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Chiellini incoronato dai tedeschi: umile nella vittoria, generoso nella sconfitta

La Faz lo celebra: per capire la sua eredità bisogna ricordarlo dopo la sconfitta con la Nord Macedonia, mentre confortava i suoi compagni in lacrime

Chiellini incoronato dai tedeschi: umile nella vittoria, generoso nella sconfitta
Mg Milano 06/10/2021 - Uefa Nations League / Italia-Spagna / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giorgio Chiellini

Giorgio Chiellini da Pisa. C’è lui in apertura della sezione sport on line della Faz. Il titolo è: “Il cavaliere Giorgio: modello di riferimento del calcio italiano”. La Faz racconta il suo addio alla Nazionale. L’altra sera contro l’Argentina proprio a Wembley dove la scorsa estate gli azzurri conquistarono gli Europei: “il più grande trionfo della sua carriera”. Un addio giusto, nel senso che è in linea con la sua carriera.

A 37 anni lascia la Nazionale dopo 117 presenze. E la Juve dopo 561 partite.

Nove scudetti, cinque Coppe. Ma anche due finali di Champions League perdute. E tante delusioni ai Mondiali. L’Italia ha deluso ai Mondiali del 2010 in Sud Africa e del 2014 in Brasile. La mancata qualificazione a Russia 2018 con la sconfitta nello spareggio contro la Svezia.

Per capire Chiellini e la sua eredità – per la Nazionale e per il calcio italiano in generale – vanno ricordate le immagini successive alla sconfitta negli spareggi di qualificazione ai Mondiali contro la Macedonia del Nord il 24 marzo a Palermo. I giovani, anche di mezza età, sono caduti a terra in lacrime dopo il fischio finale. Ma Chiellini era in piedi a confortare i compagni affranti, li abbracciò, li confortò, li incoraggiò con un sorriso incoraggiante: ci sarebbe stata una seconda, una terza possibilità per loro. Di certo non per lui. Era il suo ultimo tentativo di gloria in un azzurro. Sfumato contro un Paese che molti italiani non sapevano nemmeno dove fosse o se addirittura esistesse.

La Faz scrive che sin dall’età di vent’anni è stato soprannominato “Re Giorgio”.

Niente di più sbagliato. Chiellini non è mai stato un re. Non ha governato. Non per la sua tecnica, piuttosto limitata come calciatore, né per il gioco o il suo fisico. Invece, è sempre stato un servitore. Sempre col fisico e disponibilità alla sofferenza Egocentrico in difesa, baluardo davanti al portiere e qualche volta anche dietro. E non di rado sorrideva, un po’ trionfante e un po’ quasi a chiedere scusa, dopo che ancora una volta aveva fermato un attaccante avversario.

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