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Ma Allegri è anche l’uomo che non cerca alibi, oltre a essere un panda in questo football

La Juventus è meno forte di quanto si dica. Paga i risultati e la sua opposizione al calcio Playstation. Uno che gioca a due punte va dichiarato patrimonio dell’Unesco

Ma Allegri è anche l’uomo che non cerca alibi, oltre a essere un panda in questo football
Torino 14/07/2021 - raduno Juventus / foto Image Sport nella foto: Massimiliano Allegri

Il tiro al piccione su Massimiliano Allegri è il gioco del momento. I motivi sono tanti. Il più concreto, e condivisibile, è legato ai risultati della Juventus che lui sta guidando per la seconda stagione consecutiva. Il primo anno è finito con un quarto posto che a Vinovo non può che essere considerato modesto. Due sconfitte patite dall’Inter – entrambe in rimonta ed entrambe ai supplementari – in Supercoppa e in finale di Coppa Italia. E una eliminazione in Champions, contro il Villarreal, molto simile alla sconfitta dell’altra sera contro il Benfica: buon avvio, poi scioglimento progressivo. Ricapitolando, lo scorso anno zero tituli.

Il secondo è cominciato con una campagna acquisti che è stata elogiata da tanti giornalisti e addetti ai lavori che davano i bianconeri favoriti per il titolo. Anche da competenti veri come Ancelotti, Benitez e Mancini che hanno inserito la Juve tra i pretendenti al titolo finale. Le eccezioni ci sono state: Galeone e Di Canio su tutti ma anche Donadoni e Sconcerti, tutti scettici sul futuro prossimo dei bianconeri.

Dopo un mese di partite, la squadra di Allegri è a zero punti in Champions, sconfitta da Psg in trasferta e Benfica in casa. Ed è ottava in campionato con 10 punti in 6 partite. Malissimo più che male. In mezzo, gestioni dilettantesche di casi importanti. Su tutti l’infortunio di Pogba che di fatto ha sempre deciso come se la società Juventus non esistesse. E prima ha optato per una terapia conservativa al ginocchio e poi, dopo aver perso un mese, ha accettato l’idea di operarsi. Anche l’infortunio di Di Maria è stato gestito con dilettantismo. Milik, che al momento è il miglior acquisto della Juve, è arrivato last minute. Così come Paredes.

Ovviamente, oltre ai risultati, Allegri paga soprattutto l’essersi ostentatamente intestato l’etichetta di uomo contro il football contemporaneo. In tempi in cui furoreggiano statistiche che sono veri e propri tripudi di inutilità, Allegri ha sempre esibito un senso di fastidio/superiorità nei confronti dei nerd del pallone e del calcio inteso come estetica. «Se volete divertirvi, andate al circo». Il tutto acuito da quel suo fare livornese che certamente tra i sinonimi non ha la modestia. È ovvio quindi che oggi, oltre alle fisiologiche critiche per gli scarsi risultati, sia scattato un surplus di rivincita ideologica. Gliela stanno facendo pagare. Oggi deridere i cento passaggi inutili senza fare un tiro in porta, equivale più o meno a entrare nudi al Quirinale o alla Casa Bianca: è un atto di sfacciata provocazione. Una cosa è perdere iscrivendosi al pensiero dominante del calcio contemporaneo, un’altra è farlo da oppositori. C’è tutta la differenza del mondo.

E quindi il leit-motiv è che la Juve non ha gioco, che Allegri è superato, in soldoni che non è più un allenatore di calcio. Attenzione: frase accompagnata dal classico “se mai sia lo stato”. Perché Allegri va distrutto nella sua interezza.

A questo vanno aggiunti due recentissimi episodi: la frase di Arrivabene che risponde a un tifoso come se fosse un avventore qualsiasi al bar e non l’amministratore delegato della Juventus: “Ce li dai tu per pagare un nuovo allenatore?”. E Di Maria che dopo la sconfitta col Benfica manifesta a Milik tutto il suo stupore per la sostituzione del polacco (l’unico che effettivamente in questo periodo la butta dentro).

Questo è il quadro. In questa cornice c’è un aspetto che vorremmo sottolineare dopo aver fatto una premessa. La premessa è che secondo noi Allegri è un allenatore bravo, molto bravo. Ma, attenzione, se non te la senti di andare al Real Madrid vuol dire che in te c’è qualcosa che non va. Che fondamentalmente non ti senti all’altezza. Che non hai il coraggio di metterti in gioco. Che preferisci rimanere mentalmente nel gabbione di Livorno invece di andare a confrontarti in mare aperto.

Detto questo, però, Allegri ha certamente un aspetto del grande allenatore. Non cerca alibi. Sta subendo il tiro al piccione e contro il Benfica a centrocampo ha dovuto schierare McKennie e Miretti titolari e in panchina – oltre a Di Maria reduce da un infortunio – aveva De Sciglio, Fagioli, Moise Kean (ormai si può dire: è scarso), Gatti (non male), Pinsoglio, Rugani, Soule, Garofani, Barbieri. Allegri di cose potrebbe dirne. Non lo fa. Non lo ha mai fatto. Anche domenica sera, dopo la Salernitana, ha buttato là la frase su Candreva (probabilmente sapeva) ma non ha fatto alcuna sceneggiata. Altri allenatori in Italia (diciamo almeno quindici su venti) si sarebbero incatenati e imbavagliati in diretta tv modello Pannella e Bonino. Perché nella Juve giocano anche calciatori impresentabili. Non è che chiamarsi Juventus trasforma i brocchi in purosangue.

Concludiamo dicendo che Allegri deve essere tutelato in nome della democrazia. Perché la tutela delle minoranze è alla base di qualsiasi contesto democratico. E in questo calcio in cui è ormai legge giocare con un attaccante solo, come se lo avesse scritto Mosè, non possiamo non commuoverci per questo segaligno di Livorno che con evidente sprezzo del pericolo schiera due attaccanti titolari, fregandosene del pressing sul portatore palla avversario che se ne sta a ottanta metri dalla porta. Uno che gioca a due punte va dichiarato patrimonio dell’Unesco. Allegri è uno degli ultimi resistenti. Caduto lui, il calcio Playstation prenderebbe quasi il controllo totale del pianeta. Da lì a “un rigore ogni cinquanta passaggi consecutivi” è un attimo.

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