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Arriva la sosta: per il Napoli tre buone notizie e tre campanelli d’allarme

L’organizzazione difensiva del Napoli di Spalletti è straordinaria, anche in emergenza. Sono pochi però i gol su azione: 4 nelle ultime 5 partite. Insigne ancora non ha segnato su azione in campionato

Arriva la sosta: per il Napoli tre buone notizie e tre campanelli d’allarme

Tre buone notizie e tre campanelli d’allarme per accogliere una sosta che forse per il Napoli, questa volta, arriva al momento giusto.

Non per il pareggio con l’Hellas, che tutto sommato – considerato che si incontrava una squadra in salute e che non si possono vincere tutte le partite – ci può stare. Sui veronesi d’altronde aveva già impattato il Milan di Pioli, che trovò una vittoria fortunosa: chi ha visto la partita lo sa. Ma avevano addirittura perso la Juventus, la Roma e la Lazio.

La sosta è utile piuttosto per recuperare energie (nonostante tanti calciatori siano via con le rispettive nazionali) e riordinare le idee dopo un inizio super, che vede gli azzurri in testa al campionato e anche al girone di Europa League. Recuperare le energie in vista di un ciclo terribile di partite (fino a Natale: Inter, Spartak, Lazio, Sassuolo, Atalanta, Leicester, Empoli, Milan, Spezia) al termine del quale sapremo molto di più sulle reali ambizioni di questa squadra, che era partita semplicemente per tentare di tornare in Champions e che è stata invece catapultata dai risultati eccezionali della gestione Spalletti in un’altra dimensione. E che oggi non può dunque fare a meno di credere anche in traguardi più ambiziosi.

Le buone notizie

  1. La prima buona notizia è Giovanni Di Lorenzo, che oggi è un calciatore di una maturità impressionante.
    È questo che colpisce, del 22 in versione Spalletti: l’autorevolezza dei più grandi.  E no, non è il gol. Sono i 1.440 minuti (tutti i minuti della stagione del Napoli, e abbiamo escluso quelli di recupero) che ha giocato praticamente senza cali di tensione. Di Lorenzo in questa stagione è l’atletismo straripante al servizio della squadra, è l’intelligenza nella gestione dei momenti della partita, è la capacità di pulire il pallone in serenità quando si organizza l’uscita, è la stoccata di prima intenzione che velocizza l’azione. L’Europeo l’ha definitivamente consacrato: Di Lorenzo, a destra, è a mani basse il miglior laterale difensivo del campionato.
  2. La seconda buona notizia è l’organizzazione difensiva di questo Napoli. I fatti dicono che solo il Chelsea ha fatto bene quanto i partenopei e che nessuno ha fatto meglio in tutta Europa. Soltanto quattro i gol subiti in dodici partite di campionato, di cui peraltro appena due a difesa schierata (quello subito ieri da Simeone e quello subito a Marassi contro il Genoa). Numeri pazzeschi, strabilianti. Non bisogna nascondersi, bisogna essere chiari: con difese così solide si vincono gli scudetti.  Ed attenzione: non si tratta di fare il gioco delle figurine. Pure perché i due centrali che ha schierato il Napoli contro l’Hellas (Juan Jesus e Rrahmani) sarebbero, se esistessero, le anti-figurine. Ed è proprio questo il punto: questa solidità è semplicemente il frutto di una squadra che sta bene in campo, così bene da poter sopperire dignitosamente (e senza piangere in zona mista) alla contemporanea assenza di un campione come Koulibaly e di un calciatore importante, ed importante nonostante le difficoltà recenti, come Manolas. Tanto bene da concedere pochissimo, nonostante l’emergenza, ad una squadra – il Verona – che dall’arrivo di Tudor (a proposito: complimenti) ha segnato meno solo del Bayern Monaco e che al Maradona è stata costretta ad una partita gagliarda e intensa ma tutto sommato solo difensiva. Una nota di merito per Juan Jesus, che a Napoli è stato trattato come l’ultimo arrivato. E invece un guru come Mourinho ieri ha dichiarato che tenerlo a Roma gli avrebbe fatto comodo. Il brasiliano non faceva due partite consecutive da due anni eppure, nonostante i patemi d’animo preventivi tipici dell’ambiente di Napoli, non ha mal figurato. Anzi, di più: ha tenuto a bada anche con alcuni interventi fisicamente poderosi un Simeone in stato di grazia, senza mai concedergli un metro. Neanche nell’azione del gol dei veronesi, in cui non è certo lui ad avere responsabilità. Insomma, per concludere: il Napoli prende così pochi gol perché concede pochissimo. E concede pochissimo perché sta bene in campo, prescindendo (relativamente, ovvio) dagli interpreti. Una buona notizia, e forse addirittura qualcosa in più di una buona notizia.
  3. La terza buona notizia, infine, arriva da Milano e sì, si tratta del pareggio nel derby della Madunina. Una partita bella, anche grazie a una conduzione arbitrale strepitosa di Doveri (quando ci vuole, ci vuole). Per il Napoli il pareggio è il risultato migliore. Così, infatti, gli azzurri riescono a conservare in coabitazione con il Milan il primo posto (nonostante il mezzo passo falso, se così si può chiamare) lasciando però l’Inter a debita distanza. Dopo la sosta il Napoli andrà a San Siro con sette punti di vantaggio sui campioni d’Italia. Sette punti di vantaggio su una squadra forte, che ha dimostrato anche ieri (creando, ai punti, più del Milan) di essere forte. Che si reinserirà inevitabilmente nella lotta al titolo. Una vittoria di una o dell’altra milanese ne avrebbe rafforzato ulteriormente certe certezze: un booster d’autostima.  Ad oggi per i partenopei la cosa migliore è che non sia successo a nessuna delle due.

I campanelli d’allarme

  1. Il primo campanello d’allarme arriva invece, ed oramai suona con una certa insistenza, dalla linea di trequartisti del Napoli. Zero tragedie, ma Insigne, Lozano e Zielinski sono lontani – a tratti lontanissimi – dalle prestazioni che avevano offerto la passata stagione, e per giunta in una squadra che girava molto meno. Può darsi che sia semplicemente un momento poco brillante, ce lo auguriamo, ma tant’è. Il capitano alla dodicesima giornata ha messo sì in mostra alcuni dei suoi colpi da rifinitore ma ancora non ha segnato un gol su azione in campionato. Fa riflettere, no? Così come a volte fa riflettere Lozano in versione macchine tozza-tozza. Poco ispirato, poco lucido in tante scelte. E, almeno ieri (ma non solo), incapace di saltare l’uomo. Lui che dava l’impressione di fare sempre la scelta più semplice e spesso più giusta. Lui che è tra i pochi nella rosa del Napoli a poter creare la superiorità numerica. L’altro a poterlo fare – tra i titolari – è Zielinski. Che ieri veniva sì da due gol (uno in Europa su rigore) ma sempre con prestazioni piuttosto sotto ritmo. Il polacco sembra inspiegabilmente fiacco, anche fisicamente: non che sia mai stato un calciatore agonisticamente cattivo, per carità, ma nemmeno da venir giù alla prima spallata. Ad oggi, basta mettergli un mediano a uomo e Piotr di fatti non incide sulla partita. Anzi, non è che non incide: a tratti è un uomo in meno. Il tema è che l’attacco del Napoli non può essere retto soltanto da un eccezionale Osimhen. Né può essere solo lui a fare i gol. Occorre un contributo diverso – nel gol ma anche nell’ultimo passaggio – dagli altri calciatori offensivi, se così possiamo chiamarli. Pure perché Spalletti in panchina ha alternative che giustamente scalpitano, da Mertens (che anche quando gioca da fermo ha dei colpi decisivi) fino ad Elmas passando per Ounas. Addirittura Petagna. Calciatori che ieri, forse, visto anche lo stato dei «titolari dei settanta minuti», come li chiama Spalletti, avrebbero meritato più spazio. Sicuramente più dei cinque minuti concessi.
  2. Il secondo campanello d’allarme è dunque direttamente connesso al primo: nessuno vuole per questo sollevare polveroni, ma in campionato nelle ultime cinque partite il Napoli ha fatto quattro gol su azione. Il resto, su rigore. Sono pochi, se consideriamo il potenziale offensivo della squadra, che ben aveva espresso nelle primissime partite della stagione. Ad oggi – vista la classifica, visto pure qualche palo di troppo – non è una magra che preoccupa. Ma sicuramente è un discorso che, soprattutto nella sosta, può e deve interrogare Spalletti sulla necessità di trovare delle variazioni sulle partite.
  3. Il terzo campanello d’allarme non riguarda solo il Napoli. Riguarda tutti. La nuova classe arbitrale del campionato, quella dei giovani ruspanti, non convince. Sgomberando il campo da complotti e contro-complotti che non esistono e non ci interessano. Semplicemente non è autorevole. Se prima abbiamo scritto della direzione di gara straordinaria di Doveri nel derby di Milano, occorre dire al contrario che tanti arbitri (da Ayroldi a Fabbri, da Giua a Maresca) stanno dando la netta impressione di non riuscire a gestire la tensione delle partite del nostro campionato. Se le fanno sfuggire di mano, cambiano metro di giudizio addirittura a partita in corso. Lo dimostra l’utilizzo sempre più discutibile del VAR (Mourinho pone un problema vero quando dice che cinque interventi identici in cinque giornate sono stati giudicati diversamente), lo dimostrano i tanti cartellini rossi anche agli allenatori, lo dimostrano i tanti episodi che sembra vengano giudicati quasi in compensazione di errori precedenti. La sosta arriva al momento giusto anche per loro, gli arbitri. Forse è il caso che si guardino in faccia e provino ad imprimere una svolta a questa stagione, anche da questo punto di vista.
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