Al Corriere: «Non gli rovino la vita chiedendo pure soldi. Nel cinema ci si odia molto ma non esce mai, neanche nei film»
Il Corriere della Sera intervista Pietro Castellitto, figlio di Sergio. Interpreta Francesco Totti nella serie Sky “Speravo de morì prima”.
Si definisce più autore che attore.
«Recitare è una vacanza, arrivi a progetto già costruito, mi piace quando il personaggio ha un suo passato, anche se non c’è nel film, perché comprendi altre cose. Per fare l’attore devi saper dire le bugie e fare gli scherzi. Se non scherzi più, il tuo percorso è stato sacrificato alle consuetudini e al perbenismo dominante. Negli Anni ‘20 Al Capone faceva soldi gestendo alcol e droga, oggi li fai perpetuando il bene. Penso ai milioni incassati dagli studi legali attraverso il monumento all’ipocrisia del Me Too, battaglia sacrosanta, ma se Kevin Spacey mi mette la mano sulla coscia gliela sposto, non gli rovino la vita chiedendo pure soldi; io vedo la volontà di potenza che sfrutta questa crociata morale per ingrassarsi, sto parlando come amante di Nietzsche, che studiai a Filosofia. Ho anche compiuto un viaggio in Germania sulle sue tracce, ho dormito nella casa museo dove ha ideato Zarathustra…».
Parla del cinema, di quanto odio ci sia nell’ambiente.
«Il conformismo del cinema? Ci si odia molto ma non esce mai, neanche nei film, la maggior parte (per inerzia e pigrizia), non sono portatori di un pensiero. Il presupposto è di cavalcare la morale dominante. Una volta gli artisti erano fuorilegge, oggi siamo invasi da damerini che copiano l’America, pulendosi la coscienza autocriticandosi».