Il sociologo della performance Bertrand Pulman a L’Equipe: “che vinca o perda, poco importa, lo mette nella sua borsa dell’esperienza e va avanti”
Bertrand Pulman è un professore di sociologia alla Sorbona, e ha scritto un saggio sulla “performance” cercando di trarre delle lezioni di vita dai grandi sportivi. Quella che i campioni realizzano nel lungo periodo, risultato di una mobilitazione ottimale di tutte le risorse a loro disposizione. Il ricercatore ritiene che tutti, nella propria vita personale o professionale, potrebbero trarne beneficio, se si lasciassero ispirare da Nadal, per esempio. A L’Equipe spiega che è lui il totem della performance: il dio dell’agonismo.
“Quando Wilander dice che il perdente è uno che crede che vincere cambierà la sua vita, beh non conosco molte persone che possono tirare fuori qualcosa di così potente. I quattro pilastri su cui è costruito il successo sportivo sono: Preparazione, Condivisione, Perseveranza, Piacere. Per me il prototipo dell’ “iperperformante” è Nadal. C’è un impegno straordinario nell’investire nel lavoro preparatorio. C’è l’idea che per essere al top al momento giusto, in realtà, devi essere sempre al top. Saper investire tutto sempre al 100%, è assolutamente notevole e testimonia un rapporto con l’esistenza di una bella intensità”.
“Tutti i grandi sportivi nascono sicuramente con facoltà importanti, ma senza lavoro non possono avere successo. Oltre alle virtù dell’educazione, sullo sfondo della perseveranza c’è un motore molto potente che, per loro, si basa il più delle volte sull’odio per la sconfitta. In particolare, fornisce loro l’energia per riprendersi dopo un guasto”.
“Abbiamo tutti dei difetti, è molto umano, perché la vita è dura. Ma ci sono persone che riescono costituzionalmente a trarne energia, mentre altre restano come storpi. Nadal ha una rabbia, un elemento estremamente potente. Federer ha raggiunto una tale grazia nel suo comportamento che è difficile da vedere oggi, ma quando era un adolescente spesso si scatenava. Questi campioni arrivano a trasmutare gli squilibri in fattori di successo. Questa è una facoltà vicina a ciò che gli psicoanalisti chiamano sublimazione”.
“Ma Nadal, che vinca o perda, poco importa, lo mette nella sua borsa dell’esperienza e va avanti. L’ “iper trainer” è longevo e ovviamente non si esaurisce al primo exploit. Noah vince una volta Roland-Garros, ma poi si rivolge verso altre cose. Bartoli vince Wimbledon e poi si ferma. Nadal, e questo ha sicuramente a che fare con la sua educazione, ha mostrato un’eccezionale capacità di non lasciarsi andare. E poi, ancora una volta, c’è il divertimento. Resta il motore principale”.