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Jacopo Fo: «Ho avuto genitori ingombranti. Da piccolo non volevo foto con loro» 

Al Corriere della Sera: «Mi hanno insegnato che il lavoro deve essere centrale nella vita. Mai punizioni, ordini, disciplina, mi hanno trasmesso passione e non senso di sacrificio» 

Jacopo Fo: «Ho avuto genitori ingombranti. Da piccolo non volevo foto con loro» 

Il Corriere della Sera intervista Jacopo Fo. Racconta di quando la madre tornò a casa dopo essere stata stuprata e picchiata,

«ricoperta di sangue, tagli di lamette, bruciature di sigarette ovunque. Mio padre restò fermo, dritto in piedi, senza dire una parola, apparentemente impassibile: ho sclerato e mi è venuto l’impulso di sferrargli un pugno. Poi ho capito che aveva ragione lui. Il suo atteggiamento era di chi dice: ok, è successo, lo sapevamo che poteva succedere, siamo comunisti, andiamo avanti stringendo i denti e basta».

L’immagine di sua madre lo cambiò.

«Dopo aver visto mia madre ridotta in quello stato, non ero più lo stesso. Il mio solo scopo era vendicarmi e ho rischiato di finire in un percorso sbagliato. Mi salvarono la serietà, la fermezza dei miei genitori e negli anni ho avuto solo una consolazione: pensare che quei bastardi vigliacchi vivessero a lungo una vita di m…».

Racconta cosa vuol dire essere stato figlio di Dario Fo e Franca Rame.

«Da un lato ho avuto grandi vantaggi, perché erano due persone espansive, che esprimevano sentimenti forti, vivaci, mai formali. Dall’altro lato, mi hanno insegnato che il lavoro deve essere centrale nella vita: se hai da dimostrare qualcosa, lo devi fare attraverso il tuo lavoro e se ti comporti onestamente, qualcosa di buono ti torna indietro. Da parte loro, mai punizioni, ordini, disciplina, mi hanno trasmesso passione e non senso di sacrificio. Non esiste fatica se ami la tua professione: li ho visti recitare con la febbre a 39 anche 12-13 ore di seguito».

Dario non era bello, dice, «ma simpatico, sapeva far ridere». Rimase folgorato dalla bellezza di Franca, ma non aveva il coraggio di corteggiarla: c’erano già troppi ammiratori. Ma lei «si era accorta dell’attenzione nascosta da parte di quel buffo collega, di cui però aveva già intravisto la genialità» e prese l’iniziativa.

«Una sera, dietro le quinte, durante una pausa dello spettacolo, lo sbatte al muro e lo bacia. Siamo nel 1952 e, per una donna, comportarsi in quel modo, prendere una tale iniziativa era a dir poco azzardato, inaudito».

Parla dei genitori da ragazzi.

«Quando Franca era ragazza, quelle che facevano le attrici erano considerate delle puttane, peggio ancora quelle che, come lei, appartenevano a piccole compagnie che andavano in giro per i paesi: li chiamavano zingari. Ma la sua è stata un’esperienza incredibile: la mattina andava a scuola, la sera recitava. Dario, sin da bambino, un folle scatenato, ne combinava di tutti i colori».

A 5 anni, insieme al fratello Fulvio, che ne aveva 3,

«si improvvisano paracadutisti, buttandosi giù dal balcone di casa aggrappati a un ombrello. Un’altra volta decidono di attraversare il Lago Maggiore, vicino a dove abitavano, a bordo di un catino dei panni di alluminio: ovviamente affondarono e per fortuna li salvò un pescatore. Poi si erano messi in testa di fare gli indiani: legano la sorella Bianca su un cumulo di fascine e danno fuoco… salvata dai vicini».

Dario e il fratello erano continuamente puniti dalla madre, sua nonna.

«Tuttavia, mia nonna, che ovviamente riempiva di botte questi figli scapestrati, poi se ne vantava con le amiche, convinta che fossero geniali. Sin da ragazza, prima di diventare madre, era sicura che uno dei suoi futuri pargoli sarebbe diventato famoso».

Avere Dario e Franca come genitori non è stato semplice.

«Sin da piccolo, quando venivano i fotografi, mi nascondevo, non volevo essere fotografato con loro».

Due presenze ingombranti.

«Sotto il profilo artistico sicuramente, ma non solo. Quando erano considerati due sovversivi pericolosi ne ho pagato lo scotto. Però ho avuto anche tante fortune, mi hanno trasmesso valori morali fondamentali».

 

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