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«Alcuni interisti sono così antijuventini che sono tristi per lo scudetto vinto con Conte e Marotta»

Enrico Bertolino a Il Foglio: «Avevo Mark Iuliano in palestra. L’ho perseguitato per il fallo su Ronaldo: “Era fallo, ammettilo”. Si nascondeva»

«Alcuni interisti sono così antijuventini che sono tristi per lo scudetto vinto con Conte e Marotta»

Il Foglio Sportivo intervista Enrico Bertolino, comico, di storica fede interista. Dopo 11 anni l’Inter ha vinto lo scudetto. Racconta cosa ha fatto in questo lungo periodo di astinenza.

«Mi sono macerato, ma ho anche sperato. Perché la speranza è un viaggio, è come le ferie: ciò che ti godi di più è l’attesa e io, per undici anni, ho vissuto con la felicità dell’attesa. Che male non è, se penso alla sensazione strana di quando abbiamo vinto il triplete: eravamo sazi, ebbri, ma continuavamo a chiederci cosa potessimo vincere più di quello che avevamo appena vinto. Adesso è diverso perché sappiamo tutto, abbiamo vissuto qualunque cosa e siamo già oltre, siamo già pronti a sentire di guai finanziari e i problemi di mercato, sappiamo che cominceranno a circolare le voci sull’allenatore in partenza. Cominciano le rogne, perché un interista non ha mai tempo per gioire. Ricordo a me stesso, ogni volta, che Mourinho lasciò la squadra la sera stessa della finale di Champions vinta».

Proprio due giorni dopo la vittoria dello scudetto, è arrivato l’annuncio di Mourinho tecnico della Roma dalla prossima stagione.

«Non so se sono contento, spero almeno che non sia bravo come lo è stato con noi. Sarà però divertente rivederlo in Italia, quello sì. E spero che ci sia il pubblico quando verrà a San Siro: gli dimostreremo quanto gli vogliamo bene e lui potrà dimostrare quanto ne vuole a noi».

Bertolino ne è convinto: vincere lo scudetto proprio nell’anno in cui non si può andare allo stadio è da interisti.

«Sì, non ho dubbi. Esiste una componente malinconica nell’interista che fa capitare sempre qualcosa. L’anno in cui vincemmo lo scudetto a Parma, durante la partita ci fu la lite Ibra-Mancini; la festa fu quasi più incentrata su quei malumori. E ne potrei citare altre. Quest’anno, invece, non abbiamo la possibilità di andare tutti a salutare la squadra, abbiamo vissuto un intero campionato con lo stadio vuoto. È una privazione non da poco. Ho visto cose curiose, come i fuochi d’artificio fuori da uno stadio per una partita senza gente. Una roba felliniana, mancava solo la musica di “Amarcord” di sottofondo. Solo l’Inter poteva vincere uno scudetto così».

Il comico racconta di far parte di una chat Whatsapp chiamata “Inter-nati”.

«Non è una squadra, è una setta di interisti anonimi che, come gli alcolisti, si incontrano dal vivo o parlano di Inter in una chat di Whatsapp. Io sono stato coinvolto da Stefano Boeri, che è il presidente. Inizialmente eravamo in pochi, ora siamo diventati tanti, ma c’è un prerequisito: essere interisti da generazioni. Si va dai comici a Valentino Rossi, da Claudio Cecchetto ai giornalisti, chiunque. Di alcuni ho scoperto che sono interisti quando sono entrati nella chat».

Come si nasce interisti?

«Nella mia famiglia non c’è nessuno che non lo sia, anche i cugini di Imperia, anche il ramo torinese della famiglia. Si narra che mio nonno andasse ogni tanto a prendere da qualche parte Peppino Meazza con la sua Balilla a quattro marce, magari perché Meazza aveva sbevazzato un po’ e aveva bisogno di qualcuno che lo riaccompagnasse a casa. Mi sono nutrito di queste leggende in casa, della tradizione orale del calcio. Quello che ora fa Buffa in tv, prima lo facevano le persone. Secondo me, di racconto in racconto, ognuno aggiungeva qualcosa di suo, ma era bellissimo».

Definisce la rivalità con gli juventini più pericolosa di quella con i milanisti.

«È più rischiosa la rivalità con la Juve: ci sono, tra gli interisti, antijuventini così integralisti che adesso non sono felici perché abbiamo vinto lo scudetto con Conte e Marotta in società».

Su Conte e Marotta ex juventini e sul fatto di aver vinto lo scudetto grazie a loro dice:

«Secondo me si prova ancora più gusto: li hai portati via e hai vinto tu. Conte, soprattutto, è stato accolto malissimo. C’era una tesi folle: che li avesse mandati la Juve per impedirci di crescere. Seghe mentali fatte strategia. Il dubbio degli interisti è sempre se essere interisti o antialtri. Io sono interista e basta. Io contro la Juve ho perso le staffe solo per il fallo di Iuliano su Ronaldo, tanto che poi Iuliano lo trovai più volte nella palestra dove andavo anche io e iniziai a perseguitarlo: “Tu lo sai che era rigore, lo hai fatto tu. Dimmelo”. Ogni giorno che lo incontravo glielo chiedevo, finché non cominciò quasi a nascondersi perché non mi sopportava più. Poi incontrai la moglie e le dissi: “Chiedi a Mark se era rigore”. Però ho smesso. Anzi, se possiamo portare via qualche altro pezzo di Juve che ci aiuta a vincere io me lo prendo volentieri».

Bertolino dichiara di amare il calcio anche perché ha giocato a pallone a livello dilettantistico.

«Ho cominciato all’oratorio, dove eravamo noi stessi la mattina della partita a fare le linee di gesso con la macchinetta. Se la serata avevamo esagerato un po’ venivano fuori storte, e il prete ci cazziava. Uno dei miei presidenti ci dava, come premio partita, biglietti per lo stadio, sia del Milan che dell’Inter. E io andavo a vederle tutte. Le mie domeniche non finivano mai. Facevo il libero, all’epoca c’era ancora. Quello che gli attaccanti veloci saltavano sempre, un ruolo pericoloso anche se ha fatto nascere figure mitologiche, come Beckenbauer. Poi ho fatto anche il terzino, ma alla terza sgroppata inciampavo nella lingua».

Un comico riesce a scherzare sul calcio?

«È pericoloso farlo. Peggio della religione. Puoi scherzare su tutto, ma se fai un tweet sul calcio i tifosi avversari ti azzannano. L’unico che poteva giocare con questo argomento era Raimondo Vianello, ai tempi di Pressing. Ma lui era un maestro. Però è uno di quei temi su cui si scherza poco, non a caso il tifo viene chiamato “fede”. E sulla fede si fa fatica».

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