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Raiola: «Superlega? Non ho capito le proteste dei tifosi. Se non ti interessa, non la compri»

Intervista ad As: «I club dovrebbero giocare sia Superlega sia Champions, non in alternativa. È stato il fair play ad ampliare il divario tra grandi e piccoli»

Raiola: «Superlega? Non ho capito le proteste dei tifosi. Se non ti interessa, non la compri»

Su As una lunga intervista a Mino Raiola. Tra le altre cose, il procuratore esprime il suo parere sulla Superlega.

«Gli organizzatori volevano fare a meno della Champions League per giocarci. Ed è un errore. La parola chiave qui è “anche”. La Ferrari può andare con una macchina in Formula 1 e con un’altra a LeMans. Perché il Madrid non può giocare in Champions League e in Super League? Sarebbe l’esperimento più meraviglioso nel mondo del calcio. Organizza due tornei, Champions e Super League. E lascia che sia il grande pubblico a decidere quale preferisce».

E aggiunge:

«Se possedessi un club, vorrei che la mia squadra giocasse in Super League e anche in Champions League… E ovviamente nei campionati nazionali. Per i calciatori sarebbe un bene, e anche per i tifosi. La competizione costringerebbe gli organizzatori a realizzare tornei davvero attraenti. Non come oggi, se qualcuno vuole guardare il calcio ai massimi livelli, ha la Champions League… e basta».

Raiola ammette di non capire le proteste dei tifosi.

«Ho guardato con incredulità le proteste per le strade della gente. Erano proteste contro qualcosa che non era stato ancora spiegato. Hanno protestato contro la sensazione di una competizione chiusa. Ma la Superlega non dovrebbe essere un obbligo, eh? Se la odi, non acquistare i diritti o non pagare per vederla. Se vuoi vederla… vai avanti. Ma la chiave è la parola “anche”».

La Superlega non metterebbe in pericolo i campionati nazionali, dice.

«Sono la stessa Champions League e il Fair Play Finanziario ad aver creato le differenze tra grandi e piccoli club. Il motivo è semplice. Nel caso della Spagna, sono quasi sempre le stesse sei squadre che entrano nelle competizioni europee: Real Madrid, Atlético, Barcellona, ​​Siviglia, Villarreal, Valencia… beh, sono quelle che condividono sempre il poco più di uno cento milioni che offrono ogni anno Champions ed Europa League. E il divario con gli altri sta diventando sempre più grande».

Per Raiola occorrerebbe introdurre l’obbligo, per i club, di indicare, prima dell’inizio di ciascuna competizione, quali giocatori utilizzare in ciascun torneo.

«I club oggi hanno un problema, che hanno più giocatori di quelli che possono entrare nella squadra. Ci penso da anni… e l’unica regola fissa dovrebbe essere che non puoi cambiare una stella da un torneo all’altro. L’obbligo dovrebbe essere quello di fornire l’elenco di chi gioca quella competizione prima dell’inizio. Ciò consentirebbe ai club di definire una strategia su quale sia competizione a cui vogliono dare più importanza e persino di assumere determinati giocatori per giocare ciascuna di quelle competizioni. Un club dovrà pensare: impiegherò Ibrahimovic per giocare la Champions o la Super League?».

A Raiola viene chiesto se i procuratori non abbiano troppo potere. Risponde:

«Il compito di un agente è proteggere il più possibile gli interessi dei calciatori. E quello dei direttori sportivi difende gli interessi delle società. È come comprare una Rolls Royce e non pagare un autista. Oppure comprare un aereo e non assumere un pilota. È totalmente folle. Facciamo anche noi parte del calcio. Ovviamente non sono mai andato a una trattativa con una pistola sul tavolo. Se esistiamo è perché i giocatori hanno bisogno di noi e anche i club hanno bisogno di noi».

Si sente napoletano? Gli domandano.

«Mi sento più un cittadino del mondo, sono andato via troppo piccolo… Ho avuto un’infanzia fantastica. I miei genitori hanno lavorato sodo, sono dovuti emigrare per dare ai loro figli un futuro migliore, come tanti, e sono andati ad Amsterdam. I miei due fratelli erano già nati in Olanda, ma erano nove nella famiglia di mia madre, quindi ho 47 cugini e cugini, e questo sembra più lo stereotipo napoletano che vediamo in TV. Dormire insieme, in piccole stanze…».

 

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