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Di Insigne conosciamo tutto e a memoria: pregi e difetti. Sperare che cambi è del tutto inutile

Calcia i rigori perché ha ottime percentuali. Ha creato due topoi: il tiraggiro e il taglio alla Callejon. Ormai ha 30 anni, sappiamo tutto di lui

Di Insigne conosciamo tutto e a memoria: pregi e difetti. Sperare che cambi è del tutto inutile
Napoli 23/05/2021 - campionato di calcio serie A / Napoli-Hellas Verona / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Lorenzo Insigne

L’ennesimo, almeno nell’ultimo anno solare, errore dal dischetto di Lorenzo Insigne ha generato un dibattito abbastanza nutrito. Sin dal dopopartita con il Torino Spalletti è stato invitato a prendere posizione sull’argomento e lo ha fatto a modo suo, indicando una sola possibile soluzione: il rigorista continuerà ad essere il capitano. Molto più variegate sono state le opinioni di giornalisti e tifosi. Nel calcio parlato direi che la maggioranza ha invitato il 24 azzurro a farsi da parte, anche se non ho visto proposte di soluzioni alternative.

Il paragone con Ibrahimovic e Kessié

“Se perfino Ibra ad un certo punto si è reso conto di dover cedere il ruolo di rigorista a Kessié, a maggior ragione può farlo Insigne”, è una delle argomentazioni che più ho sentito tirare in ballo. Peccato però che nel Milan Kessié tiri i  rigori dal 2017 e sia arrivato già a 30 reti segnate dal dischetto, con una percentuale di realizzazione superiore all’85%, mentre nel Napoli, Insigne a parte, l’unico ad aver tirato più di 10 rigori in carriera è Mertens, peraltro con percentuali peggiori di quelle del capitano. Non ci troviamo davanti ad un caso di “usurpazione” in ragione dell’anzianità o del lignaggio, come potrebbe essere quello di Cristiano Ronaldo che pretende di tirare le punizioni anche se non segna mai. Nel Napoli la situazione del rigorista è un po’ come quella del terzino sinistro: ce n’è uno solo e, quindi, non c’è dubbio. Si potrebbe “costruire” un nuovo rigorista? Senza dubbio, ma lo sa solo Spalletti se in allenamento c’è qualcuno che sta dimostrando di essere all’altezza.

Insigne in discussione

Il corollario del dibattito sul rigorista è, inevitabilmente, quello della messa in discussione di Insigne. La sua tenuta emotiva è al centro dell’attenzione un po’ di tutti, dai compagni all’allenatore, che si preoccupano di rincuorarlo quando sbaglia o quando viene sostituito, dalle tv che cercano spesso in primi piani prolungati i segni di un cedimento, al pubblico che in passato lo ha sostenuto più di altri, ma lo ha anche abbandonato in qualche occasione. Ora, poi, con il contratto che non gli viene rinnovato, questo tipo preoccupazioni sono persino aumentate. Personalmente trovo surreale la messa in discussione di Insigne, non nel senso che non si può criticare, ma nel senso che rappresenta una certezza come poche altre cose della vita.

Una certezza

Lorenzo ha oramai 30 anni, è in azzurro ininterrottamente dal 2012, vanta oltre 400 presenze, 111 gol e più o meno altrettanti assist. Di lui conosciamo a menadito i pregi e i difetti. È probabilmente il miglior calciatore della Serie A nel fondamentale dello stop. Attacca e difende a tutta fascia. È uno specialista del tiro a giro (TM) (molto più tentato che riuscito) e dell’assist sul secondo palo. Le qualità sono tali da riuscire a portare a termine le sue azioni nonostante la prevedibilità delle stesse. Insigne ripete le stesse giocate sempre uguali, partita dopo partita. Ci sono giocatori che vengono ricordati per singole invenzioni, uniche ed irripetibili, e certamente Insigne non è tra questi. Egli, al contrario, verrà ricordato per aver creato dei topoi: il tiro a giro e il taglio Callejon. Non ricordiamo bene quanti e quali ne ha fatti, ma tutti sappiamo di cosa si parla e durante una partita, quando lo vediamo in quella precisa mattonella, con l’occhio corriamo a guardare se c’è l’inserimento dell’esterno destro per dissipare l’unico dubbio che abbiamo: tirerà (a giro) o farà quel preciso passaggio? Per questo mi sembra assurdo metterlo in discussione: si discute se c’è un dubbio, ma Lorenzo questo è. Prendere o lasciare. Chi pensa che possa, a 30 anni suonati, diventare improvvisamente freddo, un rigorista implacabile o un giocatore imprevedibile, farebbe meglio ad astenersi dal parlarne.

La sua tranquillità è destinata a diventare sempre meno importante

Il Napoli di Spalletti è sempre meno Insigne-dipendente. Su questo giornale Alfonso Fasano analizza tatticamente ogni partita del Napoli. Basta confrontare le partite di quest’anno con quelle della scorsa stagione per rendersene conto. Oppure, più empiricamente, basta fare caso a quanto siano diminuiti i palloni che tocca il capitano e le azioni che passano di lui. Alla diminuita dipendenza in campo corrisponderà, gioco forza, una sempre minore influenza dell’umore di Insigne sui risultati del Napoli. Gli azzurri nelle passate stagioni non potevano permettersi di avere in campo, inquieto e quindi non performante, il fulcro del suo gioco. Ora che Osimhen, ma anche Anguissa, oltre a Koulibaly, costituiscono i punti di forza della squadra, ora che il Napoli è capace di segnare in molti più modi, le inquietudini di Insigne varranno sempre meno. Ancora una decina di partite e un suo mugugno dopo una sostituzione varrà come quello di Lozano contro il Torino.

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