Bologna, che ha palla sul vertice destro dell’area di rigore del Napoli e che Juan Jesus sta seguendo nello sviluppo dell’azione, scarica all’indietro la palla al compagno che sta arrivando in supporto nella zona di trequarti, evidentemente già con l’idea di andare a prendersi lo spazio in area e chiamare la conseguente “imbucata”.

Juan Jesus e il primo errore di impostazione

Juan Jesus, a questo punto, commette il primo errore di impostazione: sembra voler uscire dalla linea, lasciando il suo uomo (e cioè, per ruolo e zona di competenza, proprio l’avversario che ha appena scaricato la palla) per aggredire l’avversario che tale pallone sta ricevendo, muovendosi in questo senso con Lobotka.

Ma Juan Jesus fa una cosa a metà, e cioè lascia si il proprio uomo per eseguire quel movimento di aggressione all’avversario, ma tuttavia quel movimento lo accenna solamente, non andando come un fulmine (come dovrebbe una volta battezzato questo tipo di  mossa difensiva) ad aggredire il ricevente, ma rimanendo in pratica fermo sul posto.

Giocata, questa di Juan Jesus (che peraltro aveva già visibilmente battezzato Lobotka, sebbene anche lui con scarsa velocità ed intensità), che produce il solo effetto di  lasciare scoperto lo spazio dell’area di rigore che sta andando a prendersi il “suo” uomo.

Ed infatti:

  1. i) se Juan Jesus avesse ben letto le intenzioni avversarie (era più che evidente l’opzione di sviluppo di gioco che in quel frangente stava scegliendo il Bologna);
  2. ii) se avesse preso a riferimento la linea dei compagni di difesa (posizionata 5 metri indietro rispetto a lui), scalando prontamente all’indietro su questa così da avere l’avversario davanti ed in faccia, invece di averlo già praticamente dietro prima ancora che egli scattasse per andare e ricevere il pallone (per dirla come quelli che raccontano il calcio di oggi: a “palla scoperta”, e cioè con l’avversario che la conduce senza nessuno compagno che lo contrasta e gli chiude gli spazi di gioco, il difensore non deve correre in avanti, ma correre all’indietro);
  3. iii) se avesse nella totalità dell’azione che lo riguardava ben usato la “periferica” in grado di consentirgli di guardare sia il portatore di palla per valutarne le intenzioni (nel caso di specie: per avere conferma che cercava l’imbucata), sia l’uomo che aveva appena scaricato il pallone;
  4. iv) quella palla mai sarebbe arrivata lì in area, ed anzi il corretto movimento e la corretta lettura di Juan Jesus avrebbero fatto cambiare “idea di azione” agli avversari, costringendoli ad un nuovo giro palla orizzontale.

L’errore di Meret

Più semplice l’analisi dell’errore di impostazione di Meret sul secondo gol del Bologna.

Ad avviso di chi scrive, il portiere del Napoli pecca nell’errore di lettura della traiettoria del pallone e tenta (ciò è chiaro dal movimento del corpo, del tronco e delle braccia) di bloccare il pallone, quando invece, proprio per la traiettoria insidiosa dello stesso (che si abbassa proprio mentre Meret sta eseguendo l’intervento), sarebbe stato necessario respingerlo ed evitare una presa con un altissimo quoziente di difficoltà.

Gli errori di Ndombele

A questi due errori di impostazione, chi scrive ne ha notati almeno tre che Ndombele commette, ma di esecuzione,  a cui va dato un significato ben diverso.

Più volte, infatti, in  fase di risalita (e di ricezione) del pallone Ndombele ha avuto, sempre ad avviso di scrive, una corretta idea per liberarsi dalla prima linea di pressione del Bologna: spalle all’avversario, si fa sbattere il pallone (per ciò calciatogli forte addosso dal compagno) ora sull’interno, ora sull’esterno del piede per imprimergli una traiettoria che dovrebbe consentirgli di girarsi immediatamente (aggirando chi lo contrasta) e riprendere lo stesso pallone a cui ha fatto così proseguire la corsa.

La scelta di Ndombele, che denota notevole responsabilità (per la scelta in una fase delicata dell’azione) e consapevolezza dei propri mezzi (proprio per l’alto quoziente di difficoltà della giocata), è di quelle che se riuscite fa inesorabilmente ripartire il contropiede in campo aperto.

Al giocatore del Napoli la giocata non riesce sia per il raddoppio degli avversari (ma il primo che lo contrastava era tuttavia di fatto saltato), sia perché un paio di volte viene impressa troppa forza al pallone, così da non riuscire a recuperarlo dopo aver aggirato l’avversario.

Può non riuscire nella fase esecutiva, in sostanza, ma è un’idea di uscita dal pressing da grande giocatore, oltre che da grande squadra (per la difficoltà ed i rischi che comporta).

Se riesce, determina  la nascita di un’azione da gol già nella tua trequarti (vista la velocità degli attaccanti del Napoli che a loro volta possono dettare il passaggio nello spazio al portatore di palla, che con quella giocata si è liberato da ogni tipo di pressione).

Se non riesce, si corre il rischio di subire un’istantanea ripartenza avversaria, ma è un rischio (anche in virtù del fatto che in quel momento dietro alla linea del pallone il Napoli ha molti giocatori) che chi vuole aumentare il livello della propria qualità di gioco non può non correre.

Tutto questo per dire che ci sono errori che, seppure si verificano, proprio per l’impostazione da cui scaturiscono ti fanno rendere conto di quanto sia alto ormai il livello di giocata e di pensiero a cui la squadra è abituata: sono, quindi, errori che qualsiasi tifoso vorrebbe correre il rischio di vedere, per quello che significano.

I gol del Napoli

I gol del Napoli sono tutti caratterizzati, a loro volta, da ottime giocate del singolo, oltre che di squadra, direi in crescendo (per scala di valori, ovvero di importanza e livello) proprio dal primo al terzo.

Nel primo gol,  Juan Jesus, facendosi perdonare l’errore commesso in quello subito dal Napoli, è bravissimo, questa volta, nel leggere in una frazione di secondo lo sviluppo del rimpallo che sta recapitandogli il pallone addosso dopo una carambola che si sviluppa in seguito al calcio d’angolo.

Il difensore del Napoli ruota con il corpo in modo tale da prepararsi la conclusione, e grazie a tale rotazione – non appena la palla gli arriva vicino – la direziona con tocco da biliardo verso il palo lontano colpendola con il destro, ciò che rende il gol ancora più degno di nota perché il tiro è effettuato non con il suo piede.

Nell’azione del secondo gol, sale ancor di più il livello qualitativo delle giocate che lo producono.

Il contromovimento di Kvara

Si inizia con un contro-movimento di Kvaratskhelia che, mentre Mario Rui porta palla, posizionato lungo la linea laterale (così da dare al compagno la possibilità di recapitargli il pallone nello spazio dentro al campo e sopra la linea difensiva avversaria), accenna la finta di andargli incontro per poi scattare improvvisamente e chiamargli la palla sopra l’esterno difensivo avversario che lo attende.

Mario Rui intuisce ed esegue ciò a cui è chiamato: dà al compagno una palla morbida facendola passare sopra al primo avversario che “guarda” il movimento del georgiano, che con il suo scatto ha già aggirato il difensore.

A quel punto, una volta ricevuto il pallone, Kvaratskhelia mostra una delle sue innumerevoli doti, che però non saltano mai subito all’occhio dei suoi estimatori.

Con una forza di gambe e di tronco incredibili, stando praticamente fermo sul posto dopo aver guadagnato la posizione, vince un contrasto (l’ennesimo) con il difensore avversario che va a cercare di chiuderlo (ma invano) e conclude a rete: il portiere respinge, sul pallone si avventa Lozano, che da posizione non facile, e non a caso deve compiere una notevole torsione con il corpo per concludere, segna sotto misura, alzando appositamente il pallone per evitare l’intervento del portiere in uscita bassa.

La grandezza di Kvara

Una giocata di forza, quella di Kvaratskhelia, che ne dimostra tutta la grandezza.

Si badi bene, prima ancora che tecnica, di intensità ed impatto sulla partita, un’intensità che a chi scrive ricorda quella del primo biennio di Kaka al Milan.

Scatti e progressioni ripetute, contrasti vinti senza mai andare per terra, lucidità incredibile conservata dopo (e nonostante) le ripetute percussioni sulla fascia di competenza, anche in fase difensiva (come vorrebbe il buon Spalletti).

E tutto, noterete anche voi, senza che mai, quando lo inquadrano le telecamere, respiri a bocca aperta, come se i continui scatti a copertura di 50 metri di campo equivalessero per lui la alla bevuta di un bicchiere d’acqua.

Questo è quello che impressiona di più: una forza aerobica ed una capacità polmonare degna di un pentatleta, in un corpo e nella grazia di un fenomeno che con la palla fa quello che vuole.

Ed infatti, nel terzo gol del Napoli, dopo una partita intera passata a compiere quegli sforzi fisici sopra descritti per puntare continuamente la difesa avversaria (o per rinculare nella propria per dare appoggio a Mario Rui in fase di raddoppio), Kvaratskhelia riceve un pallone nella trequarti avversaria.

Dopo il primo controllo direzionato, chiama quasi ad Osimhen il movimento di aggressione e scatto alle spalle della difesa avversaria (come al solito: tra l’esterno che stringe ed il primo centrale).

Il centravanti nigeriano capisce, e non se lo fa dire due volte, scatta in quella zona del campo e lì gli viene recapitato il pallone da Kvaratskhelia, con un quasi “no look” e con i giri così giusti da sembrare lanciato con una mano.

Tre a due, partita (splendida) finita.

Ultime tre cose.

Il cambio di Spalletti dopo la fine del primo tempo

Il cambio di Spalletti dopo la fine del primo tempo è un altro gesto tecnico che vale la partita: il mister, che ha assistito ai tremendi ultimi dieci minuti della prima frazione di gioco (in cui il Napoli è andato sotto ed alle corde, nonostante il pareggio agguantato in extremis), si accorge che la squadra è stanca.

E sa che una squadra stanca è una squadra che lascia l’azione agli avversari.

Ma cosa comporta questo (e Spalletti lo sa)? Che l’avversario che guadagna campo è un avversario che lascia campo dietro di sé.

Ebbene, Spalletti capisce che una situazione del genere determina “un lavoro per Osimhen”, che con le sue caratteristiche se da un lato mette una tale paura all’avversario da impedirgli di far salire oltre modo  la linea difensiva (così da avere tanti uomini della squadra opposta che manovrano la palla nella tua metà campo), dall’altro lato è in grado proprio di sfruttare quegli spazi così lasciati aperti (come il terzo gol ed altre simili occasioni da gol insegnano);

Lobotka sa giocare di corto e di lungo

Lobotka ha fatto vedere di essere un regista in grado di giocare non solo “corto”, ma anche “lungo”.

Soprattutto nel primo tempo, ha fatto tre aperture all’esterno offensivo opposto di ben 50 metri eccezionali, che ad avviso di scrive dovrebbero essere molto più utilizzate (di quanto lo si faccia) per cercare di aprire istantaneamente spazi di giocate offensive e gli uno contro uno che così si creano.

Racconteremo ai nostri nipoti la giocata di Kvara

La giocata di Kvaratskhelia al 54esimo (circa) del primo tempo è qualche cosa che vale la pena di raccontare ai nipoti che verranno.

In sostanza, il georgiano è con i piedi sulla abituale linea laterale sinistra.

Gli viene giocata una palla addosso, forte come al solito.

Il suo difensore lo va a pressare per cercare di rubargli tempo e pallone.

Kvara si fa sbattere il pallone sul piede destro, imprimendogli, con una carezza ed un movimento dello stesso piede  appena accennato, una traiettoria che aggira l’avversario alla sua sinistra.

Mentre il pallone, con l’effetto per ciò datogli, aggira l’avversario a sinistra e va a cadere dietro le sue spalle,  Kvaratskhelia aggira lo stesso difensore sul lato opposto (la sua destra) e si riprende il pallone.

Lui di nuovo libero di andare a puntare ciò che resta della terrorizzata difesa avversaria.

L’esterno del Bologna, così superato, rimane invece in preda agli incubi che in questi mesi lo tormenteranno senza tregua.

Fine dei giochi.

 

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